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Una solida rampa di lancio

Di Massimiliano Sarti, 11 Aprile 2008

Un programma decisamente ambizioso, ma capace al contempo di tenere in considerazione le mutate condizioni dell’ambiente economico. È il nuovo piano strategico del gruppo Sol Melià per il triennio 2008-2010 recentemente annunciato dalla compagnia alberghiera spagnola a Palma di Maiorca. «Prevediamo uno stanziamento di circa 1.100 milioni di euro in tre anni, destinato sia al miglioramento del nostro patrimonio alberghiero sia all’espansione dei brand Sol Melià nei mercati internazionali», spiega Palmiro Noschese, direttore operativo del gruppo spagnolo per l’Italia, nonché general manager del Melià Roma Aurelia Antica. «L’idea è quella di passare dagli oltre 400 hotel attuali a 500 strutture entro l’inizio del 2011, aggiungendo 19.700 camere al nostro portafoglio. In Italia, in particolare, intendiamo raddoppiare la nostra offerta arrivando ad avere dieci alberghi sul territorio nazionale. Stiamo soprattutto cercando di siglare nuovi contratti di management, ma nel caso dovessimo concludere qualche joint venture, come è, per esempio, avvenuto recentemente con la catena tedesca Innside, la nostra espansione in Italia potrebbe assumere dimensioni superiori alle aspettative. Nostri obiettivi, poi, rimangono le grandi città come Roma e Milano, ma anche location in destinazioni resort della Sardegna, della Sicilia o della Puglia».
Il piano 2008-2010 di Sol Melià basa la sua fattibilità sui brillanti risultati ottenuti nel triennio precedente, durante il quale la compagnia ha tra l’altro condotto una profonda operazione di consolidamento e riduzione del proprio debito, diminuito complessivamente di 350 milioni di euro. «Una solida rampa di lancio che ci permette di stilare piani di sviluppo di ampia portata, nonostante i fondamentali dell’economia mondiale stiano mostrando alcuni segnali negativi», prosegue Noschese. «Nel prossimo triennio prevediamo, così, di aumentare di quasi il 40% sia i nostri ricavi totali sia l’ebitda. Un obiettivo raggiungibile anche grazie alla profonda opera di riorganizzazione della nostra compagnia, che mira a concentrare il business operativo degli hotel attorno ai singoli marchi e non più in base alle diverse aree geografiche».
L’espansione dell’offerta ricettiva Sol Melià comprende, inoltre, lo sviluppo del portafoglio di vacation club e condo-hotel. «Si tratta di formule già ampiamente diffuse sul continente americano», specifica Noschese. «La nostra intenzione è perciò di esportare questa tipologia di offerta ricettiva anche all’interno del Vecchio continente, elaborando una proposta adatta alle esigenze della clientela europea. In Italia esiste però ancora qualche problema burocratico da superare, senza considerare, poi, che il nostro mercato è rimasto scottato dalla negativa esperienza passata delle formule time sharing. Personalmente, tuttavia, ritengo che le strutture mixed use abbiano un potenziale molto elevato anche da noi».
Il futuro del gruppo, infine, passa anche per le strategie di comunicazione, che seguiranno la logica di riorganizzazione per brand della compagnia. «Nel nostro paese, in particolare», conclude Noschese, «non abbiamo ancora raggiunto un livello di radicamento del marchio paragonabile a quello ottenuto nel mercato spagnolo. C’è perciò ancora molto da fare in tale direzione. La nota positiva, però, risiede nella percezione che il pubblico ha del nostro servizio, che viene sempre paragonato a quello dei nostri competitor di livello medio-alto. Un dato particolarmente significativo, se si considera che in Italia non ha ancora aperto il Gran Melià di Roma, la cui inaugurazione è prevista entro la fine di quest’anno e la cui struttura costituirà la punta di diamante dell’offerta del gruppo nella penisola. Il nuovo hotel costituirà una vera e propria sfida per noi, ma testimonia anche quanto il nostro gruppo creda nell’Italia: un mercato dalle considerevoli potenzialità inespresse. Basti pensare, a tale proposito, che il comparto turistico spagnolo contribuisce per circa il 22% alla formazione del prodotto nazionale lordo, mentre nel nostro paese tale percentuale scende al 12-13%».

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