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Lavoro e turismo, il “paradosso” del mismatch

Lo hanno definito il “paradosso” che sta vivendo il mondo del turismo: l’offerta di impiego nel travel continua a crescere più che in altri settori economici, ma il fabbisogno delle imprese non riesce a essere soddisfatto

Lo hanno definito il “paradosso” che sta vivendo il mondo del turismo: l’offerta di impiego nel travel

Di Job in Tourism, 28 Febbraio 2023

Lo hanno definito il “paradosso” che sta vivendo in questa fase il mondo del turismo. Ovvero, l’offerta di impiego nel travel continua a crescere più che in altri settori economici, ma il fabbisogno delle imprese non riesce a essere soddisfatto. Secondo una stima dell’ultimo rapporto Excelsior Unioncamere, nei prossimi cinque anni l’industria del turismo offrirà circa 300mila posti di lavoro, ma quasi un quarto – circa 74mila posizioni – è infatti destinato a restare scoperto. Un gap che ha a che fare, in primo luogo, con le competenze, da quelle più standard che si possono apprendere negli istituti di istruzione specializzati alle nuove skills relative al green e al digital: è il cosiddetto mismatch, che fa sì che ci sia una distanza via via sempre più ampia tra quello che cercano le aziende dell’industria dei viaggi e quello che i candidati hanno da offrire in termini di skills, e che l’anno scorso ha registrato un aumento esponenziale. Secondo il rapporto, infatti, nel 2019 era stato difficile reperire il 24% dei profil ricercati, mentre nel 2022 questa difficoltà ha interessato oltre il 40% delle posizioni aperte. 

Un gap trasversale

Il divario – evidenzia ancora lo studio – è trasversale e riguarda tanto le figure di alto profilo quanto quelle considerate “meno skillate”. Nel caso dei manager, per esempio, il gap è salito del 50%, nonostante un aumento della domanda. Ma la difficoltà nel reperimento delle risorse si riscontra anche per gli esperti del marketing (+43,6%), i cuochi (+28,4%), i camerieri (+27,2%), il personale non qualificato addetto alla ristorazione (+13,3%) e ai servizi di pulizia (+37,8%). Per alcune di queste figure, poi, a pesare sul reperimento delle risorse ci sarebbe anche la questione legata al declino demografico, che non riesce a garantire il ricambio generazionale.

Gli effetti sul recruiting 

Tale dinamica – sottolinea infine il report Excelsior Unioncamere – non può che impattare sui processi di recruiting, che si fanno sempre più costosi e lunghi, con ripercussioni su costi e operatività. La ricerca di personale nel settore impegna ora, mediamente, più di tre mesi per alcuni profili, in alcuni casi addirittura i tempi si allungano e vanno a raggiungere l’anno, con conseguenze sull’erogazione dei servizi e sui bilanci delle imprese. Da qui, la sempre maggior necessità per le aziende di puntare e investire e sulla formazione interna dei candidati, ma anche di orientare le selezioni in maniera prioritaria sul bacino territoriale locale intervenendo sulla leva retributiva con la proposta di stipendi più alti. 

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