Colloqui mirati, interviste più approfondite e l’occasione, per le aziende, di fare networking e confrontarsi con il mercato in un contesto specificatamente dedicato al recruiting alberghiero. Si è svolta lo scorso 9 febbraio a Milano la sedicesima edizione di TFP Summit, la job fair dell’ospitalità e del turismo organizzata da Job in Tourism, tornata in presenza dopo le edizioni online degli ultimi due anni. Ventisette le aziende presenti alla manifestazione, che ha visto la partecipazione dei principali brand dell’ospitalità di tutta Italia, tra catene alberghiere, luxury hotel, alberghi indipendenti e agenzie per il lavoro, e di centinaia di candidati che per tutta la giornata si sono avvicendati ai desk delle aziende per sostenere i colloqui e partecipare ai momenti di formazione. Un’edizione che ha rappresentato un interessante osservatorio sulle dinamiche della ricerca di lavoro nell’hospitality ridisegnate dalla pandemia. Dalla possibilità di svolgere colloqui più approfonditi e finalizzati alle nuove modalità che caratterizzano l’approccio dei candidati alle interviste con i recruiters fino al mix variegato dal punto di vista anagrafico e dei profili proprio di chi è in cerca o vuole cambiare lavoro: l’orizzonte del recruiting alberghiero si presenta oggi profondamente mutato rispetto al passato.
Le nuove dinamiche del recruiting
“Stiamo assistendo a un cambiamento, ma è fisiologico in un contesto nel quale tutto è cambiato. L’affluenza dei candidati è minore rispetto al passato – osserva Maurizio Galli, CEO di Evoluzione Hotel e Formazione Alberghiera – ma questo premia la qualità dei colloqui e le occasioni di networking, anche tra le aziende”. Concorda Christina Porro, Group HR Director di Lefay Resorts & Residences: “In fase di recruiting, per noi è importante testare attitudini e predisposizione, capire se condividiamo con il candidato gli stessi valori, necessari per entrare a far parte della compagnia. Il fatto che in un’occasione come questa siano presenti meno candidati ci dà la possibilità di svolgere colloqui più approfonditi e mirati, con il tempo necessario anche per testare la conoscenza delle lingue”.
Certamente, quello che evidenziano tutte le aziende è un mutato atteggiamento da parte di chi cerca lavoro: “È come se i colloqui in presenza avessero perso appeal per i candidati. Ormai – osserva Domenico Massaria, Responsabile Risorse Umane di TUI MAGIC LIFE – le persone si sono abituate ai recruting online e, a fronte di un’offerta di lavoro così ampia, sono meno disposte a spostarsi. Eppure – aggiunge – il fatto che i candidati si presentino di persona rimane per noi aziende un punto a favore perché i colloqui di persona continuano ad avere un valore rilevante”. Lo conferma anche Carlotta Vazzoler, HR Manager di San Clemente Palace Kempinski Venice: “Continuiamo a preferire i colloqui in presenza a quelli online perché permettono di valutare meglio la persona nel suo complesso. Senza considerare che un appuntamento dedicato come il TFP Summit, programmato all’inizio dell’anno e che possa coprire come candidature tutta Italia, è ancora più importante per strutture che operano stagionalmente come la nostra”.
I candidati: chi cosa e cosa cercano
Ma chi sono oggi i candidati che cercano lavoro nel mondo dell’ospitalità? Quello che hanno potuto osservare le aziende protagoniste della job fair è, in linea generale, un mix variegato per età anagrafica, con candidati sia senior che junior, interessati soprattutto alle posizioni per il front office, come spiega Lucia Mazzucchelli, HR Italy Support di Relais&Châteaux: “La maggior parte dei candidati incontrati ha mostrato interesse per opportunità a lungo termine, preferibilmente nelle grandi città, Milano, Roma o Venezia, in cui le nostre dimore sono annuali, poche, invece, le risorse disponibili a opportunità stagionali, se non all’estero. I profili per cui ho intervistato più candidati – calcola – sono stati front office agent, front office manager e addetto booking, con requisiti in linea con le richieste delle nostre dimore ma con limiti in termini di mobilità e disponibilità”.
Buona preparazione al colloquio e idee chiare sono altri tratti comuni rilevati in maniera trasversale dai recruiters. Chi si presenta di persona, dunque, lo fa perché realmente interessato alle offerte di lavoro, stringe nelle mani un cv ben strutturato – aspetto che continua a essere apprezzato dalle aziende – e si è documentato sulla realtà alla quale ha deciso di presentarsi. “Il candidato oggi è meno ‘smart’ rispetto al passato nel senso che non ha problemi a rivelare chiaramente quali sono i motivi per i quali è scontento del proprio lavoro e perché vuole cambiarlo, soprattutto per quanto riguarda la ristorazione”, analizza Cinzia Montelli, General Manager di La Bagnaia Golf & Spa Resort. “È come se la pandemia avesse rotto qualche meccanismo: i candidati sono oggi molto più chiari nel richiedere posizione e corrette condizioni in base al loro profilo, ma è come se partissero prevenuti temendo già che queste non verranno loro offerte”.
Il nodo Food&Bevarage
Il tema riguarda in modo particolare il food&beverage, settore per il quale tutte le aziende, nonostante le molte posizioni aperte, hanno ricevuto poche candidature. “I ragazzi più giovani non si affacciano quasi più alla ristorazione: c’è troppa offerta fuori di lavori meno faticosi e più remunerativi”, evidenzia Salvatore Fiorenza, Regional Director of Operations di Hotel Co51 per Italia e Paesi Bassi. “Con la pandemia abbiamo perso tutta una fetta di senior che hanno sperimentato altro e che difficilmente torneranno a un lavoro con un così alto livello di stress. Quello che, invece, dovremmo fare – suggerisce – è puntare proprio sui ragazzi più giovani, quelli delle scuole, perché sono smart, hanno voglia di fare e di viaggiare. Verso di loro le aziende hanno spesso l’atteggiamento un po’ snob di chi vorrebbe trovare risorse già formate, ma la formazione possiamo farla noi. Piuttosto, recuperiamo questi ragazzi al settore puntando sulla passione, e poi facciamoli crescere internamente”.
Un’altra strada da percorrere, suggerisce Giorgio Uccellini, HR Manager di Blu Hotels, dovrebbe essere quella dell’attaccamento all’azienda: “Dopo la fuga degli ultimi due anni – osserva – notiamo che i giovani stanno tornando, ma bisogna lavorare perché le persone tornino ad affezionarsi ai marchi per i quali lavorano”.
Un processo che non può che partire dalla ritrovata possibilità di guardarsi negli occhi e confrontarsi, aziende e candidati, a carte ormai sempre più scoperte: “Incontrarsi di persona, almeno una volta all’anno – rimarca Antonella Abagnato, Human Resources Manager di Grand Hotel et de Milan & STRAFhotel&bar – è fondamentale per noi aziende, per allinearci al mercato, per capire, mettendoci a confronto in un contesto più ampio, cosa cercano davvero oggi le persone e cosa noi siamo in grado di offrire loro”.
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