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La parola chiave è rapidità

L´f&b è un lavoro che si può imparare solo con l´esperienza

L´f&b è un lavoro che si può imparare solo con l´esperienza

Di Massimiliano Sarti, 15 Luglio 2011

Come aprire un ristorante nuovo ogni giorno. Fare catering significa confrontarsi con situazioni sempre differenti, in contesti molto diversi tra loro, che ogni volta suggeriscono soluzioni e scelte nuove, capaci di venire incontro al contempo alle esigenze dei clienti e alle possibilità effettive imposte dagli spazi a disposizione e dalla dimensione dell´evento. «Dopo tanti anni nel settore dell´hôtellerie ho scelto di tornare nel campo della ristorazione proprio per la dinamicità di questo settore», racconta Antonio Basile, direttore generale della società specializzata in servizi di catering Domus Banqueting e vicepresidente Ada Lombardia. «A differenza di molti colleghi dell´ospitalità, io infatti ho iniziato la mia carriera proprio nel food and beverage, prima come sommelier e poi come direttore di ristorante. Certo, dall´ultima volta che ho lavorato nell´f&b le cose sono cambiate molto. Ma è anche per questo che ho deciso di assumere la direzione di Domus Banqueting: così posso aggiornarmi sulle nuove tendenze e sulle evoluzioni della domanda ristorativa contemporanea».
Domanda. Già, cosa è cambiato negli ultimi anni nel mondo dell´f&b e, in particolare, del catering?
Risposta. Molto. La parola chiave oggi è rapidità: c´è sempre meno tempo per mangiare. Gli affari si fanno ancora a tavola, certamente, ma in contesti differenti: quando si richiedono i servizi di un catering, la necessità principale, per tutti i clienti, è la velocità. E poi i prodotti: che devono essere originali, ma mai pesanti, soprattutto per le colazioni di lavoro. Nel contesto contemporaneo, inoltre, le marginalità si sono ridotte, mentre oggi come ieri tutti richiedono una grande professionalità. Solo che le competenze tra i professionisti del settore non sono più diffuse come un tempo. Adesso tutti hanno fretta: anche i giovani che vogliono far carriera e i titolari delle aziende, che pretendono di avere subito un lavoratore fatto e finito. Invece, questo lavoro si impara solo con l´esperienza
D. La buona, vecchia gavetta, insomma.
R. Proprio quella. Per diventare un buon professionista di sala, per esempio, serve un´esperienza a 360 gradi. Anche fare un periodo in pizzeria non è affatto declassante come ritengono in molti: si impara a lavorare con gli occhi, a capire con un solo sguardo dove andare e cosa c´è da fare. Perché nei luoghi dove la ristorazione è molto veloce, se non si fa così, bisogna utilizzare le gambe. E quando si arriva a fine giornata, si è davvero distrutti. Poi naturalmente ci vuole anche un po´ di fortuna.
D. Cosa intende esattamente?
R. Intendo anche la fortuna di incontrare i maestri giusti al momento giusto. Io, per esempio, ho potuto lavorare con personaggi del calibro del sommelier campione del mondo Piero Sattanino, o del vicecampione Bruno Casetta. Ma certo non potevo saperlo all´inizio del mio percorso professionale.
D. Poco fa ha accennato alla riduzione delle marginalità: come si rende oggi redditizia la ristorazione, specialmente in una struttura ricettiva?
R. Ancora una volta la soluzione sta nell´esperienza: bisogna affidarsi a qualcuno che abbia una grande professionalità. E poi occorre saper scegliere i prodotti, che devono essere di stagione non solo per seguire le mode odierne, ma anche perché di solito sono quelli che costano di meno. Pure la scelta delle ricette è fondamentale: l´ideale è inserire nei menu piatti che richiedano tempi di lavorazione ridotti, perché le ore di lavoro in cucina rappresentano un costo spesso sottovalutato. Ma la chiave di volta principale si trova a monte: nella necessità di considerare la ristorazione una fonte di reddito autonoma e non un semplice valore aggiunto all´offerta alberghiera. Solo così si può, infatti, pensare di controllare efficacemente il rapporto tra costi e ricavi.
D. E in un contesto di catering, cosa cambia?
R. I princìpi per rendere il nostro servizio redditizio sono gli stessi. Solo che per noi gli scenari mutano continuamente. A volte allestiamo banchetti persino in luoghi dove non arriva l´acqua corrente o l´elettricità. Inoltre c´è da considerare tutto l´aspetto logistico, di trasporto e stoccaggio delle attrezzature e dei prodotti. Ci vuole molta diplomazia.
D. Con i clienti?
R. Sicuro: la maggior parte delle persone che si rivolgono a noi non sa esattamente quello che un catering può fare o meno. E allora occorre spiegarglielo, trovare soluzioni differenti e discutere assieme per arrivare al menu più adatto alle circostanze e alle esigenze del cliente. Il tutto senza arroganza, raccontando le cose con professionalità, chiarezza e pazienza. Ma è vero pure il contrario: ci sono clienti particolarmente competenti, che hanno vissuto esperienze di banchettistica originali, da cui si può apprendere anche qualcosa di nuovo. Perché, nel nostro mestiere, non si finisce mai di imparare.
D. Quali sono quindi gli elementi base di un buon servizio di catering?
R. Oltre alla velocità e alla scelta del menu?
D. Sì.
R. La presentazione. Occorre fornire attrezzature originali, per esempio di vetro o a specchio, con forme geografiche particolari, come i cubi o le sfere, magari di tonalità in nuance con le portate del banchetto. E poi bisogna disporre di uno chef creativo, che sappia preparare piatti con coreografie mai banali e belle da vedere. Perché la vista, soprattutto per i buffet, è forse ancora più importante del palato.

La carriera in sintesi

Vicepresidente dell´Associazione direttori d´albergo (Ada) Lombardia, membro dell´Associazione maîtres italiani ristoranti e alberghi (Amira) e dell´Associazione italiana sommelier (Ais), Antonio Basile inizia la propria carriera nell´ospitalità nel 1980, come sommelier all´Hasta hotel di Asti. Assume quindi la direzione del ristorante Pio V di Boscomarengo, in provincia di Alessandria, per poi diventare direttore ristorante della Turin Palace (oggi Turin Hotels International). Del 1991 è la sua prima direzione alberghiera: all´hotel San Michele di Alessandria, a cui segue, nella stessa città, l´incarico di direttore ristorante e responsabile commerciale dell´hotel Alli Due Buoi Rossi. Nel 1993 diventa direttore operativo f&b del gruppo Onama, carica che mantiene fino al 1995, quando diventa general manager dell´hotel Comtur di Binasco, in provincia di Milano. Nel 2000 è poi direttore generale di un hotel con centro benessere e termale della bergamasca, il Villa delle Ortensie di Santo Omobono Imagna. Dopo un nuovo ritorno al gruppo Onama (poi Kompass), sempre in qualità di direttore operativo f&b, nel 2005 è direttore dell´hotel e centro congressi La Bollina di Serravalle Scrivia e, tre anni più tardi, del Park Hotel Villa Ariston di Lido di Camaiore. Dall´autunno 2010 è, infine, direttore generale Domus Banqueting.

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