Un richiamo irresistibile, fatto di contatto con le persone e della possibilità di mettere la propria firma sullo stile del servizio reso agli ospiti. Così Patrick Recasens, già direttore delle operazioni Accor in Tunisia, spiega le motivazioni che lo hanno spinto, ormai otto anni fa, a lasciare gli head office maghrebini del gruppo per tornare alla guida di una struttura alberghiera. «Presi la direzione del Timi Ama nel 2002 e da allora non mi sono più spostato. La Sardegna mi ha letteralmente stregato. Abituato com’ero a cambiare albergo ogni tre-quattro anni, sono rimasto colpito dalla struttura e soprattutto mi sono innamorato della destinazione: un vero paradiso per gli amanti del mare, dove si può ancora vivere l’autentico spirito del Mediterraneo, a poche ore di volo dalle principali città del Vecchio continente». Tanto amore verso la destinazione è stato ben presto ripagato: dopo il riposizionamento della struttura dalle 4 alle 5 stelle e il susseguente ribranding da Sofitel a Pullman, Recasens è diventato, infatti, anche responsabile italiano di quest’ultimo marchio e del suo sviluppo, nonché dell’offerta thalasso e leisure dell’intero gruppo Accor. Contemporaneamente lo stesso Timi Ama è stato scelto quale hotel di riferimento per tutti i resort Pullman della compagnia.
Domanda. Una bella responsabilità, essere il resort pilota di un intero brand.
Risposta. Ma anche una sfida affascinante, che aiuta a motivare l’intero staff. Tutte le volte che pensiamo di implementare una nuova idea, cerchiamo, infatti, di coinvolgere quante più risorse possibile: creiamo dei veri e propri laboratori di brain storming, a cui invitiamo tutto il personale dei comparti toccati dal progetto. In questo modo non solo riusciamo a prendere decisioni condivise, e non semplicemente imposte dall’alto, ma possiamo anche contare sui suggerimenti di chi, quotidianamente, deve poi implementare tali direttive.
D. A proposito di personale: da dove arriva quello del Timi Ama?
R. Per la maggior parte dalla stessa Sardegna. Assumere collaboratori locali presenta un duplice vantaggio: migliora sensibilmente i rapporti con il territorio e dà l’opportunità agli ospiti di fare un’esperienza il più possibile autentica del luogo in cui soggiornano. Chi meglio di una persona nata e cresciuta su quest’isola può consigliare i clienti sulle cose da fare o da vedere nei dintorni?
D. E la restante parte del personale, da dove arriva?
R. Proprio pochi giorni fa, parlando con il nostro responsabile risorse umane, sono venuto a conoscenza del numero esatto di nazionalità presenti all’interno del nostro staff: ben 23.
D. Non è complicato gestire i rapporti con persone provenienti da così tanti paesi differenti?
R. Anzi, direi che è un vantaggio: avere a disposizione uno staff così variegato consente a tutti noi di imparare a confrontarci con molte culture diverse, rendendoci pronti ad accogliere viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. E poi, da noi, il team è decisamente affiatato. Tanto che, pur essendo il nostro un resort stagionale, ogni anno possiamo contare su circa il 90% di personale di ritorno. Certo, appartenere a un gruppo che garantisce, a chi lo desidera, la continuità del lavoro anche nel periodo invernale è un bel vantaggio, ma una percentuale di retaining così alta è pur sempre significativa.
D. Soprattutto se si considera che Villasimius, per quanto splendida, non è però certo la destinazione più famosa della Sardegna.
R. Ma è sicuramente una delle più autentiche. E il suo fascino è dimostrato anche dalla straordinaria quota di repeater che registriamo ogni anno, che arriva fino al 65%. In tanti anni di lavoro, pure in altre strutture leisure paragonabili, non mi è mai capitato di raggiungere percentuali simili di clientela fidelizzata. Tanto più che tali livelli li riusciamo a mantenere anche in un segmento come il mice, caratterizzato quasi sempre da una clientela assai volatile e alla ricerca di novità ed esperienze inedite.
D. Il segreto non può essere però solo nella destinazione.
R. In effetti, credo che risieda pure nel nostro modo di fare ospitalità: nello sforzo, cioè, di proporre ogni anno dei miglioramenti nel servizio e nella struttura; ma anche nell’attenzione a ogni minimo dettaglio e alle più piccole esigenze degli ospiti, persino a quelle che non finiscono mai nelle schede di valutazione, figuriamoci nei reclami ufficiali. Un modo per far sentire ogni ospite davvero importante
D. Posso avere qualche esempio?
R. La colazione e la cena sono sicuramente i momenti in cui quasi tutti gli ospiti del resort sono contemporaneamente presenti in hotel. In tali occasioni, alcuni incaricati girano per i tavoli a parlare con i commensali: il loro compito, però, non è solo quello di scambiare qualche cortese convenevole, ma anche di comprendere quali siano i desiderata dei nostri ospiti, persino quelli più marginali. È poi un piacere leggere la sorpresa sul volto di ogni cliente, felice di essere stato esaudito anche nei suoi desideri apparentemente più insignificanti. Tutta la nostra organizzazione, in pratica, è pensata per raccogliere e gestire prontamente questo tipo di informazioni, in modo da soddisfare e, quando è possibile, anticipare le esigenze di ciascun ospite. E poi c’è la nuova figura dei welcomer.
D. Cioè?
R. Presente in tutti gli hotel Pullman, è un’evoluzione del ruolo di receptionist: non più dietro al banco ad aspettare che i viaggiatori si rivolgano a lui, il welcomer anticipa le richieste, avvicinandosi direttamente agli ospiti presenti nella hall e mettendosi a loro disposizione.
D. A livello di servizi, invece, quali sono le strategie migliori per attrarre e trattenere i clienti?
R. In questo caso c’è un solo sistema: la qualità, assoluta. Sono finiti i tempi in cui bastava avere due cyclette per poter dire di disporre di un’offerta fitness. O quelli in cui un ragazzo con la tavola da surf in spiaggia era sufficiente a promuovere corsi di sport acquatici. Oggi agli ospiti occorre garantire la stessa qualità che possono trovare nelle grandi città da cui provengono. Così, per fare solo un esempio pratico, le nostre mountain bike sono tutte dotate di navigatori gps, completi di itinerari per sportivi di ogni livello e di informazioni, aneddoti e curiosità sui territori attraversati.
D. Un’ultima domanda: come si trova un manager francese a dirigere un albergo in Sardegna?
R. In realtà io mi considero più che altro un cittadino del mondo. Di francese ho veramente poco oltre al passaporto. La mia famiglia è di origine catalana e fin da piccolo sono stato abituato a viaggiare per seguire mio padre, i cui impegni lavorativi lo portavano spesso a spostarsi in diversi paesi del mondo. Così, terminati gli studi universitari, ho trovato naturale la scelta di lavorare nel turismo, per continuare a respirare quelle atmosfere internazionali a cui ero abituato fin da bambino.
Una breve biografia
Nato a Perpignano, in Francia, da una famiglia di origini catalane, Patrick Recasens si laurea a Montpellier in diritto pubblico e in lingue spagnola e inglese. Nel 1982 consegue poi un master in management alberghiero presso la statunitense Cornell university. Da quel momento iniziano quindi le sue esperienze alla direzione di vari hotel internazionali, che lo portano, dopo qualche anno in Francia, prima in Sicilia, a Sciacca, e poi in Estremo Oriente, dove diventa consigliere tecnico del Grand Hotel Taiwan. Nel 1989 è quindi direttore generale di una struttura in Grecia e, quattro anni più tardi, di un altro albergo in Marocco. Nel 1997 inizia, invece, la sua avventura professionale nel gruppo Accor, come general manager dell’egiziano Sofitel Hurghada. Tre anni più tardi è direttore delle operazioni Accor Tunisia, prima di approdare, nel 2002, al Timi Ama di Villasimius, a gestire una struttura da 275 camere, tre ristoranti, quattro bar, un centro congressi e un istituto thalassa. A gennaio 2010, infine, assume anche la carica di managing director Pullman & leisure thalasso division Italy.
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