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Come una casa lontana da casa

La predisposizione all'ascolto è una virtù fondamentale

La predisposizione all'ascolto è una virtù fondamentale

Di Massimiliano Sarti, 11 Febbraio 2011

Nel mondo dell’ospitalità, in fondo, non muta mai nulla. Con il passare del tempo, e l’alternarsi delle congiunture economiche, cambiano certo le condizioni del mercato, così come l’evoluzione tecnologica influisce sulla natura dei servizi e sulle esigenze degli ospiti. Ma il cuore dell’ospitalità, l’essenza del lavoro in hotel, è sempre lo stesso: fare sentire gli ospiti come fossero a casa propria. «Home away from home, una casa lontana da casa, è uno slogan che appresi in Inghilterra agli inizi della mia carriera», racconta il ceo del gruppo milanese Antares, Remo Eder, un’intera vita spesa nell’hôtellerie. «Quando tornai in Italia e decisi di aprire il mio primo albergo a Milano, il Rubens nel 1967, pensai allora che fosse una frase perfetta anche per noi: una sorta di sintesi-guida del nostro approccio al cliente. Oggi, dopo oltre 40 anni, ritengo quella frase ancora il perno fondamentale attorno a cui far ruotare tutto il servizio ai clienti».
Domanda. I viaggiatori, però, sono cambiati. E anche tanto.
Risposta. Sì, ma il nocciolo delle loro esigenze rimane sempre lo stesso. Prenda, per esempio, il comparto food and beverage: le abitudini sono mutate, le colazioni si sono fatte più abbondanti e i pranzi di lavoro decisamente più veloci e meno impegnativi. Tuttavia la nostra politica f&b, e la nostra comunicazione relativa, è ancora focalizzata sull’obiettivo di rendere l’offerta ristorativa in grado di far sentire i commensali come a casa propria. A cena, per esempio, sono numerosi gli ospiti che oggi preferiscono stare molto leggeri: un’insalata o una minestra sono per loro più che sufficienti. E allora perché non dare a questi clienti la possibilità di avere ciò che vogliono anche in hotel, senza obbligarli per forza a piatti più impegnativi, nel nome di una non ben intesa difesa del prestigio del proprio ristorante?
D. Ma come fare a capire quali sono veramente i servizi in grado di far sentire gli ospiti come a casa propria?
R. Con l’ascolto. L’unica vera risposta va ricercata solo e unicamente nella predisposizione all’ascolto. E quando un cliente reclama, occorre reagire con prontezza, finanche premiandolo per averci segnalato una mancanza che non siamo riusciti a notare da soli. Non c’è nulla di peggio, infatti, di un viaggiatore che non dice nulla, ma se ne va via insoddisfatto.
D. Adesso, poi, con le recensioni del web che amplificano così tanto i segnali negativi…
R. In realtà, anche in questo caso, non è cambiato molto rispetto al passato. Forse solo le dimensioni del fenomeno. Una ricerca di qualche anno fa dimostrò infatti come, già al tempo in cui non c’era la cassa di risonanza Internet, un cliente insoddisfatto tendesse a comunicare la propria insoddisfazione ad almeno altri sette conoscenti, a loro volta in grado di moltiplicare il segnale del giudizio negativo ad altrettante persone, con tutti gli effetti negativi di tale sorta di pernicioso effetto domino.
D. La capacità di gestire il complain diventa, insomma, fondamentale.
R. Assolutamente sì. Quando parlo con i miei collaboratori, racconto sempre un episodio che mi capitò qualche tempo fa a Roma: quella sera avrebbero trasmesso, in televisione, una partita dell’Inter, la mia squadra del cuore. Io già mi stavo pregustando un paio di ore di relax davanti allo schermo, quando, arrivato in camera, scoprii che la tv non funzionava. Chiamata la reception, mi risposero che il giorno dopo un manutentore avrebbe provveduto a riparare il guasto, costringendomi così a uscire a cercare un locale dove trasmettessero la partita. La morale? Quando è possibile, non bisogna mai rimandare al giorno dopo la soluzione di un problema segnalato dagli ospiti: una regola che mi premuro sempre di far controllare ai mistery guest in visita presso le nostre strutture.
D. Con quali accorgimenti?
R. Dipende dalle circostanze. Rimanendo in tema con l’esempio dell’episodio romano, posso raccontare di alcuni nostri mistery guest che mettono fuori uso la presa della corrente tv in stanza. Un test per scoprire se, dopo aver provveduto al cambio della televisione con una di quelle di scorta, dalla reception arrivi subito il trasferimento di camera.
D. Se la natura profonda del lavoro in hotel non è affatto mutata in questi anni, è però sicuramente cambiata la struttura della domanda.
R. Certamente. E anche molto. Solo per fare un esempio, fino agli anni 1990 il mercato degli hotel milanesi era rappresentato, per il 90-95%, esclusivamente da clientela business. Oggi il mutamento del mercato internazionale e la proliferazione dell’offerta cittadina ha fatto scendere tale quota a circa il 65-70% del giro d’affari complessivo: una percentuale ancora alta, certo, ma che implica una componente leisure non più trascurabile. Le strategie di offerta devono così senz’altro sapersi adeguare
D. In quale direzione?
R. Cercando appunto di attirare i viaggiatori leisure, possibilmente anche con l’ausilio di un’offerta del territorio in grado di proporre eventi e manifestazioni di portata adeguata alla dimensione e al prestigio di Milano. E poi bisognerebbe fermare la corsa al ribasso delle tariffe, innescata dalla duplice azione della crisi e della diffusione del web. Anche se, per quest’ultimo aspetto, con le scadenze che ricadono su tutte le strutture, una soluzione è ancora lontana da trovare. Una possibilità sta forse nello sfruttare le potenzialità del comparto meeting: i congressisti, infatti, sono spesso clienti di un certo livello, che si muovono frequentemente accompagnati dai coniugi. Si può così pensare di offrire loro pacchetti leisure pre o post evento, con itinerari in grado di includere, per esempio, anche la vicina regione dei laghi o persino la città di Venezia.
D. Un altro grande tema del momento, infine, è quello relativo all’ecosostenibilità delle strutture ricettive. Ritiene che sia una moda di passaggio o un trend destinato a durare nel tempo?
R. Sono assolutamente convinto che rappresenti una necessità imprescindibile. E non è solo una questione di immagine: rendere una struttura energeticamente efficiente significa garantirsi anche un notevole risparmio. Ne sono così certo che il nostro gruppo è costantemente impegnato in tale direzione, investendo, tra l’altro, in materiali innovativi e in tecnologie all’avanguardia per il contenimento dei consumi di elettricità e di acqua, nonché in sofisticati software per la gestione degli impianti di riscaldamento e di condizionamento.

Un breve ritratto

Trentino di nascita e milanese d’adozione, Remo Eder, ceo del gruppo Antares Hotels composto da tre alberghi a 4 stelle tutti a Milano, rappresenta uno dei volti più noti e rappresentativi dell’imprenditoria alberghiera lombarda. Albergatore puro, vanta una lunga e consolidata esperienza nel panorama dell’hôtellerie, dove ha ricoperto numerose cariche in associazioni ed enti turistici. È stato infatti, tra l’altro, presidente dell’Associazione lombarda albergatori, consigliere dell’Unione regionale albergatori lombarda e vicepresidente dell’Associazione provinciale albergatori di Milano. Consigliere nazionale Federalberghi dal 1979 al 1993 e dal 1997 al 2010, ha ricoperto anche l’incarico di presidente Faiat service, l’organo operativo di Federalberghi. È stato, inoltre, consigliere dell’Azienda di promozione turistica di Milano negli anni 1989-1992, vicepresidente del Convention bureau regionale lombardo dal 1988 al 1995 e presidente di Best Western Italia dal 1982 al 1993.

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