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Professionalità: un elemento essenziale

Di Antonio Caneva, 25 Febbraio 2011

Nel turismo, nel nostro paese, operano oltre 2 milioni di addetti: un numero imponente che ha il solo torto di essere suddiviso in una miriade di aziende; circostanza che ha ostacolato la percezione della reale portata del settore.
È ugualmente vero che gli stessi operatori del turismo, nei fatti, talvolta si sentano poco rappresentativi e che continuino con strategie d’impresa consolidate nel tempo ma, proprio per questo, spesso non più attuali.
Se parliamo di risorse umane, il settore a noi più vicino, riscontriamo attenzione per la copertura delle posizioni, spesso però senza entrare in merito alla percezione che le risorse coinvolte hanno del rapporto sottostante.
L’industria dell’ospitalità e, in senso lato del turismo, è nel nostro paese una realtà consolidata che ha trovato capaci professionalità in una popolazione naturalmente disponibile, gratificata dalla vicinanza alla clientela; per questo aspetto, distante da chi opera nell’industria, attività di grandi numeri, organizzata in strutture rigide.
I cambiamenti della società, la maggiore percezione della propria individualità e le innovazioni tecnologiche hanno variato questi parametri, avvicinando le categorie e modificando nel turismo alcune delle peculiarità che, per gli addetti, ne caratterizzavano e giustificavano l’attività e la dedizione alla professione.
Già anni addietro, intervistando la direttrice delle risorse umane di un grande albergo svizzero, mi diceva della difficoltà di trovare del personale qualificato, adducendo la motivazione che con la medesima o migliore retribuzione i giovani trovavano lavoro in altri settori senza l’impegno degli orari e dei turni.
Io sono convinto che il lavoro nell’ospitalità sia gratificante, ma questa convinzione è frutto di un percorso di vita che mi consente di valutare con obiettività vari elementi, ormai facenti parte della mia storia. Chi invece (beato lui) non ha ancora avuto modo di confrontarsi con le diverse realtà, su cosa può basarsi se non su un rapporto relazionale con le aziende che offrono opportunità? Ecco da dove nasce la spinta a realizzare un evento come il Tfp Summit del 9 e 10 marzo: dalla convinzione della necessità di avvicinare le aziende ai lavoratori del comparto, che non si esaurisca solo in una lettera di assunzione (quando c’è), ma che proponga le aziende come interlocutrici alle quali avvicinarsi per verificare assieme i percorsi professionali.
È vero, i lavoratori hanno bisogno di referenze, ma anche le aziende, e cosa di meglio allora che un momento di sintesi in un luogo dove incontrarsi e confrontarsi? Forse è un progetto troppo ambizioso, ma noi siamo convinti che questo sia il contributo che una testata come la nostra deve a questa attività.

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