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Come cambia la colazione in hotel

Il breakfast momento qualificante dell'esperienza soggiorno

Il breakfast momento qualificante dell'esperienza soggiorno

Di Giorgio Bini, 8 Ottobre 2010

È innegabile che negli ultimi anni il mercato alberghiero italiano sia andato incontro a un intenso processo di riqualificazione: un’opera di trasformazione, necessaria a rendere l’offerta ricettiva nazionale più in linea con i nuovi standard della ricettività europea, in particolare dei nostri competitor più agguerriti, come i francesi e gli spagnoli. Il processo è tuttora in corso ed è testimoniato, tra l’altro, dall’impetuosa crescita della quantità di 3-4 stelle e dal contemporaneo declino degli 1-2 stelle presenti sul territorio nazionale.
Tale evoluzione, naturalmente, interessa ogni aspetto dell’offerta alberghiera e sempre di più sono gli hotelier che non considerano più il proprio comparto food & beverage solo come una inevitabile fonte di costo, ma anche come un settore su cui puntare per qualificare, differenziare e dare lustro al proprio prodotto. «E anche le colazioni non sfuggono a questo trend generale», spiega il responsabile marketing food service di Conserve Italia, Giorgio Mazzoli. «Tanto più che alcune indagini recenti hanno rivelato come proprio il momento del breakfast sia tra le variabili più qualificanti dell’esperienza di soggiorno di ogni ospite».
Ma come è cambiato il modo di offrire la colazione negli ultimi anni? «Le cose sono cominciate a mutare al volgere del nuovo millennio», racconta ancora Mazzoli. «Prima il breakfast era visto, dalla stragrande maggioranza degli albergatori, solo come una mera voce di spesa inclusa nel prezzo forfettario fatto ai propri ospiti per la notte in hotel. Sulle tavole del mattino erano così diffusi molti prodotti di scarsa qualità, spesso inferiori agli omologhi concept presenti sugli scaffali dei supermercati. Così, per fare un esempio, le confezioni di marmellate monodose erano quasi sempre riempite con concentrato di frutta zuccherata, mentre era assai raro trovare le vaschettine di vetro con grandi percentuali di frutta a pezzetti, che invece oggi non è difficile scorgere sui buffet degli hotel più attenti alla qualità della propria offerta».
Un discorso, quest’ultimo, altrettanto valido per le bevande, soprattutto per le spremute e i succhi, che «fino a circa una decina di anni fa», riprende Mazzoli, «erano spesso realizzati reidratando dei semplici prodotti liofilizzati. In tempi più recenti si sono poi diffusi i concentrati liquidi: sciroppi da diluire, con l’aggiunta di acqua, direttamente in caraffa oppure negli erogatori automatici refrigerati. Ancora molto popolari, si tratta di prodotti sicuramente di livello superiore ai liofilizzati, ma contenenti spesso conservanti come il benzoato di sodio o il benzoato di potassio, che ormai non si trovano praticamente più nei migliori prodotti retail».
E proprio in tale contesto si inserisce la novità del Drink Point Yoga: «L’abbiamo lanciato un paio di anni fa e si sta diffondendo con notevole rapidità. È pensato per venire incontro alle esigenze di chi intende offrire bevande di qualità, senza al contempo rinunciare alla comodità di un erogatore automatico, pratico per i clienti e semplice da gestire per il personale. Il nostro Drink Point Yoga, in particolare, sviluppa un concept completamente differente da quello dei tradizionali dispenser. Questi ultimi, infatti, rientrano nella categoria dei postmix: apparecchiature che miscelano direttamente il concentrato e l’acqua al loro interno, in rapporti generalmente compresi tra l’uno a sette e l’uno a cinque. Fornito in comodato d’uso gratuito, il Drink Point Yoga, invece, è un erogatore premix. In altre parole, nel nostro dispenser viene inserita la bevanda già pronta, in comode sacche dotate di rubinetto erogatore. Il vantaggio è così duplice: da una parte possiamo garantire prodotti di qualità equiparabile a quella dei migliori succhi presenti nel mercato retail e, al contempo, riduciamo notevolmente le operazioni di manutenzione e sanificazione della macchina. Non c’è, infatti, nessun tubo o altro collegamento interno da pulire; quando la bevanda termina, basta semplicemente sostituire il sacco vuoto con uno nuovo».
L’idea pare, peraltro, stia conquistando una fetta sempre maggiore di albergatori. «Dopo appena due anni dal lancio», conclude Mazzoli, «sono già diverse centinaia gli hotel che utilizzano il Drink Point Yoga. Noi lo stiamo presentando struttura per struttura e il livello di redemption che stiamo ottenendo è davvero sorprendente: una struttura su tre, al massimo una su quattro, una volta provato il nostro dispenser, decide di adottarlo. L’obiettivo, così, è quello di raggiungere presto le migliaia di unità di strutture clienti».

L’azienda

Conserve Italia rappresenta una delle maggiori imprese agroindustriali operanti in Europa: una realtà tutta italiana aderente alla Confcooperative (Confederazione cooperative italiane), che in trent’anni di storia ha assunto una dimensione internazionale, caratterizzata dal controllo di diverse società presenti in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania. La forza di Conserve Italia, e la sua presenza sui mercati con succhi e nettari di frutta, frutta allo sciroppo, derivati del pomodoro, conserve di ortaggi e specialità alimentari, si basa su una strategia commerciale profondamente legata alla realtà agricola italiana. L’azienda è composta infatti da 50 soci, di cui 48 cooperative di primo grado, con 14.500 operatori agricoli associati, che annualmente producono oltre 650 mila tonnellate di frutta e ortaggi destinati alla trasformazione e alla vendita, con la garanzia di alcune tra le marche più celebri della tradizione ortofrutticola europea. Nel nostro paese, in particolare, i brand distribuiti da Conserve Italia sono Valfrutta, Yoga, Cirio, Derby Blue, De Rica, Jolly Colombani, Mon Jardin e Valfrutta Granchef.

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