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Cinquant´anni sulla cresta dell´onda

La ricetta per evitare il viale del tramonto firmata da una vera icona dell'hôtellerie italiana

La ricetta per evitare il viale del tramonto firmata da una vera icona dell'hôtellerie italiana

Di Massimiliano Sarti, 18 Aprile 2013

Mezzo secolo di vita passato a scandire e ad anticipare l’evoluzione del concetto di Dolce vita. Il Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resorts, si prepara a entrare nel suo secondo cinquantennio di vita e lo fa con lo spirito di chi non vuole sedersi sugli allori del passato, ma continuare a rinverdire i propri fasti per rimanere sempre sulla cresta dell’onda. Non un’impresa facile, per la verità. Lo dimostrano le tante strutture, una volta di grande prestigio, che non hanno saputo seguire i ritmi del mercato e si sono lentamente ma inesorabilmente avviate lungo il viale del tramonto: un sentiero spesso ricco di quel fascino che solo le atmosfere un po’ decadenti sanno regalare, ma anche melanconico e offuscato dal rimpianto per un passato che non tornerà più. Quale, allora, la ricetta per evitare di scivolare verso il basso e continuare a rinnovare la propria offerta, adeguandola allo spirito dei tempi? «Gli ingredienti sono molti ed è difficile esaurirli tutti in poche parole», racconta il direttore business development dell’hotel, Fabio Berto. «Per quanto ci riguarda, non possiamo sottovalutare neppure l’importanza di appartenere a un gruppo come Hilton, capace di per se stesso di evolversi e di esercitare una funzione stimolante e propositiva su tutte le strutture affiliate».

Domanda. Si può avere qualche esempio di tale benefico influsso?
Risposta. Mi viene in mente, tra le altre cose, il nuovo programma True Waldorf Service: ispirato al concetto di servizio personalizzato del Waldorf Astoria di New York, prevede l’assegnazione di un personal concierge a selezionate tipologie di ospiti. Grazie anche ai profili presenti nei nostri database ci impegniamo così ad anticiparne le esigenze dal momento della prenotazione fino al follow-up dopo il ritorno a casa.
D. E per quanto riguarda il Rome Cavalieri, nello specifico? Quali le strategie per non perdere terreno?
R. La parola chiave è rinnovamento. Con grande attenzione, in particolare, alle infrastrutture tecnologiche. È recente, per esempio, il restyling del nostro centro congressi, che abbiamo fornito di tutte le dotazioni It più avanzate. I nostri sforzi, però, non finiscono certo qui e sono fatti anche di tanti interventi più piccoli, ma non per questo meno importanti.
D. A cosa si riferisce, in particolare?
R. Al nostro programma di mantenimento e miglioramento del comfort, che prevede azioni non invasive, ma efficaci, come l’ottimizzazione della qualità della connessione wifi o del servizio di aria condizionata. Ma mi riferisco anche al rifacimento costante dei corridoi e alla sostituzione periodica della moquette, tanto per citare qualcosa d’altro.
D. La tecnologia mi pare davvero un elemento portante delle vostre strategie di aggiornamento dell’offerta. Con l’intenso sviluppo della cosiddetta industria dell’home entertainment non c’è però il rischio di non riuscire mai ad accontentare ospiti abituati ad avere a casa propria il meglio dell’offerta high-tech sul mercato?
R. Sinceramente è un problema che non sentiamo. Forse anche perché chi viene da noi tende a stare poco in camera: per visitare Roma o per partecipare agli eventi business e leisure organizzati all’interno della nostra struttura. Gli ospiti, sostanzialmente, ci chiedono soprattutto una connessione wifi più veloce possibile; poi ci pensano loro stessi a portare con sé i device tecnologici che più gradiscono.
D. A proposito di ospiti: come sta cambiando la domanda oggi?
R. Anche a seguito della recente crisi globale, sta sicuramente aumentando la componente non occidentale della nostra clientela, in particolare quella proveniente dall’Asia e soprattutto dalla Cina. Un fenomeno tanto rilevante che alcuni hotel del gruppo Hilton, compreso il nostro, hanno adottato il nuovo programma Huanying, parola cinese che significa benvenuto. Si tratta di garantire sempre la presenza di una persona che parli mandarino al front office, nonché di assicurare la disponibilità di un menu f&b ad hoc, di un canale televisivo dedicato e di una traduzione dei servizi presenti in hotel. Ma forniamo anche un kit per la preparazione del tè tradizionale cinese, ciabattine, dental kit e altre amenities in camera, specificamente pensate per le esigenze dei viaggiatori dell’Estremo Oriente.
D. È quindi solo una questione di nuovi mercati?
R. Certamente no: anche gli ospiti provenienti dai bacini di domanda più tradizionali stanno cambiando. La chiave, in questo caso, sta nel proporre esperienze esclusive e irripetibili; nel presentare, cioè, una destinazione classica come Roma in una maniera differente dal solito. È per questo motivo che noi collaboriamo attivamente con le destination management company locali. Loro sono in grado di tenerci sempre aggiornati sugli eventi, le iniziative e tutto quello che si può fare a Roma e dintorni. Ma l’impegno per un soggiorno davvero esperienziale prosegue anche all’interno della nostra proprietà, con menu di eventi tagliati ad hoc sulle esigenze di ogni gruppo o cliente leisure. Non ci si può d’altronde dimenticare che siamo pur sempre gli inventori dei celeberrimi Toga party della Dolce vita romana.
D. Di fronte a tutte queste sfide, qual è quindi il profilo ideale del professionista alberghiero di oggi e di domani?
R. Quello di una persona dotata della sensibilità sufficiente a capire e a soddisfare le esigenze degli ospiti. Gli anglofoni la chiamano «Emotional intelligence»: un fattore che a livello luxury è davvero fondamentale, perché se la standardizzazione garantisce livelli di qualità base, la vera differenza la fa solo la personalizzazione del servizio.
D. Quanta fatica si fa a essere considerati un punto di riferimento del comparto e come si fa a mantenere tale status nel tempo?
R. Prima di tutto siamo molto lusingati di essere considerati tali. Il segreto per rimanere sulla cresta dell’onda, poi, è quello di riuscire a mantenere sempre alta la tensione. Perché quando ci si auto-compiace di aver raggiunto il top, allora è il momento in cui si sono fatti già due passi indietro.

Breve storia del Rome Cavalieri

Inaugurato nel 1963, le sue radici affondano nel tessuto della Roma del boom economico e dell’ultima Dolce Vita. Vero e proprio resort nel cuore della città, situato su un belvedere naturale, il Rome Cavalieri fu progettato da Ugo Luccichenti, uno degli architetti più in voga all’epoca, mentre il suo parco, da sempre punto di forza dell’albergo, fu ideato da Maria Teresa Parpagliolo, importante paesaggista italiana del Novecento. Da allora il Cavalieri non ha mai cessato di ricevere ospiti eccellenti, tra cui molte grandi star del cinema quali Fred Astaire, Marcello Mastroianni, John Travolta e Julia Roberts, solo per citarne alcune. L’hotel, peraltro, offre ai propri ospiti particolari unici come una collezione d’arte che da Tiepolo a Warhol raccoglie le opere di autori degni dei più grandi musei del mondo, nonché una pluripremiata spa, un centro congressi all’avanguardia e un ristorante tre volte stellato Michelin, che ha saputo raggiungere l’empireo della cucina italiana e internazionale grazie all’opera del suo celeberrimo chef, Heinz Beck.

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