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Tra fascino e complessità

Un concept upscale legato a esperienze esclusive e su misura

Un concept upscale legato a esperienze esclusive e su misura

Di Massimiliano Sarti, 8 Aprile 2011

Già foresteria di Palazzo Torlonia, l’attuale hotel d’Inghilterra, una struttura di 89 camere del gruppo Royal Demeure situata nel cuore di Roma a pochi passi da via dei Condotti, si può dire che vanti da sempre una vocazione all’ospitalità: fin dalle sue remote origini cinquecentesche, molto prima della pur antica trasformazione in albergo risalente al 1845. Il suo nome singolare è poi frutto delle celebri frequentazioni di poeti e scrittori anglosassoni che vi soggiornarono ai primi dell’Ottocento: Lord Byron, John Keats e Percy Bysshe Shelley. Una tradizione di celebrità artistiche, che è peraltro proseguita anche negli anni di attività dello stesso albergo, con la presenza di personaggi del calibro di Italo Calvino, Ernest Hemingway, Franz Lizst, Mark Twain e Giuseppe Ungaretti, nonché delle star hollywoodiane Richard Burton, Gregory Peck e della recentemente scomparsa Liz Taylor. «Gestire una struttura di tale pregio storico è un impegno tanto affascinante quanto complesso», racconta Giampaolo Padula, general manager dell’hotel d’Inghilterra da agosto 2010. «È un aspetto su cui ho riflettuto fin dal momento in cui ho deciso di accettare l’incarico. Perché significa affrontare tutta una serie di piccole difficoltà quotidiane che un hotel nuovo non comporta. Qui da noi, intervenire a livello infrastrutturale vuol dire chiudere l’albergo per minimo 18 mesi. E anche solo per cambiare il colore delle camere occorre una lunga serie di passaggi burocratici e di permessi, che rende l’operazione molto più complicata di quello che potrebbe apparire. Ma, soprattutto, gli spazi non sono stati concepiti fin dall’inizio per essere quelli di un hotel contemporaneo. Da noi, per esempio, le cucine sono su due piani: il numero di persone necessarie a tenere il ristorante aperto ed efficiente, tutti i giorni dalle 8 alle 23, è perciò nettamente superiore a quello che occorrerebbe se la cucina fosse disposta su un singolo piano».
I vantaggi, però, sono altrettanto considerevoli. «Proprio l’originalità dei nostri spazi contribuisce a rendere unica l’esperienza di un soggiorno all’hotel d’Inghilterra», riprende Padula. «Il fatto di non avere un’unica area comune, ma tanti piccoli spazi differenti, come il salottino rosso o quello bianco, tende a far sentire a casa propria l’ospite che si sofferma in albergo. Anche il nostro bar è davvero piccolo, non supera i 30 metri quadrati, ma è uno dei luoghi preferiti dai viaggiatori. E ciò anche grazie al livello del servizio, che gli ha permesso, tra l’altro, di entrare nell’esclusiva lista dei James Bond bar, stilata dall’associazione internazionale dedicata ai locali con i migliori cocktail Martini al mondo. E poi, incontrare un ospite di una famiglia prestigiosa e scoprire, come è capitato a me, che lui rappresenta la terza generazione di clienti dell’hotel d’Inghilterra è una sensazione davvero impagabile».
I frequentatori dell’hotel capitolino appartengono, in effetti, a quel tradizionale mercato del lusso che da sempre fa di Roma una meta imprescindibile dei propri viaggi: «Americani, in primis, e poi inglesi e parecchi italiani», riprende Padula. «Molti esponenti dell’alta finanza internazionale e grandi protagonisti dell’economia mondiale: persone abituate a livelli di eccellenza assoluta, il cui concetto di lusso non è più, come poteva essere una volta, sinonimo di ostentazione e opulenza, quanto piuttosto di esclusività; qualcosa di estremamente raffinato e al contempo fatto sulla misura delle proprie esigenze e dei propri gusti: piccole cose, come leggere un libro coccolati dalle note della propria musica preferita, o come trovare in bagno un bouquet di menta e rosmarino, le proprie fragranze preferite, oppure ancora come scoprire un angolo di paradiso, un paesaggio indimenticabile, in un momento di intimità con sé o con le persone amate».
Una questione di atmosfere, attenzioni e sfumature, insomma, che Padula, da sempre abituato a lavorare nel mondo del lusso, ha imparato a conoscere molto bene durante la propria carriera: «Lavorare a Roma, in una location metropolitana, è però molto diverso che gestire un resort in una destinazione turistica, come facevo a Capri nella mia esperienza immediatamente precedente. Lì gli ospiti erano abituati a rimanere più tempo in hotel e io, come direttore, avevo l’opportunità e il dovere di dedicare loro molte ore, intrattenendomi a lungo con i clienti. In città le cose sono completamente diverse: i viaggiatori restano pochissimo in hotel e non amano essere più di tanto avvicinati; una stretta di mano al loro arrivo e qualche domanda sul viaggio sono spesso più che sufficienti. Ecco, allora, che l’attenzione ai dettagli del prodotto e del servizio deve essere, se possibile, ancora maggiore».
Con un rapporto diretto più limitato, gli ospiti degli hotel di lusso cittadini perdonano ancora meno le sbavature e la differenza si fa concentrandosi sulle sfumature. «Per rendere il soggiorno memorabile si lavora sui dettagli», conclude Padula. «Utilizzare, per esempio, la medesima fragranza in tutte le camere e gli spazi comuni dell’hotel, regalando poi agli ospiti in partenza delle candele con lo stesso profumo, permette ai clienti di assaporare anche a casa il ricordo del proprio viaggio a Roma. Allo stesso modo, diffondere nella vettura, che effettua il pick-up all’aeroporto o in stazione, una selezione di musiche della nazionalità degli ospiti in arrivo, può rivelarsi un modo delicato per accoglierli e farli ambientare in città. Per gli ospiti business, infine, un semplice plico di biglietti da visita dell’hotel, personalizzati con il loro nome, può trasformarsi in uno strumento utile: soprattutto quando gli stessi clienti, durante i loro meeting, devono comunicare a qualche partner d’affari il proprio indirizzo romano. Tutti piccoli accorgimenti, brevi attenzioni, che però possono rivelarsi altrettanti strumenti decisivi per conquistare gli ospiti».

Chi è Giampaolo Padula

Già general manager del Caesar Augustus hotel di Capri, ultimo suo incarico prima di approdare all’hotel d’Inghilterra ad agosto 2010, Giampaolo Padula ha trascorso gli ultimi 12 anni della sua carriera professionale nel settore upscale del turismo, ricoprendo varie cariche direttive in strutture come il Lord Byron di Roma, il Windsor Court Hotel di New Orleans e il The Lodge at Vail in Colorado, negli Usa, nonché il De Vere di Swindon e il Lygon Arms di Broadway, nel Regno Unito. Nato a Roma, Padula si è laureato presso l’Ecole Hôteliere di Losanna, in Svizzera, per poi conseguire un master di business administration in international hospitality management presso l’inglese Nottingham Trent University.

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