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Non si fa del bio senza esserlo

La filosofia di Paolo Sari, chef del primo ristorante stellato Michelin al 100% biologico

La filosofia di Paolo Sari, chef del primo ristorante stellato Michelin al 100% biologico

Di Massimiliano Sarti, 5 Giugno 2014

Mens sana in corpore sano: a cominciare dalla scelta della frutta, della verdura e dei condimenti, che provengono tutti dai suoi orti personali coltivati da contadini e agricoltori dei villaggi vicini. Veneziano di nascita, ma cittadino del mondo per vocazione, chef Paolo Sari è oggi alla guida del monegasco Elsa: il ristorante del Monte-Carlo Beach, primo locale stellato Michelin al 100% biologico. «La mia filosofia è quella del bello e del buono associati a una grande sensibilità», racconta lo stesso Sari che, in una sorta di «rottura con la globalizzazione alimentare degli ultimi 20 anni», ha saputo conquistare, per il suo Elsa, le 3 stelle Ecocert, ossia il massimo riconoscimento ottenibile dall’omonimo organismo di certificazione internazionale, specializzato sui temi dello sviluppo sostenibile e globalmente noto per la severità delle proprie valutazioni: «Tutto quello che non si avvicina a questa soglia non lo prendo neppure in considerazione», prosegue Sari. «Mi considero, in effetti, un meticoloso fanatico dell’ingrediente, che deve essere rigorosamente autoctono, sano, biologico, di stagione e appena raccolto. Nella mia brigata, io amo dire di avere due squadre di collaboratori: una che lavora nei campi e l’altra in cucina. Al mio arrivo qui all’Elsa ho voluto infatti da subito modificare la politica degli acquisti, chiedendo di essere informato, nei minimi dettagli, sui prodotti da noi impiegati. Perché in assenza di trasparenza e correttezza, non si può parlare di cucina autentica».

Domanda. Cosa vuol dire, per lei, vantare al contempo stelle Michelin ed Ecocert?
Risposta. È sicuramente un fatto che mi riempie di gioia. D’altronde, essere il solo ristorante stellato Michelin con una certificazione biologica significa aver fatto qualcosa al contempo di unico e di grande. Ciò detto, ci tengo però a precisare che le stelle non sono la cosa più importante: la vera priorità è quella di garantire ai nostri commensali un’alimentazione più sana possibile. È per questo che io miro a proporre solo piatti eccellenti e trasparenti. Fuori c’è un mondo che asserisce di offrire prodotti biologici. Ma chi ce lo assicura davvero? Qui all’Elsa, gli ingredienti che io suggerisco, oltre a essere scrupolosamente valutati da me, sono tutti certificati; il fornitore stesso che li produce o li vende è certificato. Noi abbiamo voluto fortemente il marchio Ecocert, per essere credibilmente trasparenti e garanti della qualità di tutto ciò che offriamo.
D. Come si motiva allora, quotidianamente, la propria brigata sui temi della sostenibilità ambientale?
R. In realtà non c’è bisogno di applicare alcuna strategia motivazionale: io e la mia brigata lavoriamo in sintonia e ci capiamo perché condividiamo la stessa filosofia. Per fare del bio, infatti, bisogna prima di tutto esserlo: fondersi con la natura e rinunciare a qualsiasi compromesso. Noi siamo così: veramente bio.
D. Ma è davvero possibile oggi una cucina sostenibile senza alcun compromesso?
R. Assolutamente sì. Io auspico un reale «ritorno al futuro»: alla semplicità e alla sincerità in cucina, e prima ancora negli approvvigionamenti. D’altronde, 50 anni fa si sapeva dove si comprava la verdura, chi ci dava le uova o di chi fosse il coniglio che mangiavamo. Oggi, invece, si parla di tracciabilità. Tutto ciò è ridicolo: l’avevamo già la tracciabilità, ma abbiamo fatto di tutto per coprirla con un velo di fumo a fini economici.
D. A proposito di economia: come si trova il giusto equilibrio tra il controllo dei costi, la freschezza degli ingredienti e i prezzi finali nel menu?
R. Mi capita spesso che mi chiedano se una cucina veramente sostenibile sia molto onerosa. Ma io mi domando: quanto può essere conveniente minare la propria salute con pesticidi e fertilizzanti prodotti in laboratorio? Ha mai visto un campo di mele a produzione intensiva? E uno in produzione biodinamica? Fare un’esperienza comparativa di questo genere le aprirebbe un mondo. Conveniente è solo la nostra salute e quello che ingeriamo.
D. Non potrà negare, però, che anche il portafoglio, a volte, ha le proprie esigenze insopprimibili…
R. E allora le dirò che io mi rivolgo a fornitori totalmente biologici, i cui costi sono nettamente inferiori a quelli dei produttori non bio. Certo, per alcuni specifici ingredienti, pago un po’ di più, ma alla fine i conti si equilibrano. Anche perché, eliminando i passaggi di vendita intermedi, si può risparmiare e ottenere al contempo una qualità eccellente e controllata di prima mano.
D. Ma riesce davvero a trovare tutto quello che le serve?
R. In una regione come la Costa Azzurra, basta andare un po’ a sinistra, verso la Provenza, o un po’ a destra, verso la Liguria e il Piemonte, e si può avere tutto il necessario. All’Elsa noi acquistiamo il pesce direttamente dai pescatori o dalle cooperative, e anche le bottarghe sono fatte direttamente da loro. Per quanto riguarda la frutta e la verdura, invece, mi avvalgo di una rete di 15 produttori accuratamente selezionati: ci sono sia i piccoli agricoltori, che ci riforniscono di materie prime specifiche, sia quelli medi, capaci di garantire una gamma di alimenti più ampia. Ma tutto viene raccolto e consegnato nelle mie cucine in un arco di tempo massimo di 18 ore. Le carni, poi, arrivano direttamente dagli allevamenti e dai macelli locali. In questo modo, oltre a garantire la massima qualità ai miei clienti, contribuiamo concretamene allo sviluppo dell’economia del territorio e alla creazione di occupazione di qualità.
D. Per concludere, una piccola curiosità: come si declina la creatività di uno chef con i prodotti a filiera corta?
R. Essendo consapevoli che gli ingredienti sono già tutti dei capolavori di madre Natura: soprattutto quelli che non hanno bisogno di essere toccati, tagliati e cucinati. I mini-legumi, le piccole radici, in particolare, sono fragili e delicati, ma raggiungono vette di gusto sublimi. Basta risciacquarli e saltarli appena nell’olio d’oliva: piantarci dentro una lama di un coltello sarebbe un vero omicidio. Ha mai visto la perfezione geometrica di un cavolo romanesco? Ha mai assaggiato il gusto di un pisello crudo, colto a giusta maturazione? E cosa mi dice delle fragole? La natura è capace di fare dei capolavori visivi, olfattivi e gustativi: c’è solo bisogno di non voler essere eccentrici a tutti i costi e intestardirsi a dare un altro gusto a chi già ce l’ha.
D. Lei stesso ha dichiarato, tuttavia, che ci vuole anche una grande sensibilità…
R. Vero. E credo che sia pure simile a quella necessaria a letto: i grandi amatori ci insegnano che non bisogna usare la testa, ma l’anima e il cuore, associati a tutti i sensi del corpo umano. Nella ristorazione è la stessa cosa: occorre osare nella giusta misura, rispettare gli ingredienti e soprattutto fondersi in loro, percependone, anche solo sfiorandoli, il gusto, il sapore, e la consistenza.

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