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L´offerta leisure oggi e domani

L'evoluzione dell'ospitalità secondo l'amministratore delegato Hotelturist, Giorgio Palmucci

L'evoluzione dell'ospitalità secondo l'amministratore delegato Hotelturist, Giorgio Palmucci

Di Massimiliano Sarti, 4 Aprile 2013

La ristorazione quale cardine della proposta ricettiva; maggior peso all’internazionalizzazione dell’offerta; e basta a «cavolate quali l’accoglienza migliore è quella che fa sentire l’ospite come fosse a casa propria. Non è vero: l’importante è che la qualità del soggiorno non sia peggiore di quella che si sperimenta nella propria dimora, ma per il resto ospitalità e atmosfere domestiche sono due cose profondamente diverse. L’ideale, in realtà, è riuscire a sorprendere i clienti con qualcosa di nuovo e di inusuale: in altre parole, di difficilmente replicabile a casa propria».
Brillante, diretto, schietto, Giorgio Palmucci racconta la propria idea sul presente e sul futuro dell’accoglienza leisure senza tanti giri di parole. D’altronde, dopo 15 anni nel settore, di cui oltre dieci trascorsi come manager Club Med, l’attuale amministratore delegato e direttore generale di Hotelturist, e del suo brand Th Resorts, nonché presidente dall’Associazione italiana catene alberghiere (Aica) e vicepresidente dell’Ente bilaterale del turismo (Ebit), se lo può anche permettere.

Domanda. Cosa si sente di essersi portato dietro, oggi, dal suo periodo francese?
Risposta. Dal punto di vista organizzativo, credo soprattutto l’esperienza in processi, metodi e controlli qualitativi di un grande gruppo internazionale. E poi l’importanza che nel mercato attuale riveste la formazione continua, per riuscire a rimanere competitivi, cercando di posizionarsi sempre un quarto d’ora davanti agli altri.
D. Come mai solo un quarto d’ora?
R. Perché altrimenti si va troppo avanti e si rischia di rimanere incompresi.
D. Dal punto di vista operativo, invece, cosa le è rimasto?
R. L’attenzione al dettaglio: un aspetto imprescindibile in un contesto in cui i clienti sono sempre più esigenti, indipendentemente dal prezzo che pagano. Ma anche il valore della ristorazione quale fattore cardine di qualsiasi proposta di accoglienza leisure. Se si fa flop nell’offerta f&b, il resto non conta niente.
D. Il che, in termini pratici, cosa significa?
R. Vuol dire qualità dei prodotti, ma anche capacità di valorizzarli in maniera adeguata. La ristorazione, infatti, non è legata soltanto al gusto e all’olfatto, ma pure alla vista e ad altri aspetti emozionali che coinvolgono tutti i sensi dell’individuo.
D. Prendiamo il caso del classico buffet di villaggistica memoria: come si fa in questo caso?
R. Si cerca di dare una sensazione di profusione senza spreco. Al Club Med mi ricordo che lavoravamo persino sul grammage di ogni ingrediente in rapporto al numero di ospiti presenti. Ma la grande innovazione di questi ultimi anni è sicuramente la cucina spettacolo: la possibilità, cioè, di far vedere agli ospiti lo chef all’opera, magari impegnato in preparazioni impensabili da realizzare a casa.
D. Quale, quindi, il futuro della villaggistica, e della ricettività leisure in generale?
R. Nessuno se si continua a perseverare lungo le vie tradizionali. Almeno in Italia, e dove tale formula vanta una storia consolidata. Diverso, invece, il discorso per le destinazioni nuove a questo tipo di offerta, come la Cina e l’Asia in generale, ma soprattutto l’America Latina, area in cui l’atmosfera del villaggio è particolarmente apprezzata da una cultura fortemente connotata dal concetto di fiesta.
D. In Italia allora cosa si può fare?
R. Si deve seguire con attenzione il trend della domanda, assecondare le esigenze dei turisti di oggi e smettere di concentrarsi solo sulla clientela domestica, come si è fatto finora. È lo stesso mercato che lo impone. E non è unicamente una questione congiunturale: puntare sull’incoming, sull’internazionalizzazione dell’offerta, significa infatti anche favorire grandemente la destagionalizzazione.
D. Qualche esempio?
R. Quando sono arrivato in Hotelturist, le nostre strutture invernali viaggiavano con una quota di italiani pari a circa il 90% degli arrivi totali. Oggi, dopo appena tre anni, il rapporto è 60/40 e, per la prossima stagione, puntiamo a raggiungere addirittura un 40/60. Se a Capodanno continuano così ad arrivare gli italiani, verso la metà di dicembre, in occasione delle festività dell’Hanukkah, ci sono gli israeliani, mentre subito dopo l’epifania, per il Capodanno ortodosso, arrivano i russi, e così via con tutte le altre nazionalità. Lo stesso discorso, in maniera similare, si può fare naturalmente anche per l’offerta leisure estiva.
D. Oltre all’internazionalizzazione, quali sono gli altri piani per il futuro di Th Resorts?
R. Il momento è difficile, ma non credo che ci si possa permettere di restare alla finestra e aspettare semplicemente che passi. Anche il concetto piccolo è bello, pur con tutto il suo fascino, oggi non può più funzionare. Ecco perché stiamo pensando di espanderci: prima di tutto in Italia, nelle destinazioni in cui ancora non siamo presenti, come la Sicilia, la Toscana e il nord della Sardegna, e poi all’estero, in altre mete europee e mediterranee quali la Grecia e la Turchia.
D. E quale strategia di espansione pensate di adottare? Voglio dire: acquisterete nuove proprietà o mirate a dei contratti di gestione?
R. Sinceramente non credo che agli ospiti interessi qualcosa del fatto di soggiornare in una struttura di proprietà o in management. Data l’attuale difficile situazione del credito, però, sono convinto che la strada più percorribile, se ci si vuole espandere rapidamente, sia quella di concentrarsi sulla gestione dell’accoglienza e sulla commercializzazione, più che sugli asset immobiliari.
D. Un’ultima curiosità: come mai ha deciso, tre anni fa, di entrare in Hotelturist?
R. Perché sono rimasto estremamente colpito dalla loro attenzione al personale. Pensi che i fondatori dell’azienda hanno addirittura deciso di far confluire tutte le proprietà in un trust irreversibile, con finalità esclusive di investimento nelle attività d’impresa e nella beneficenza.

Una breve biografia

Dopo aver lavorato per una decina di anni come responsabile amministrativo di una multinazionale franco-americana operante nel settore alimentare, Giorgio Palmucci inizia la propria avventura al Club Mediterranee Italia come direttore amministrazione – finanza e controllo, per poi arrivare a ricoprire, negli anni, la carica di direttore generale Italia e paesi dell’Est. A fine 2009 diventa quindi amministratore delegato e direttore generale di Hotelturist, per cui lancia il marchio Th Resorts, gestore di una decina di strutture in Italia e in Svizzera. Da sempre attivo nell’associazionismo di categoria, oggi è presidente dell’Associazione italiana Confindustria alberghi, membro del consiglio direttivo turismo di Confindustria Padova, presidente revisore dei conti Astoi (Associazione tour operator italiani), vicepresidente dell’Ente bilaterale per il turismo nazionale e membro direttivo di Federturismo.

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