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NEET italiani a quota 3 milioni, ecco chi sono

Uno studio analizza il gap italiano tra alto tasso di disoccupazione giovanile e difficoltà delle aziende a reperire personale e mappa i profili dei giovani che né studiano né cercano lavoro

Uno studio analizza il gap italiano tra alto tasso di disoccupazione giovanile e difficoltà delle aziende a

Di Job in Tourism, 8 Giugno 2023

Si dice che uno dei bacini nei quali – attivando le giuste politiche del lavoro – si dovrebbe andare a pescare per risolvere il problema, ormai strutturale, della difficoltà a reperire personale nel turismo è quello dei cosiddetti NEET, i giovani che né studiano né lavorano e che in Italia sono oggi pari a circa 3 milioni di persone. Ma chi sono questi Not engaged in Education, Employment or Training? Un’analisi l’ha fatta il primo report di Look4ward, l’Osservatorio per il Lavoro di Domani presentato nelle scorse settimane e creato da Intesa San Paolo insieme all’Università LUISS Guido Carli con l’obiettivo di monitorare i fabbisogni di nuove competenze, di rigenerazione di figure professionali e di profili a sostegno dei nuovi business in settori strategici per il Paese, tra i quali proprio l’ospitalità.

Il gap italiano

Uno dei primi dati rilevati dal nuovo Osservatorio è quello del gap italiano tra il tasso di disoccupazione pari al 7,8%, che sale al 22,3% tra i giovani, e la difficoltà per quasi la metà delle aziende del Paese (il 45%) a reperire la manodopera necessaria allo sviluppo. “Per colmare questo gap – rilevano gli osservatori – è necessario investire sulle competenze, soprattutto facendo leva su nuove tecnologie, sostenibilità e soft skills. Il passaggio generazionale rappresenta un’opportunità per attivare processi innovativi e di transizione sostenibile nelle aziende italiane, mantenendo e incrementando i livelli di competitività, anche a livello internazionale”.

Chi sono i NEET italiani

La prima pubblicazione dell’Osservatorio, A look at NEET. Analisi, categorizzazione e strategie di intervento si concentra, nello specifico, sul problema sempre più diffuso in Italia e in Europa dei giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione. Secondo i dati Eurostat, nel 2021 i cosiddetti NEET nell’Unione Europea erano il 13,1% dei giovani tra i 15 e i 29 anni, con significativa differenza tra le donne (14,5%) e gli uomini (11,8%), mentre l’Italia è il Paese UE con la più alta percentuale (23,1%), circa 2,1 milioni di giovani, che salgono a 3 milioni se consideriamo i ragazzi con un’età tra i 15 e i 34 anni.

Le cinque categorie

La ricerca è andata più nello specifico e ha individuato cinque archetipi di NEET. Come analizza nel dettaglio il magazine Vita a partire dai dati dell’Osservatorio, la prima categoria è quella dei cosiddetti “giovani dell’abbandono scolastico”, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, prevalentemente di genere maschile, che vivono principalmente con la famiglia di origine in piccoli centri, hanno concluso il ciclo di studi dell’obbligo o hanno abbandonato precocemente gli studi secondari e sono scoraggiati dal non riuscire a trovare posizioni lavorative stabili. Ci sono poi le giovani mamme, giovani donne tra i 25 e i 29 anni che hanno responsabilità familiari, risultano inattive, non cercano e non sono disponibili al lavoro. Sempre donne sono le giovani ventenni dei “lavoretti”: single, di età compresa tra i 20 e i 24 anni, possiedono un titolo di studio secondario, saltuariamente sono impiegate in lavori temporanei e non trovano occupazioni stabili nonostante gli sforzi profusi. Il quarto gruppo è quello dei “figli del lockdown”: scoraggiati e disimpegnati, hanno tra i 22 e i 27 anni, hanno frequentato gli ultimi anni di formazione scolastica o di formazione universitaria durante la pandemia. Spiazzati dalla precarietà del nuovo mondo pandemico, hanno vissuto una difficile transizione scuola lavoro o hanno abbandonato precocemente il loro percorso formativo, Infine, “i talenti del mismatch”, quelli troppo preparati: hanno tra i 20 e i 29 anni, sono disoccupati e in attesa della prima occupazione. In possesso di un titolo di studio universitario o di un altro titolo specialistico, vorrebbero lavorare ma patiscono la mancata corrispondenza tra le abilità e competenze possedute e quelle richieste nel mercato del lavoro.

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