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Genesi di un albergo di design

Quando libera creatività e calcolo economico si incontrano

Quando libera creatività e calcolo economico si incontrano

Di Massimiliano Sarti, 20 Maggio 2011

«Ho comperato il Cafè Imperial con l’intenzione di rimodernare l’edificio senza spendere troppo e con l’idea di utilizzare le stanze sopra al bar come dependance del vicino hotel Europa Splendid». La storia del nuovo ImperialArt di Merano, inaugurato nell’autunno dell’anno scorso, è nata così: da un semplice progetto di investimento in un immobile di qualità, situato in pieno centro città, con la sua bianca ed elegante facciata Belle Époque posta a pochissima distanza dalla Kurhaus meranese. «L’obiettivo, sinceramente, era anche quello di alleggerire, almeno parzialmente, il gravame fiscale sulle altre nostre attività ricettive», racconta Alfred Strohmer, titolare di quattro hotel in città, tra cui, appunto, l’Europa Splendid e l’ImperialArt. Approfondendo il progetto, però, l’albergatore altoatesino si è reso ben presto conto che l’ex Cafè Imperial era una realtà così radicata nel contesto della città da non potersi ridurre a semplice dependance di una struttura già esistente. «Girando per Merano, venivo persino fermato per strada dai miei concittadini che mi chiedevano di lasciare intatto quel bar a loro tanto caro, divenuto quasi un luogo simbolo della storia cittadina più recente».
L’Imperial, in particolare, fu fondato nel 1923 da Josef Schlechtleitner: un grande ammiratore della cultura inglese che originariamente chiamò il bar Cafè Westminster Tea Room. Troppo anglofilo per il regime fascista, il primo nome, tuttavia, non durò a lungo e venne presto cambiato in Imperial, in omaggio all’omonimo hotel di Vienna dove il fondatore del locale aveva lavorato in gioventù. Nel 1971, poi, Klaus Schlechtleitner, appartenente alla seconda generazione dei proprietari, lo ristrutturò secondo lo stile pop di quegli anni, ma il bar rimase sempre un luogo amato dai meranesi, che durante le loro passeggiate in centro usavano sedersi ai suoi tavolini per sorseggiare qualcosa e leggere il giornale. «Mi venne così in mente di recuperare i suoi spazi con un’intensa opera di restyling, mantenendo però la struttura nelle sue forme e nel suo stile originario», riprende Strohmer. «Analisi e ispezioni successive evidenziarono tuttavia un sovraccarico eccessivo su alcuni solai, la cui correzione sarebbe stata economicamente insostenibile. Abbandonato il progetto restyling, restava dunque da trovare un’idea che potesse essere al contempo funzionale e adeguata alla posizione e alla storia della struttura».
E la scelta cadde su un’azienda bolzanina specializzata in forniture per alberghi, a cui Strohmer pensò di offrire gli spazi dell’edificio per creare un innovativo show room, con le camere esposte realmente operative per i clienti b2b e b2c. «Nonostante le trattative si fossero spinte fino a un livello piuttosto avanzato, alla fine però non se ne fece più nulla. Nel frattempo i mesi passavano veloci e si avvicinava il momento in cui avremmo dovuto prendere in mano le redini effettive della gestione della struttura. L’idea di farne un hotel di design non mi sfiorava ancora, anche perché temevo che un albergo troppo originale avrebbe rischiato di passare di moda nel giro di pochi anni. È stato solo parlando con la mia compagna Jutta che ci è venuta l’intuzione di coinvolgere alcuni artisti locali, per realizzare un hotel con camere tutte diverse ed estremamente personalizzate».
Grazie alla stretta collaborazione con la vicina galleria d’arte contemporanea Merano arte, vennero allora individuati i tre artisti meranesi Elisabeth Hölzl, Marcello Jori e Ulrich Egger, le cui personali forme di linguaggio e le cui differenti poetiche caratterizzano oggi le 12 camere di un hotel dalla forte personalità creativa. «Spesso, quando arte ed economia si incontrano», prosegue l’albergatore meranese, «i rapporti tra committente ed esecutori non sono facili da gestire. Con Elisabeth, Marcello e Ulrich le cose però sono andate benissimo, tanto che ne è nata una sincera forma di amicizia e ancora oggi sono molte le occasioni in cui ci incontriamo per parlare dell’hotel e fare quattro chiacchiere insieme».
Le linee guida, i paletti che Strohmer ha chiesto di rispettare agli artisti, in fondo, sono semplici: la costruzione di una camera d’albergo che fosse riconoscibile come tale dagli ospiti, un ambiente che garantisse un certo calore a chi vi avrebbe soggiornato, un livello di accoglienza minimo per un albergo 4 stelle e bagni standardizzati, capaci di garantire la privacy sufficiente a chi ne avesse fatto uso: «Limiti che gli artisti hanno riconosciuto essere ragionevoli, tanto che loro stessi mi hanno confessato di essersi sentiti liberi come difficilmente gli è capitato in altri contesti simili a questo».
Certo, qualche piccolo intervento di aggiustamento, per rendere gli spazi funzionali, si è naturalmente reso necessario: in una delle stanze di Egger, per esempio, c’è una parete di metallo trattato con acidi corrosivi; per evitare che si rovinino biancheria e struttura del letto si è dovuto così realizzare una testata protettiva speciale. Tali cambiamenti sono stati tuttavia molto limitati e l’operazione può oggi già essere complessivamente considerata un successo. «I meranesi hanno ricominciato a frequentare il Café Imperial, oggi Coffee Art e affidato a una gestione esterna», conclude Strohmer, «mentre la struttura, grazie alla sua particolarità, ci consente di mantenere prezzi più alti della media dei 4 stelle locali. È ancora presto naturalmente per tracciare un bilancio, ma anche grazie al rinnovamento dell’offerta turistica cittadina, che ha inaugurato da poco le nuove terme e i nuovi impianti sciistici, siamo molto fiduciosi e ci siamo già posti l’ambizioso obiettivo di raggiungere un tasso di occupazione medio attorno al 70%».

La logica imprenditoriale

Per una famiglia di albergatori da più generazioni come gli Strohmer, la redditività rimane un obiettivo imprescindibile. E anche l’ImperialArt non sfugge a questa regola: la struttura non è così il capriccio di un animo sognatore con molti soldi ma scarsa consapevolezza delle questioni economiche legate alla gestione di una struttura ricettiva, bensì un progetto efficace, frutto di un preciso piano di fattibilità e in grado, soprattutto, di generare profitti. «Grazie alla vicinanza con l’Europa Splendid», spiega Alfred Strohmer, «siamo in grado di sfruttare importanti sinergie di gruppo, che ci consentono di razionalizzare notevolmente i costi: tutta la parte di contabilità e vendita, in particolare, è centralizzata, mentre per l’ImperialArt ci serviamo della collaborazione di appena due dipendenti full time e uno part time, per le funzioni di segreteria e pulizia ai piani. La gestione della portineria, soprattutto quella notturna, è poi affidata al personale dell’Europa Splendid. Con le tariffe che riusciamo a offrire sul mercato, più elevate rispetto alla media, e avendo affidato a una gestione esterna la parte f&b, il tasso di occupazione minimo necessario a garantirci la redditività della struttura è così inferiore alla soglia del 50%. E anche gli interventi di manutenzione della struttura, compreso il periodico rinnovamento delle installazioni artistiche nelle camere, presenta costi che non si discostano molto da quelli necessari a mantenere efficienti e attrattivi gli hotel più tradizionali».

I tre artisti

Un’opera d’arte collettiva e permanente. È quella creata nelle 12 camere dell’ImperialArt da Elisabeth Hölzl, Marcello Jori e Ulrich Egger, artisti meranesi la cui fama va oltre i confini dell’Alto Adige. La proposta concettuale di Egger, in particolare, attraverso un gioco realizzato con differenti materiali, come lastre di ferro e pannelli di video-immagini in movimento, intende portare l’ospite a una riflessione sulla sua funzione di inconsapevole fruitore d’arte e di partecipante alla vita di altre persone. Hölzl è rimasta invece fedele al proprio personale confronto con la memoria dei luoghi: le sue stanze ricreano così le atmosfere di edifici simbolo di Merano, partendo da fotografie che documentano lo stesso vecchio Imperial, l’antico hotel Bristol, le vecchie terme della città: il tutto in un costante rimando al fascino sottile del loro disfacimento, anche tramite un arredamento d’epoca, citazione di un tempo passato all’interno di uno spazio contemporaneo. Jori, infine, artista e designer, collaboratore tra l’altro del celebre brand Moroso, ha seguito la sua fascinazione per la densità, la struttura fisica e la luminosità dei cristalli, che per lui sono dei veri e propri talismani, costituenti minimi della vita. Le sue stanze sono perciò castelli di sogno, con i loro nomi onirici, fantastici ed evocativi.

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