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Fidelizzare le risorse umane

Di Antonio Caneva, 27 Settembre 2002

Ho partecipato a Rimini ad una tavola rotonda tenutasi ad Itinera in occasione della consegna dei diplomi. Non è mia intenzione parlare dell’evento (questo aspetto lo rimando ad un momento successivo) bensì fare una riflessione su quanto è emerso in relazione alle risorse umane. Rimini è al centro di un sistema dell’ospitalità che non ha pari al mondo; nel corso degli ultimi decenni si è trasformata per ripartire ogni volta sempre più propositiva ed attraente ed è quindi chiaro che un sistema oramai di enormi dimensioni veda nella politica delle risorse umane uno degli aspetti critici. Nel corso della mattinata, i relatori e i presenti intervenuti hanno richiamato più volte le problematiche relative al reperimento di professionisti qualificati ed il dibattito si è incentrato, in parecchie occasioni, sulla necessità di utilizzare lavoratori provenienti da altri paesi; siano essi qualificati o meno per svolgere gli incarichi affidati. Si è riflettuto sull’adeguatezza della scuola a formare valide risorse e sul fatto che spesso, le stesse siano disponibili in alcune zone del paese e non in altre. Si è parlato degli incentivi alle assunzioni, pur in quadro economico di crisi, si è parlato delle tecnologie che tendono ad aiutare le aziende nelle loro attività. Come spesso accade però, l’argomento che non si è toccato è quello relativo alle politiche attive delle aziende nei confronti delle risorse umane e, per semplificare il concetto: cosa fanno le aziende per attirare e fidelizzare le forze lavoro? Ecco, questo è un argomento sul quale mi piacerebbe ci si soffermasse un po’ più nei momenti di discussione e non venisse, in qualche modo, relegato in un angolo, come notazione di secondaria importanza. So perfettamente che ci sono, meritoriamente, aziende che investono sulla crescita professionale delle risorse umane in un rapporto di estrema correttezza, so perfettamente che non tutte dispongono di quanto vorrebbero avere da dedicare ai collaboratori ma che, comunque, fanno del loro meglio per mantenere un rapporto corretto con i propri dipendenti, come so pure che ci sono aziende che hanno difficoltà a sopravvivere e, all’interno di un quadro minimo normativo, fanno ciò che possono e si comportano adeguatamente. Questo non vuol dire però che sia un argomento trascurabile, intimamente legato alla capacità del sistema di rispondere ad una domanda crescente di mano d’opera; mantenere le risorse ormai professionalizzate, motivandole adeguatamente, mi sembra politica più saggia che consentire che queste si disperdano per poi cercarne di nuove, non si sa dove e come.

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