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E-mail: gioie e dolori

Di Antonio Caneva, 26 Maggio 2006

In molte località in Italia, ma anche all’estero, esistono alberghi che si chiamano Posta, con ciò ricordando che erano il luogo dove avveniva il cambio di cavalli per le carrozze postali
Il Paese è cresciuto (è di ieri la notizia che tra breve si accetteranno solo affrancature di posta prioritaria) e le tecnologie, dapprima timidamente e poi con decisione, sono entrate nel vivere quotidiano. Tra le innovazioni che contribuiscono a cambiare la nostra vita dobbiamo necessariamente menzionare le comunicazioni on line: internet e le e-mail.
Ancora pochi anni orsono si vedeva nei film americani questo strano modo di relazionarsi attraverso il computer e non se ne afferrava completamente la portata; le e-mail sono entrate in sordina nella nostra quotidianità, però poi con un rumore assordante. Ormai i dati che richiedono un minimo di precisione non vengono più comunicati telefonicamente; è assolutamente normale terminare la frase con: mi mandi i dati per e-mail. Bella, bellissima innovazione, soprattutto per noi che facciamo un giornale.
Che fortuna! Però, non è tutto così; accanto alle positività sono cominciate a emergere le criticità: un utilizzo smodato dello strumento. Comunicazioni spam che riempiono la casella, messaggi truffaldini ricevuti quotidianamente, virus che vengono inviati per mettere in crisi il sistema, e non da ultimo, un uso troppo disinvolto. Ormai, è diventato normale chiedere a chiunque le cose più disparate: basta un “invia” e si è creata una relazione. Chi però deve rispondere è spesso sommerso dalle richieste più strane (oltre naturalmente a quelle utili) e si pone la domanda su quali siano i tempi corretti per rispondere; cioè, se impegnare parte della giornata a sbrigare la corrispondenza o se piuttosto accantonare le richieste per momenti più tranquilli, che sovente non arrivano.
Oltre dieci anni orsono sono stato a Parsippany (New Jersey), alla sede della Cendant, e parlavo con il responsabile di un loro brand che mi raccontava la sua giornata lavorativa: alle sette era in ufficio e per prima cosa dedicava un’ora al disbrigo delle e-mail. Il messaggio della società era: rispondiamo a tutti entro le 24 ore, non un minuto in più. Mi domando se questa asserzione sia ancora valida.
La strada futura non mi è ancora chiara, una cosa però è certa: è necessario dedicare una quantità crescente di risorse per mantenere questo sistema efficiente, in attesa di una diversa impostazione che, sono convinto, sarà necessario codificare.

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