Nel mondo associativo dei portieri d’albergo si è creata da alcuni anni una frattura che deriva da una diversa concezione della figura professionale, dei suoi compiti, dei suoi eventuali limiti o delle sue eventuali estensioni. Sul numero 7 di Job in Tourism, p. 6, abbiamo pubblicato un’intervista a Orazio Spatafora, presidente Faipa, riportando le sue opinioni in materia. Analogamente, pubblichiamo in questo numero l’intervento di Federico Barbarossa, portavoce Uipa, che esprime sul tema differenti valutazioni.
Quando nel novembre del 2000 la Fipa si trasformò in Uipa per decorrenza statutaria venne chiesto agli associati di uniformarsi all’art. 4 dello statuto internazionale. La maggioranza degli iscritti accettò, mentre altri non condivisero. Oggi questi ultimi, dopo aver costituito alcuni anni fa una propria associazione, reclamano un modello professionale diverso, che secondo la Uipa poco ha a che fare con le la figura professionale del portiere d’albergo.
«L’albergo vive oggi tra passato e futuro, tra famiglia e computer. Ha residui artigianali e strutture sofisticate: è affascinato insieme dal vecchio e dal nuovo». Così scriveva nel suo libro Il portiere d’albergo tra innovazione e tradizione, edito nel 1983, Vittorio Fusco, scrittore e profondo conoscitore del mondo alberghiero.
Da allora a oggi molte cose sono cambiate, altre si sono consolidate e altre ancora sono state completamente stravolte. Fra queste il ruolo attribuito al portiere d’albergo. Oggi qualcuno parla di un portiere diverso, inserito nell’economia aziendale e chiamato addirittura a mansioni manageriali. Una sorta di impiegato multifunzione, proprio di alcune piccole realtà, che dietro il suo banco fa un po’ di tutto, e che non può certamente essere definito un concierge. Lo chiamano “facente funzione” e ne contemplano la figura all’interno delle proprie associazioni “Chiavi d’oro”, ma non la Uipa, l’Unione italiana portieri d’albergo “Le Chiavi d’oro”, l’unico organismo italiano riconosciuto dall’internazionale Uich.
Infatti, per la Uipa è portiere d’albergo soltanto chi, come tale, opera ed è inquadrato dalla propria azienda e non chi, invece, con la qualifica di segretario o impiegato, però svolge mansioni di portiere. Una differenza sostanziale per chi, con buona ragione, definisce questo professionista come insostituibile all’interno di un albergo. Quel professionista, per intenderci, che continua a svolgere le sue mansioni tradizionali, aggiornate ai tempi moderni e coadiuvate dalla più sofisticata tecnologia. Un portiere d’albergo che ha migliorato la propria condizione culturale, ha rafforzato le proprie conoscenze tecnico-pratiche ed è stato capace di evolvere insieme al suo mestiere. E non quello che, come qualcuno pensa, ha abbandonato le vesti del personaggio che doveva solo dare informazioni e consegnare la chiave della camera. Una considerazione piuttosto limitata e strumentalizzata da chi, oggi, vuol fare proprio un mestiere che non gli appartiene, puntando sul fatto che, essendo il front desk informatizzato, si debba saper chiudere un conto, elaborare statistiche ed eventualmente avere la delega a condurre un hotel in assenza dei dirigenti.
Verissimo, ma dov’è la novità? Da sempre il concierge Chiavi d’oro dispensa informazioni ai suoi ospiti, utilizza il computer per compilare statistiche, per elaborare ordini di servizio; risponde alla corrispondenza specifica del suo reparto, utilizza l’informatica per prenotare e acquistare biglietti aerei on line, biglietti di teatro, di concerti ma non per questo il suo compito è cambiato! Anzi, si è solo intensificato, facendo di lui un sempre più valido professionista.
«…Siamo convinti che l’organizzazione e la settorizzazione dei servizi alberghieri sono destinate a subire profondi rinnovamenti – scriveva Vittorio Fusco in quel suo libro – ma nessuna innovazione operativa potrà mai mettere in discussione la figura e la funzione del portiere. È intorno al portiere d’albergo che è possibile trovare il giusto punto di raccordo fra tradizione e progresso. Un portiere d’albergo, professionalmente e culturalmente preparato, certo, meno legato all’empiria e più al marketing, ma la cui funzione non può essere certo snaturata, senza snaturare l’identità stessa dell’albergo».
A ribadire il concetto sono ancora le parole tratte dal libro di Fusco e pronunciate da Adolfo Lodigiani, famoso presidente Fipa che, tracciando il profilo del portiere d’albergo diceva: «…il portiere di oggi è quello di ieri, con una maggiore preparazione». E aggiungeva: «È possibile che il portiere – nell’economia gestionale – venga a estendere le sue funzioni. Ma potremo avere un portiere segretario, mai un segretario portiere. Intendo dire che il portiere sarà sempre in grado di estendere le proprie competenze ad altre mansioni, mentre gli addetti alle altre funzioni non potranno mai essere dei perfetti portieri».
Per questo motivo e per tutte le considerazioni fatte finora ritengo opportuno distinguere il professionista dal profano. Tutti hanno il diritto di esistere e di esercitare al meglio il proprio mestiere ma non di vestirsi con abiti altrui, giustificandosi con cambiamenti, innovazioni o quant’altro necessario a una propria visibilità.
Le Chiavi d’oro italiane sono un organismo serio e professionale che fa parte della Uich, l’Unione internazionale che raccoglie le Chiavi d’oro di tutto il mondo. In Italia a farne parte è la sola Uipa. l’Unione italiana dei portieri d’albergo alla quale sono iscritti i soli concierge che seguono le regole statutarie imposte dall’Internazionale e non coloro che questi dettami non hanno voluto seguire, intraprendendo una propria strada, che ben poco ha da condividere con quella maestra.
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