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Come ti ribalto la reputazione

La strategia di comunicazione che ha trasformato l'immagine della Costa Smeralda negli anni 1970

La strategia di comunicazione che ha trasformato l'immagine della Costa Smeralda negli anni 1970

Di Guido Bernardi, 4 Aprile 2013

Non era facile, a fine anni 1970, decidere che immagine dovesse avere la Costa Smeralda, la realizzazione turistica voluta dall’Aga Khan sulle coste della Gallura. L’immagine, infatti, era duplice e fuorviante: da un lato c’erano le riviste gossip, che la celebravano come il luogo dove si incontravano i vip, con party ai bordi delle piscine, yacht miliardari e champagne a fiumi; dall’altra la stampa regionale e quella nazionale erano particolarmente critiche sulla «colata di cemento», la «distruzione del patrimonio naturale» e, più o meno esplicitamente, sul jet set e sui suoi usi e costumi. A Porto Cervo non si davano pace per gli attacchi ricorrenti e non capivano perché la stampa e, di riflesso, l’opinione pubblica, non ne capissero la bellezza architettonica e lo sforzo per inserirsi nella natura e nel patrimonio storico-architettonico sardo.
Notai subito due o tre cose: i comunicati stampa concernevano tutti le regate, i tornei di golf, le feste…; i giornalisti invitati erano esclusivamente quelli delle riviste patinate. Notai, inoltre, che la stampa locale veniva costantemente ignorata e che, peggio ancora, non c’era alcuno scambio, nemmeno dietro loro richiesta.
Per fortuna il mio interlocutore di allora era Jerry Wilkinson: un irlandese semplice, concreto e avulso da stupidi snobismi. Dopo una serie di incontri e valutazioni, nonostante la contrarietà degli ambienti vicini all’Aga Khan, ma anche grazie alla sua comprensione, decidemmo di puntare su alcuni fatti che ritenevamo potessero correggere un’immagine eccessivamente glamour, snobistica e distorta.
Pensammo, in particolare, di puntare sul fatto che la Costa Smeralda era «l’investment» turistico che aveva lanciato il turismo in Sardegna e soprattutto nel nord dell’isola: terra bellissima, ma frequentata da Lord Cavendish e suoi Pari, che venivano ad ancorarsi nel golfo di Porto Cervo con i loro yacht, e dai pastori che venivano sulle rive, con le loro greggi, a offrire loro il pecorino. Ironia a parte, la Sardegna era, prima della Costa Smeralda, turisticamente ignorata.
Altro punto rilevante ritenevamo che fosse quello di far sapere che l’allora Alisarda aveva aperto l’isola al contatto e al turismo, non solo italiano ma internazionale. L’architettura della Costa Smeralda era poi di particolare pregio e qualità: ville, alberghi e installazioni erano disegnati dai più grandi architetti del mondo, per lo più minimalisti, e si rifacevano ai canoni dell’architettura isolana e mediterranea
La frequentazione non era poi follemente elitaria e cercavamo di far sapere che una vacanza in Costa Smeralda era accessibile alla media borghesia italiana, competitiva anche da un punto di vista costi, con una Forte dei Marmi o una Santa Margherita. Decidemmo inoltre di coinvolgere la stampa locale, importante in loco, ma anche perché molti dei giornalisti locali erano corrispondenti dei grandi giornali nazionali.
Dovevamo però dare dei contenuti concreti alle nostre idee. Che la Costa Smeralda fosse una leva per la partenza del turismo in Sardegna, e un moltiplicatore degli investimenti, era una nostra intuizione non suffragata da dati concreti.
Decidemmo, quindi, dopo molte azioni, di dare l’incarico per una ricerca sull’impatto dell’investimento sull’economia sarda a Roberto Camagni, docente dell’università Bocconi di Milano. Lo studio prodotto fu poi presentato, sia collettivamente sia individualmente, a tutta la stampa italiana; ebbe grande eco e contribuì non poco a cambiare l’immagine della Costa Smeralda.
Sul piano architettonico-ambientale invitammo quindi le più importanti testate del settore; facemmo visitare loro ville, alberghi, campi da golf e strutture varie; organizzammo incontri con architetti e tecnici locali.
Anche per il settore turistico adottammo un’analoga strategia: facemmo cioè verificare de visu ai giornalisti del settore l’accessibilità della Costa Smeralda. La parte glamour non venne cancellata ma ridimensionata e cercammo di dare più peso agli eventi sportivi che al coté mondano.
Cercammo poi di valorizzare anche settori quali la gastronomia, l’artigianato (che nella Cerasardo, azienda del gruppo, aveva un interprete di rilievo) e il marketing. Per quest’ultimo aspetto puntando soprattutto a comunicare quanto il gruppo faceva sul piano internazionale per far conoscere la Costa Smeralda e la Sardegna.
Naturalmente, per fare tutto questo, usammo tutte le armi della comunicazione: inviti, conferenze stampa, contatti ad hoc, interviste; con una cadenza costante e con grande attenzione La consulenza è durata 14 anni, fino al 1993 quando, con l’acquisto della maggioranza dell’allora Ciga da parte di Sheraton, mutò il quadro di riferimento. A distanza di tanti anni lo giudicherei un grande successo.
*Giornalista e comunicatore professionista, con un’esperienza quarantennale nel mondo del turismo e della finanza.

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