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Che fai, mi cacci?

Di Antonio Caneva, 21 Novembre 2013

Chi parla di turismo volendosi atteggiare, richiama talvolta, in maniera ormai insopportabile, brani del bel Viaggio in Italia, scritto da Goethe agli inizi del 1800.
Al di là di questo falso eruditismo, spesso frasi dette in particolari momenti restano nella storia e diventano dei tormentoni, dove, nella Treccani, tormentone ha il significato di «Tema, argomento riferito sempre allo stesso soggetto, spesso sintetizzato in una frase o in un’immagine efficace e incisiva, che viene continuamente riproposto».
Martin Luther King, ai tempi del segregazionismo, negli Stati del Sud, nel celebre discorso tenuto al Lincoln Memorial di Washington nell’anno 1963 affermava: «I have a dream…» (ho un sogno…); un sogno di vedere gli esseri umani uguali, a prescindere dal colore della pelle. Ciò che negli Stati Uniti, almeno a livello legislativo, è successo.
John Fitzgerald Kennedy, nella sua visita a Berlino, ai tempi della guerra fredda che vedeva la contrapposizione dei due blocchi, nel corso di uno storico discorso tenuto davanti a una enorme folla emozionata, diceva: «Ich bin ein Berliner» (sono un berlinese). A quei tempi ero in Germania e ricordo l’impatto che quel discorso ebbe sui tedeschi, rinnovando la speranza di rivedere la Germania unita; cosa che si è successivamente verificata.
«I have a dream» e «Ich bin ein Berliner» sono due frasi passate alla storia: frasi potenti che racchiudono concetti alti e che denotano il livello morale di chi le ha pronunciate.
Ognuno ha la propria dimensione, che dà un senso agli avvenimenti che si sviluppano in un determinato momento, in un certo luogo. Se noi dovessimo caratterizzarci da una frase tormentone, al momento dovremmo richiamarci al Fini che grida a Berlusconi: «Che fai, mi cacci?».
Non ci sono ulteriori commenti da fare; comunque, valutate voi.

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