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Cappuccino fra tradizione e futuro

È probabile che anche in Italia si affermerà lo stile take-away

È probabile che anche in Italia si affermerà lo stile take-away

Di Marco Bosco, 4 Maggio 2012

«Di base deve esserci un caffè espresso di qualità e macinato da poco. Bisogna, inoltre, utilizzare del latte intero, soprattutto fresco e non a lunga conservazione. Questi deve quindi essere montato in modo tale che assuma la consistenza di una crema priva di microbolle. La temperatura in tazza dovrebbe poi risultare intorno ai 50 gradi. Ognuno ha però le proprie preferenze e il barista deve essere sempre in grado di montare il latte a seconda delle esigenze del cliente. La capacità della tazza da cappuccino, infine, dovrebbe essere di circa 18 centilitri». Sono questi alcuni dei consigli che Luigi Lupi, barman, formatore dell’Associazione italiana barman e sostenitori (Aibes) ed esperto di latte art, la disciplina dei cosiddetti cappuccini decorati, ha dispensato in occasione di un duplice seminario recentemente organizzato a Perugia dalla società di consulenza Caffè River, in collaborazione con l’Università dei sapori e la Scuola italiana di gelateria, quale primo di una serie di incontri con i Maestri della caffetteria. E noi di Job in Tourism l’abbiamo incontrato per capire evoluzioni e nuove tendenze di questa bevanda simbolo del nostro paese.
Domanda. Per cominciare: come è cambiato il cappuccino nel tempo?
Risposta. Si è evoluto come tutte le bevande in genere: i clienti sempre più esigenti, i baristi sempre più attenti e consapevoli, nonché l’apertura di una miriade di caffetterie, con conseguente aumento della concorrenza, hanno contribuito, in questi ultimi anni, a rendere il cappuccino una tra le bevande più articolate e sofisticate del bar. Ormai, in tanti locali, si preparano con meravigliose decorazioni sulla superficie e vengono proposti con diversi tipi di caffè e di latte: da quello intero a quello parzialmente scremato, passando per il biologico e persino per quelli di capra o di soia, dedicati ai clienti intolleranti al latte vaccino.
D. Quali sono dunque i trend del momento e gli abbinamenti più richiesti nei bar italiani?
R. Oggi sta diventando di moda utilizzare e proporre, nello stesso locale, diverse tipologie di caffè: sia miscele, sia mono origine. È un modo per fidelizzare il cliente. Naturalmente, però, richiede esperienza e conoscenza dei prodotti da parte dell’operatore. Le nuove generazioni di consumatori, poi, si stanno avvicinando anche al bere miscelato nel settore della caffetteria: al mattino si cominciano così a vedere locali che offrono cocktail analcolici a base di caffè, latte, panna montata e sciroppi di ogni genere. La tradizione di fare colazione al mattino, con l’espresso o con il cappuccino, abbinati alla classica brioche, rimane comunque un’usanza ben radicata nel nostro paese. Difficilmente, in altre parole, vedremo nei locali italiani fare colazione con uova e pancetta affumicata, alla maniera degli anglosassoni.
D. Quali saranno, infine, le possibili evoluzioni future del cappuccino?
R. A mio parere potremo assistere soprattutto a dei cambiamenti nelle sue modalità di fruizione, che saranno un po’ influenzate, in particolare tra le nuove generazioni, dallo stile americano del take-away. I giovani, infatti, oggi viaggiano molto all’estero, per studio o per lavoro, e tornano con delle abitudini diverse da quelle nostrane. Il barista dovrà, perciò, sapersi adattare per mettersi in grado di venire incontro a queste nuove esigenze. In particolare, dovrà procurarsi dei contenitori da asporto, mentre il cappuccino tenderà ad assumere sempre più le sembianze di un caffè-latte. Aumenteranno tantissimo, inoltre, le temperature della bevanda, in modo da consentirle di rimanere calda per un periodo di tempo più lungo di quanto è necessario quando la si consuma direttamente al bar.

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