È una dinamica quasi a parti invertite rispetto al passato, consolidatasi dal post pandemia, che i recruiters conoscono bene – specie nell’ambito del turismo e dell’ospitalità: sono ormai quasi più i candidati a “scegliere” l’azienda per la quale lavorare piuttosto che il contrario. In un contesto nel quale, in maniera trasversale a tutti i settori economici, si fa fatica a trovare personale – e a trovarlo con profilo e competenze allineate a quanto richiesto dal mercato – spesso le aziende si trovano a giocare una vera e propria competizione tra di loro per accaparrarsi i candidati migliori. Cosa può fare la differenza? Nella parte iniziale del processo di selezione un elemento, spesso sottovalutato, è la trasparenza economica. Ovvero, la pubblicazione già nell’annuncio di lavoro della retribuzione prevista. Un aspetto che può incidere molto anche sulla retention.
L’importanza della trasparenza salariale
Lo sanno i recruiters e lo ha rilevato recentemente anche un’indagine di Indeed, che ha evidenziato come il 71% dei lavoratori interpellati sia più propenso a candidarsi per una posizione in un’azienda trasparente sui salari rispetto a una che non lo è. Questo desiderio di trasparenza non riguarda solo la ricerca di un nuovo impiego, ma anche l’attuale occupazione. Il 45% dei lavoratori italiani coinvolti – stima la ricerca – ritiene di essere pagato meno di quanto dovrebbe, con un 10% che crede che lo scarto sia significativo. Non sorprende che il 60% preferirebbe che ci fosse trasparenza rispetto agli stipendi anche da parte del proprio datore di lavoro. Questa tendenza si riflette anche nella disponibilità a parlare di retribuzione con i colleghi: circa la metà (48%) ha condiviso o sarebbe disposto a condividere informazioni sul proprio stipendio, una percentuale che sale al 53% tra i lavoratori con meno di 35 anni.
Un tabù tutto italiano
“Con il costo della vita che cresce e una percentuale importante di lavoratori italiani che ritiene di essere sottopagato – analizza Gianluca Bonacchi, Senior Talent Strategy Advisor di Indeed – si intravedono aperture rispetto al tradizionale riserbo sugli stipendi. Inizia a essere più comune parlarne e confrontarsi anche tra colleghi. Le aziende italiane, invece, sono ancora poco propense a rompere il tabù. Sono pochissime, ad esempio, sul nostro portale quelle che indicano i salari nei propri annunci di lavoro. Ciò è dovuto in parte a ragioni strutturali: in Italia abbiamo già i contratti nazionali che forniscono una solida griglia di riferimento. E in parte alla peculiare situazione del mercato del lavoro: nelle aree dove storicamente si sono registrati alti livelli di disoccupazione, sono più frequenti le dinamiche di negoziazione nelle trattative di assunzione.”
Perché pubblicare la retribuzione già nell’annuncio
L’Italia – ha rilevato il portale sulla base delle proprie statistiche interne a livello globale – è uno dei Paesi che a tutt’oggi registra i minori tassi di pubblicizzazione dei salari negli annunci (19,3% nel dicembre 2024, rispetto, ad esempio, al 50,7% in Francia e 69,7% in UK). Una situazione che trova conferma anche nelle risposte degli oltre 500 datori di lavoro partecipanti al sondaggio. Meno di 1 impresa su 2 (43%) dichiara di adottare una politica di trasparenza sulle retribuzioni. Sono ancora meno (40%) quelle che non hanno nulla in contrario se i propri dipendenti discutono apertamente dei loro salari.
La nuova normativa UE
“Non pubblicare i salari negli annunci o non rivelarli nelle prime fasi dei colloqui – sottolinea ancora Bonacchi – spesso allunga solo i processi e fa perdere in efficienza. La mancanza di trasparenza, inoltre, altera il clima aziendale e il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente, pregiudicando la possibilità di trattenere i talenti. Se ritengo di essere sottopagato, cercherò altrove. In un contesto di normative UE sulla trasparenza retributiva in arrivo, un approccio proattivo diventa fondamentale. Le aziende che iniziano ad adeguarsi fin da ora otterranno un vantaggio competitivo e una transizione più agevole quando le normative entreranno in vigore a giugno del prossimo anno“.
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