Per un incontro di lavoro con altre tre persone, ho pensato bene di scegliere un albergo comodo per tutti (vicino alla stazione) di una grande catena: 4 stelle, bella hall, comodi divani, tranquillo e buon servizio.
Buon servizio? Ci siamo seduti in un salottino nei pressi del bar, vicino a uno dei tavoli del ristorante (sì, open space, hall, bar e ristorante senza soluzione di continuità). I camerieri erano indaffarati con la mise en place per il pranzo: andavano e venivano, un tovagliolo qui, due bicchieri lì, operosi…
Dopo quasi un’ora mi sono alzato e, al banco del bar, ho ordinato quattro aperitivi. Ho pensato che, nei corsi di formazione, hanno insegnato a non disturbare gli ospiti chiedendo se volessero ordinare qualche cosa. Tantomeno, vista l’ora, di chiedere se potevano riservare un tavolo per un pranzo leggero e veloce. Nulla di tutto questo.
Mi è stato spiegato, dal gestore della ristorazione, che i salottini fanno parte della hall e quindi non si propone una consumazione agli ospiti seduti oltre confine (neanche la hall fosse il Messico e il bar gli Usa…). Siccome imparo in fretta, nonostante l’età, terminato l’incontro sono andato al bar, ho chiesto il conto e ho pagato: 44 euro. Per quattro aperitivi e una coppetta di patatine.
Il punto è: se ogni giorno si perde una consumazione così, alla fine dell’anno sono circa 16 mila euro di mancati ricavi. Se ogni giorno ne perdi due o tre…
Grande catena alberghiera, grande gestore della ristorazione: forse la formazione serve davvero. Prima ai manager, però.
Dennis Zambon è Responsabile Jit Hospitality: la divisione consulenza di Job in Tourism
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