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Separazione tra proprietà e gestione dell’impresa alberghiera: il management contract

Di Giorgio Bianchi, 21 Luglio 2006

«Separare la proprietà dalla gestione è una saggia iniziativa dal punto di vista finanziario, ma anche operativo», afferma Reto Wittwer, presidente e ceo di Kempinsky hotels e resorts nell’intervista apparsa sul numero 13 di Job in Tourism (pagina 3).
Partiamo da questa affermazione per introdurre un argomento di forte attualità nel settore turistico-alberghiero in questi ultimi anni: la separazione tra proprietà e gestione dell’impresa, in un’ottica di maggiore valorizzazione delle specifiche capacità manageriali. Ciò non vuole essere una presa di posizione a favore della divisione (e in Italia abbiamo troppi esempi positivi di proprietà e gestioni unite sotto un’unica società per confutare questa tesi), bensì un’analisi dei trend di mercato e degli aspetti positivi, ma anche negativi, di questa scelta.
Il mercato italiano è caratterizzato dalla presenza di piccole-medie strutture, spesso di proprietà degli stessi gestori, tipicamente a conduzione familiare. Nel caso di strutture alberghiere gestite da operatori diversi dal proprietario, vengono applicate tre diverse categorie di contratti: il contratto di locazione, il contratto di affitto (di ramo) d’azienda e il contratto di management. I primi due sono regolati dalla legislazione italiana, mentre il contratto di management, applicato e diffuso a livello internazionale e privilegiato dalle grandi catene alberghiere, è un contratto atipico.
In questo primo numero della nuova rubrica curata da R&D hospitality, società che si occupa di research & development nel settore turistico-alberghiero, ci concentreremo sul Management contract (Mc). Partiamo subito dal definire i termini e le condizioni principali che regolano questo contratto, che prevede il pagamento, da parte della proprietà all’operatore, di due diverse fee (base fee e incentive fee), in cambio della gestione e della commercializzazione dell’albergo in nome e per conto della proprietà.
I termini e le condizioni più importanti che regolano i Mc in Europa sono:
• Durata del contratto: da 6 a 20 anni per la maggior parte dei contratti
• Base fee: generalmente una percentuale fissa sui ricavi di gestioni (2-5%)
• Incentive fee: percentuale variabile (2-10%) sul gop
• Selezione e nomina del personale: l’operatore si impegna a selezionare e formare tutto il personale e, in nome e per conto della proprietà, assume, gestisce e licenzia tutte le risorse umane; per la nomina del direttore dell’hotel e del direttore finanziario, in genere è richiesta l’approvazione della proprietà.
• Manutenzione, arredi e corredi: la manutenzione ordinaria è un onere del gestore e i costi sono considerati operativi di gestione; quella straordinaria è a carico della proprietà. La proprietà deve destinare adeguate risorse finanziarie affinché l’operatore possa gestire l’hotel coerentemente ai propri standard di qualità. Generalmente i Mc prevedono un fondo riserva per il rimpiazzo di arredi e corredi. Tali contributi, nella maggior parte dei casi, corrispondono a una quota variabile tra l’1 e il 4% dei ricavi lordi di gestione, per i primi cinque anni.

Ora analizziamo i pro e i contro per gli investitori-proprietari a favore della separazione:

Pro:
• Valorizzazione degli investimenti immobiliari
• Gestione dell’attività alberghiera da parte di operatori specializzati e riconosciuti dal mercato
• Maggiore capacità di negoziazione dei contratti per la migliore conoscenza del mercato, leva su brand, know how e struttura commerciale dell’operatore
• Possibilità di sfruttamento delle economie di scala (utilizzo fornitori della catena)
• Controllo diretto del conto economico e di parte delle operations

Contro:
• Mantenimento degli standard degli operatori e investimenti per la manutenzione della struttura
• Condivisione del rischio operativo di gestione

g.bianchi@rdhospitality.it

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