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Raffinare la propria leadership

Come migliorare lo stile di comando e affrontare con successo le sfide del presente

Come migliorare lo stile di comando e affrontare con successo le sfide del presente

Di Marco Bosco, 18 Aprile 2013

«I migliori ceo con cui ho mai lavorato sono quelli che non smettono mai di imparare. L’unica cosa sicura di questi tempi, infatti, è che qualsiasi certezza di oggi non è più tale già domani». Stephen Miles è il fondatore e amministratore delegato dell’americano Miles Group. Definito da Bloomberg Businessweek, «astro nascente della consulenza executive», ha recentemente stilato un breve elenco di quattro step, utili a definire e a raffinare lo stile di leadership degli executive, per affrontare al meglio le sfide del presente e del futuro. Ogni punto, in particolare, è caratterizzato da una domanda su compiti, azioni e rapporti che i ceo si trovano quotidianamente ad affrontare in aziende di qualsiasi comparto e dimensione. Eccoli quindi in breve, con i relativi consigli per migliorare il proprio approccio a ciascuna questione.

1. Di solito, i vostri collaboratori, tendete più ad arruolarli o a precettarli? Il modello di leadership in stile comando e controllo ha una forza intrinseca straordinaria. È per questo motivo che i militari lo utilizzano da sempre. Si tratta infatti di un approccio in grado di garantire grandi risultati in momenti di elevato stress. Ma al di fuori di tali situazioni, sarebbe meglio che i leader riuscissero ad andare oltre questo modello, per provare ad arruolare, invece che a precettare, il proprio team: il coinvolgimento, ottenuto magari tramite una buona comunicazione e una sostanziale chiarezza delle strategie implementate, rappresenta, infatti, un efficace strumento di retention. Certo, la leva retributiva rimane pur sempre un fattore chiave, ma fare in modo che i propri collaboratori si sentano parte di una missione significa spesso garantirsi quell’extra-mile, quello sforzo ulteriore, necessario a raggiungere il traguardo.
 CONSIGLI
Connettete la strategia d’impresa con i compiti individuali: implementate un piano semplice, in grado di tradursi in qualcosa che ogni collaboratore possa comprendere e attuare quotidianamente.
Assumete appena possibile i «moltiplicatori di potenza», ossia i cosiddetti influencer formali e informali: con una metafora sportiva definibili come gli uomini da spogliatoio, sono persone in grado di trasmettere efficacemente il messaggio e la vision aziendale ai colleghi.
Assicuratevi di stare utilizzando tutti i canali di comunicazione disponibili: un approccio multicanale è assolutamente necessario per raggiungere i collaboratori di ogni generazione.

2. La vostra padronanza del ruolo vi sta conducendo verso una sorta di autocompiacimento? Un ceo che ha appena assunto il proprio incarico è generalmente una persona attiva, che fa molte domande, che controlla attentamente le informazioni, triangolandole tra di loro, e che cerca spesso l’opinione altrui: novità e cambiamento creano quasi sempre ambienti fertili per un veloce apprendimento. Con il tempo, tuttavia, ogni ceo acquisisce sempre più confidenza del proprio ruolo e così finisce spesso per dare molte cose per scontate e per sentire di meno la necessità di fare domande e verifiche. È il paradosso della padronanza del ruolo: un processo che aumenta performance e sicurezze individuali, ma che al contempo fa calare la tensione fino al punto in cui un imprevisto non rimette tutto in discussione.
 CONSIGLI
Assemblate una squadra poco confortevole: costruite attorno a voi un team di eccellenze e diversità, in grado di accendere il dibattito e di non adagiarsi mai in un atteggiamento conformista. Se necessario, in alcuni casi, assumete il ruolo dell’avvocato del diavolo.
Prestate attenzione ai contenuti: cercate sempre di andare a fondo delle questioni e non accontentatevi di ottenere solo delle semplici conferme alle vostre idee; continuate a triangolare i dati servendovi di fonti di informazione molteplici.

3. Quanto tollerate la mediocrità? È questa una patologia dilagante nelle imprese. Il motivo è semplice e risiede nella natura stessa di tale qualità, che per definizione rifugge dagli estremi ed è quindi facilmente tollerabile. Anzi, si tratta di un qualcosa persino difficile da individuare con precisione. Eliminare la mediocrità, in effetti, richiede un grande livello di coinvolgimento, di disciplina e di controllo, nonché una certa predisposizione alla tensione. Stabilire standard elevati, non solo per se stessi, ma per ogni singola persona con cui si ha un rapporto di lavoro diretto, è il primo step per provare ad affrontare efficacemente la questione. Gli executive, in particolare, spendono molta parte delle proprie ore lavorative in riunioni: fare quindi in modo che tali incontri siano altamente produttivi è una necessità assoluta. Ciò vuol dire, per esempio, non aver paura di interrompere un meeting se questo non è stato preparato adeguatamente.
 CONSIGLI
Stabilite aspettative elevate per ogni riunione: fate in modo che il materiale per ogni meeting sia preparato con cura, consegnato con un certo anticipo, nonché basato su dati reali e non su informazioni di tipo aneddotico.
Richiedete affidabilità durante e dopo le riunioni: rendete palese il fatto che ci si aspetti da ognuno un contributo reale alla discussione. Formate i vostri executive perché i loro interventi siano puntuali, in grado di aggiungere davvero qualcosa al dibattito e capaci di evitare le ripetizioni. Completate ogni meeting assegnando le responsabilità personali per ogni singola azione da intraprendere.

4. Siete in grado di distinguere le situazioni in cui è meglio essere dei comandanti sul campo da quelle, invece, in cui è preferibile assumere un atteggiamento da generale del Pentagono? Questi sono tempi che richiedono ai ceo la massima flessibilità: situazioni differenti impongono diversi stili di leadership. Il comandante sul campo, in particolare, è colui che è in grado di prendere decisioni veloci con informazioni imperfette e che utilizza un approccio diretto con un team ridotto di numero, ma estremamente concentrato su un determinato obiettivo. Il generale del Pentagono è, al contrario, colui che si occupa delle scelte strategiche di lungo periodo, spesso dal carattere irreversibile: investiga l’ambiguità, provando a tratteggiare dei piani in un contesto fluido, dove non esistono sempre delle risposte giuste o sbagliate in assoluto. Un approccio strategico, perciò, significa assumere prospettive più ampie possibile, utilizzando le persone attorno a sé come dei consiglieri e triangolando tutte le informazioni per cercare di avere un quadro completo della situazione. Il problema, però, è che molti ceo sono bravi in uno stile di leadership specifico, ma non sempre riescono a padroneggiare con competenza entrambi gli approcci.
 CONSIGLI
Individuate il vostro stile di comando: riflettere sul proprio modello di leadership può aiutare a capire la propria capacità di motivare le persone in contesti differenti e a individuare le situazioni in cui c’è spazio per dei miglioramenti
Provate a uscire dalla vostra zona di comfort, adottando un modello di leadership diverso dal vostro: una volta compreso il vostro stile di comando personale, cercate di identificare quali situazioni richiedano un approccio più tattico e quali un pensiero più strategico. Andate quindi con il manuale e applicate lo stile di leadership appropriato a ogni contesto.

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