Nel film The Sleepers c’è una scena, verso la fine, in cui alcuni amici che hanno vissuto esperienze terribili (un procuratore, due gangster, una assistente sociale e un giornalista), dopo varie vicissitudini si ritrovano per un’ultima cena, in allegria. Banale: quello del ritrovarsi al bar o al ristorante è una costante dello spettacolo, sia cinema o teatro; e allora perché ricordarlo? Perché, per qualche alchimia, in questa occasione la recitazione si fonde e trascina lo spettatore fuori dalla sua dimensione per consentirgli di condividere lo spazio di questa situazione. Brava la regia, eccezionali gli attori, buona la storia: un insieme di elementi che non possono essere separati gli uni dagli altri; è un fondersi di entità in cui contemporaneamente ognuno dà il meglio, in maniera non più singolarmente individuabile.
Così talvolta avviene anche negli alberghi; come nello spettacolo anche negli alberghi, per qualche fortunata circostanza, in qualche momento succede che si crei un amalgama di elementi per cui l’albergo diventa un luogo-non luogo: una direzione ispirata, una località d’eccellenza, un organico professionale e coinvolto, i tempi e le situazioni favorevoli; tutto questo e altro ancora contribuiscono a rendere la struttura uno «spettacolo» unico.
Sovente, tornando in un posto dove siamo stati molto bene, restiamo delusi; eppure la struttura è la stessa, come pure la località e la direzione; però, malgrado questo, non si è più a proprio agio come precedentemente. I momenti magici non sono ripetibili; avvengono e basta.
Io da giovane ho lavorato in molti alberghi, tra cui, se posso menzionarne uno, il Beau Rivage a Losanna. In quell’anno avvennero tante cose e il lago ne era partecipe: la delegazione algerina che trattava la pace con la Francia tutti i giorni lasciava l’albergo per attraversare il lago destinazione Evian, sede degli incontri; ma non c’era solo quello: era anche l’anno in cui, più semplicemente, il Bologna lottava con l’Inter per lo scudetto e in sala personale discutevano i bolognesi con i milanesi; era il tempo in cui il principe del Marocco veniva a Losanna per laurearsi o il Negus a contare i dollari depositati nelle banche. E il lago, brillante e vivo, l’albergo pieno di fiori, la gente che ci lavorava gentile e disponibile e queste storie pazzesche: come quelle del cliente che mandava i commissionieri dell’albergo a Parigi per prendere il tabacco.
È questo che talvolta rende prezioso il lavoro negli alberghi: avere la fortuna di essere partecipi di momenti unici, momenti di cui poi si porta con sé la memoria.
Quando l’albergo è come un film
Di Antonio Caneva, 28 Gennaio 2011
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