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Obiettivo Italia, non solo in cucina

Di Floriana Lipparini, 24 Giugno 2005

www.chateau-st-martin.com

Rispetto alla clientela, l’attenzione punta soprattutto sugli americani: torneranno o no? Philippe Perd dice che il ritorno c’è stato e anche notevole, Ma una preoccupazione resta: «E in Italia come vanno le cose, è vero che sono tornati anche lì?».
Un paese di rose, violette e rosmarino, attorniato da aranci e olivi: è lo splendido scenario in cui si erge Le Château du Domaine St. Martin a Vence. Un roccioso contrafforte, le vestigia di un’antica rocca, il fascino di una storia misteriosa legata ai Templari: da qui lo sguardo spazia sulle perle della Costa Azzurra, Cannes, Cap-Ferrat, fino al selvaggio Esterel dal mare color smeraldo.
Posizione invidiabile per un hotel di charme, come appunto si può definire Le Château de Domaine St. Martin, acquistato nel 1994 dal gruppo Oetker, proprietario anche dell’hotel du Cap Eden di Antibes, del Bristol di Parigi, del Brenner’s Park & spa di Baden-Baden e del Park hotel Viznau in Svizzera.
«Dal 1994 a oggi l’hotel è stato continuamente rinnovato per aumentarne la capacità di accoglienza e la qualità dei servizi», spiega il direttore generale Philippe Perd, giunto al Domaine St Martin nel 2001 dopo significative esperienze professionali nel food & beverage e nel management presso strutture di prestigio come il Connaught di Londra e il Crillon di Parigi. «Tutte le camere sono state ristrutturate, ed è stata costruita una nuova ala con altre 9 stanze. Le 42 junior suite sono state arredate con mobili stile Luigi XV e Luigi XVI, scegliendo stoffe intonate, dai colori freschi e delicati. Anche le sei bastide sulla collina sono state totalmente ristrutturate e offrono uno speciale confort: duecento metri quadrati su due livelli, sala da pranzo e bagni individuali per ogni camera, una bella terrazza panoramica con vista sul mare».
Entro il 2006 saranno pronte altre camere e soprattutto una spa, presenza ormai indispensabile negli hotel di alta gamma. La clientela della suggestiva location è per il 70% individuale e leisure, e per il restante 30 è costituita da gruppi e incentive che vi trovano due sale riunioni modulabili, battezzate Chagall e Matisse in omaggio ai due grandi artisti e al loro celebre “sentiero”, dotate di caminetto e patio e arredate con mobili d’epoca, quadri del Settecento, preziose boiserie. Tessuti e mobili di pregio caratterizzano anche l’elegante bar. Una piccola cappella privata attende i novelli sposi che decidono di scegliere il relais per romanticissime nozze.
Ma uno dei maggiori punti di forza del Domaine St. Martin è di sicuro la gastronomia, curata con particolare amore dal direttore Perd: «Diamo moltissima importanza alla cucina, che sempre più costituisce un motivo di attrazione nella scelta di un albergo. In Francia, tra l’altro, è abbastanza consueto mangiare in hotel, non c’è pregiudizio a questo proposito, anzi al contrario ci si aspetta grandi cose. Il nostro chef, Philippe Guerin, ha una storia di tutto rispetto, avendo sempre lavorato presso locali stellati Michelin con grandi maestri. Nella “Commanderie”, il nostro ristorante gastronomico stellato Michelin, propone una raffinata cucina mediterranea con tocchi d’ispirazione italiana. Il mercato italiano c’interessa molto, vorremmo espanderlo. Attualmente la maggior parte della nostra clientela, il 30%, proviene dalla Gran Bretagna, poi ci sono gli Stati Uniti al 22%, e l’Italia si attesta soltanto al 3,5%, un dato del 2004. A questo scopo abbiamo organizzato scambi e sinergie, ad esempio un gemellaggio con il Grand hotel Majestic di Pallanza, che è culminato con un pranzo a Pallanza in cui i rispettivi chef hanno dato prova della loro arte. E una settimana gastronomica che ha visto ospiti da noi gli chef del Sole di Ranco. Grandissimo successo».
L’Italia non è presente soltanto in cucina, ma anche fra i collaboratori che ogni anno il Domaine St. Martin ingaggia per la stagione. «Il Domaine è aperto dai primi di marzo a metà novembre. Abbiamo venti persone fisse, ma in alta stagione c’è bisogno di 105 collaboratori, quindi dobbiamo ogni anno assumerne circa ottanta. Gli italiani li destiniamo soprattutto al servizio di sala, quest’anno però abbiamo avuto due italiane anche nel servizio ai piani».

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