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Motivare i talenti… e non solo

Le aziende sono pur sempre fatte dalle persone che vi operano

Le aziende sono pur sempre fatte dalle persone che vi operano

Di Sergio Zanetta, 29 Giugno 2012

Da anni, in tutti i settori, e in ogni tipologia di business, si affrontano i temi dei talenti e dell’attenzione che viene loro dedicata: come attrarli, motivarli, incentivarli, trattenerli? Perché un talento (ma siamo sicuri che sia tale? E se non è nella nostra azienda, come possiamo sapere che lo è veramente?) dovrebbe essere attratto dalla proposta di assunzione di questa, piuttosto che di quella azienda? Tralasciando le motivazioni più comuni e frequenti (migliore pacchetto retributivo, inquadramento contrattuale superiore, immagine aziendale, solidità e dimensioni), sono certamente altre le variabili che possono far leva sui talenti: la possibilità, innanzitutto, di una maggiore autonomia sia operativa sia decisionale; ma anche l’opportunità di gestire risorse nel senso più ampio del termine, incluse quelle umane; un contesto aziendale che favorisca e promuova, riconoscendole, iniziativa e proattività; un ambiente strutturato e ben organizzato, con ruoli e responsabilità chiare e ben definite; la possibilità, infine, di essere misurati a fronte di progetti e obiettivi specifici e sfidanti.
Motivare i talenti, in effetti, non è per nulla semplice: prima di tutto vanno infatti compresi quali sono gli elementi che possono incentivarli. Serve, in altre parole, un percorso di assessment, in grado di sottolineare i punti che ogni soggetto sottoposto a tale intervento considera importanti: un certo numero di questi fattori motivazionali, peraltro, saranno comuni a molti individui; altri saranno invece personali, ossia legati a ciascun soggetto, con le sue istanze, pulsioni, aspirazioni.
È però facendo leva proprio su questi ultimi, tagliando cioè sartorialmente le tipologie di intervento da destinare a ciascuno, che si possono predisporre iniziative capaci di tenere conto dei singoli desiderata. Una strategia impegnativa ma possibile, in quanto il numero di talenti presenti in un’organizzazione d’impresa è di solito orientativamente compreso, e qui deve essere limitato, fra il 5% e il 7% dell’intera popolazione aziendale.
Fermo così restando che l’incentivo economico non è mai disprezzato (possibilmente da legarsi al reale raggiungimento di obiettivi difficili ma possibili, o al completamento di progetti importanti per l’azienda), si possono quindi strutturare iniziative diverse: la fruizione, per esempio, di tempo da dedicare allo studio; i periodi, ove possibile, di incarico all’estero o in altre strutture aziendali; la massima flessibilità nel fornire la prestazione lavorativa (anche con periodi di home based work); la messa a disposizione, oltre che di tutti gli strumenti formativi dell’impresa, anche di interventi di coaching mirati verso quelle aree che il percorso di assessment ha evidenziato quali suscettibili di elevate potenzialità di miglioramento; la partecipazione, inoltre, a comitati di direzione come invitati ascoltatori; la puntuale e corretta informazione, infine, sul business aziendale e sul suo andamento.
Un altro ottimo strumento è poi quello di definire percorsi di sviluppo carriera con verifiche e timing ben definiti, nonché ritmi di crescita proporzionali alla consistenza delle proprie performance. Ma a fare la vera differenza sono soprattutto le condizioni interne dell’azienda: la sua atmosfera, i suoi valori e la loro condivisione, il management e i colleghi, la presenza, infine, di un ambiente che contribuisca a far emergere iniziative e idee, che sia accogliente (anche dal punto di vista fisico ed estetico), confortevole e organizzativamente intelligente.
In conclusione, merita un accenno pure il noto tema della guerra dei talenti: argomento ormai ampiamente trattato e discusso, che va tuttavia affrontato con sano realismo. Si possono, infatti, certo investire tempo, risorse e mezzi, per mantenere motivate le risorse dal maggior potenziale in azienda, così come per monitorare il loro status, cercando di anticipare possibili elementi che possano spingerle in direzione delle sirene del mercato: perdere risorse, specie se talentuose e a cui si sono dedicate attenzioni, non è infatti affatto positivo. Ma è pur sempre parte della vita di ogni azienda; e se da un lato ciò crea un vuoto, offre d’altro canto anche la possibilità di far entrare nuove risorse, in grado di portare contributi esterni, provenienti da realtà altre rispetto alla propria azienda.
Questo, almeno, vale per i cosiddetti talenti. E per il resto della popolazione di un’impresa, invece? Concentrandosi sulla componente aziendale dei migliori, che per evidenza statistica deve essere molto limitata, viene spesso dedicata minore attenzione agli altri dipendenti, non identificati come talentuosi, ma che tuttavia costituiscono la struttura portante di ogni organizzazione.
In questo caso servono allora compiti ben definiti, chiarezza nello svolgimento del proprio lavoro, un ambiente sereno, relazioni positive, correttezza di inquadramenti e retribuzioni adeguate. A ciò vanno quindi aggiunti elementi di welfare aziendale, che consentano un giusto work-life balance, la presenza di una valutazione periodica delle prestazioni e buoni programmi di formazione. Tali sono, in sintesi, i punti, peraltro noti e augurabilmente condivisi e applicati, costituenti una buona base per il mantenimento di un contesto di lavoro positivo e, perché no, anche piacevole. Le aziende, come noto, le fanno infatti le persone che vi operano: se ciò è vero, è perciò solo sulle persone che bisogna intervenire e lavorare, cercando di incentivarne il senso di appartenenza e l’orgoglio di far parte di una certa organizzazione.

Chi è Sergio Zanetta
Laurea in scienze politiche, Sergio Zanetta vanta un’esperienza ormai quindicennale nell’area risorse umane (Dow Chemical, SmithKline Beecham, Citibank, Canon). Dal 1990, in particolare, è consulente di ricerca, selezione e organizzazione nei settori del turismo, fashion, farmaceutico e bancario, e ha collaborato con alcune delle più importanti realtà dei rispettivi settori a livello mondiale. Attualmente è partner e membro del board di Proper Transearch, società di ricerca di personale con oltre 50 uffici a livello globale.

sergio.zanetta@transearch.it

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