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L´arancione che dona al turismo

I numeri delle località inserite nel brand Touring dedicato ai comuni dell'entroterra italiano

I numeri delle località inserite nel brand Touring dedicato ai comuni dell'entroterra italiano

Di Marco Bosco, 9 Aprile 2015

Cultura, mare, natura, lifestyle, enogastronomia di eccellenza… Sono tanti i punti di forza della destinazione Italia nel mondo. Ma altrettanti sono anche i punti deboli della nostra proposta: incapacità di fare sistema, scarsa considerazione del turismo quale leva di sviluppo economico, frammentazione dell’offerta e via così discorrendo in un elenco già sentito troppe volte. D’altronde, mala-gestioni e inettitudini a parte, di cui purtroppo la nostra Penisola non è affatto avara, a volte non è per nulla facile risolvere criticità strutturali direttamente connesse con certe peculiarità tutte italiane. A cominciare dall’evidente paradosso per cui una caratteristica affatto marginale della nostra destinazione rappresenta al contempo un nostro ineguagliabile punto di forza e un limite non facilmente valicabile. Stiamo parlando di quella straordinaria ricchezza storico-ambientale-culturale diffusa, che fa della Penisola il paese dei mille campanili, delle bellezze nascoste dietro a ogni curva, poggio o insenatura dello Stivale: un patrimonio infinito che rende unica la nostra proposta, ma che al contempo sminuzza l’immagine italiana in troppi frammenti difficili da promuovere in una visione coerente e sistemica.
Ecco quindi l’importanza di iniziative come le Bandiere arancioni del Touring Club Italiano (Tci), che provano a ridurre all’immagine di un brand unitario i mille rivoli dell’offerta “minore” «ma non marginale» della Penisola. Attivo dal 1991, il marchio racchiude oggi 209 «località dell’entroterra italiano con meno di 15 mila abitanti», in grado di offrire «un patrimonio storico, culturale e ambientale di pregio», unito a «un’accoglienza di qualità», che tuteli «il territorio» e persegua «uno sviluppo turistico sostenibile». Ma al di là delle definizioni istituzionali, parole vuote finché prive di reali contenuti, più interessanti appaiono i numeri che descrivono la qualità delle politiche turistiche e di sviluppo del territorio, il grado di innovazione e l’intensità del rapporto pubblico-privato-terzo settore caratteristico dei comuni Bandiera arancione: in tali località, rivela infatti il Tci, gli arrivi in questi anni sarebbero aumentati in media del 43%, mentre le presenze sarebbero salite del 35%.
Soprattutto, però, la presenza di tale brand contrasterebbe grandemente il fenomeno dello spopolamento spesso associato alle aree interne della nostra Penisola. Rispetto al 1991, infatti, nei borghi arancioni si registrerebbe un incremento dell’8% di residenti (contro il 6,8% a livello nazionale). Un trend ascendente ragionevolmente favorito anche da uno sviluppo turistico affatto indifferente, visto che nelle località griffate dal brand Tci sarebbero presenti sette strutture ricettive e 6,7 ristoranti ogni mille abitanti, contro una media nazionale pari rispettivamente 2,5 e 5,7. A livello di offerta, infine, la proposta dei comuni arancioni si porrebbe al di sopra della media in termini sia culturali sia naturalistici ed enogastronomici: le Bandiere da una parte conterebbero infatti sulla presenza di 1,5 musei per località (un dato pari a quasi cinque volte quello riscontrabile in qualsiasi piccolo comune dell’entroterra e a più del doppio rispetto alla media italiana dello 0,6), mentre da un altro canto il 40% delle località arancioni sarebbe situato in un’area naturalistica protetta e più del 70% vanterebbe prodotti agroalimentari ed enologici tutelati e certificati, con un paniere di oltre 400 articoli tra dop, igp, doc, docg, igt, prodotti agroalimentari tradizionali e marchi collettivi.

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