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Golf e turismo, binomio in crescita

Di Antonio Rana, 3 Febbraio 2006

La pratica del golf è al primo posto tra le discipline emergenti in Italia. È stato provato che l’apertura di un campo da golf genera significativi flussi turistici accrescendo l’attrattività della zona in cui è ubicato. Purtroppo, il golf in Italia è ancora un’attività di nicchia.. Il perché di questo ritardo dipende dal fatto che non esistono località turistiche specificamente attrezzate, in grado di soddisfare pienamente le esigenze del turista golfista. Vi sono campi da golf insediati in località che non hanno caratteristiche turistiche rispondenti alle richieste del mercato, così come vi sono regioni con caratteristiche turistiche di prestigio, come la Sardegna, che non hanno insediamenti golfistici degni di questo nome. Lo sfruttamento del binomio golf e turismo deve diventare un elemento importante della strategia di sviluppo, sfruttando la collaborazione di esperti del settore.
In totale, in Italia si contano poco meno di 77mila golfisti. Rispetto al 2003 si registra un aumento del 6,4%. Il 48% dei praticanti risiede nelle regioni nord occidentali, e una quota pressoché simile è concentrata fra il Nord Est e le regioni del centro. È poco significativa la percentuale dei golfisti residenti nelle regioni meridionali, intorno al 3,5%. Se si analizza la ripartizione dei praticanti per sesso e categoria, si può osservare che il 73% dei golfisti è di sesso maschile.
Il maggior numero di praticanti per struttura è ubicato nel Lazio, in Lombardia e in Liguria. Un segmento di particolare interesse nella pratica del golf è quello degli juniores, il 15% circa dei praticanti italiani, concentrati soprattutto nelle regioni del Nord-Est. In totale, sono poco più di 12mila, prevalentemente di sesso maschile. Ma è la componente femminile a far registrare la crescita più consistente, visto che gli iuniores maschi aumentano del 9,6%, mentre le femmine aumentano di oltre il 22.
Rispetto al 2003 si assiste a un aumento del numero dei campi del 2,2%, a fronte di un incremento dei soci del 7,2%. La quota associativa media è di 1.090 euro per campo, aumentata del 2,4% rispetto al 2003. Il ricavo medio per socio aumenta invece del 2,2% e ammonta a circa 1.600 euro. Ciò significa che fra il 2003 e il 2004 le strutture dei campi da golf hanno dovuto sacrificare qualche margine per accrescere il numero degli iscritti.
Fino agli anni ’90, un certo numero di soci acquistavano quote di una società commerciale che non gestiva direttamente il campo, ma lo faceva gestire tramite un’associazione sportiva, che pagava un affitto fittizio alla società commerciale. La formula è cambiata quando il settore ha iniziato ad avere una formula più imprenditoriale. C’è una impresa individuale che realizza il campo investendo denaro e gestendo la società commerciale. Anche in questo caso viene costituita un’associazione sportiva, che però non gestisce nulla.
Per un Golf Club il raggiungimento della copertura dei costi di gestione deve avvenire attraverso le quote di iscrizione corrisposte annualmente dalla compagine sociale, mentre il conseguimento degli utili deve essere assicurato dalle opportunità commerciali sulla clientela turistica, l’organizzazione di eventi, le sponsorizzazioni, la pubblicità e altri veicoli e mezzi promozionali. L’efficacia della politica di marketing e commerciale deve essere perciò mirata a due obiettivi: la ricerca soci fino al raggiungimento del numero ottimale previsto e il posizionamento del club nei mercati di riferimento al fine di avviare attività in grado di assicurare adeguati livelli di redditività.
A ogni modo, i dati sulle strutture di golf esistenti in Italia divergono secondo la fonte di riferimento e ciò spiega quanto sia difficile dare una valutazione del valore della domanda italiana. L’analisi dell’offerta mette in luce che fra il 2003 e il 2004 in Italia il numero dei campi da golf sale da 312 a 328, ovvero 16 strutture in più. Questo risultato dipende dall’apertura di 18 campi da golf, rispettivamente in Valle d’Aosta (1), Piemonte (2), Lombardia (2), Liguria (2), Emilia-Romagna (2), Toscana (3), Umbria (1), Abruzzi (1), Sicilia (1) e Sardegna (2), nonché dalla chiusura di 2, rispettivamente in Lazio e nel Trentino Alto Adige.
Se si considera che un campo da golf con 18 buche può ospitare al massimo 65-70mila giri all’anno, la struttura viene normalmente ritenuta “satura” quando raggiunge i 40-50mila giri all’anno. Con un normale bacino di giocatori “esterni” un campo da golf raggiunge la massima capienza con una base sociale di 500 giocatori. Grazie a un’efficace azione promozionale e di comunicazione, la media nazionale attuale si aggira intorno a 335 giocatori per campo. Tali indicatori lasciano pronosticare che nel settore del golf esistono ancora spazi di crescita.
Un’altra strategia che le strutture hanno perseguito è la riduzione della dimensione del campo, per ragioni di economicità nella gestione dei costi e delle strutture. Fra le altre opportunità che gli operatori del settore stanno attuando c’è anche l’integrazione con altri servizi dell’industria turistica, come la realizzazione di strutture alberghiere e resort nei pressi dei campi da golf, in modo da abbinare l’offerta di vacanza e relax. È anche comune il fenomeno contrario, ovvero la creazione di campi da golf nei pressi di hotel che possiedono superfici adeguate per ampliarsi.
Le opportunità di sviluppo di un circolo da golf sono maggiori se gli imprenditori riescono a coordinare la loro attività con le amministrazioni locali e/o puntano a creare consorzi di club al fine di promuovere in modo più opportuno la loro attività. In pratica, la gestione del campo da golf deve avere sempre più forma imprenditiva e manageriale. L’iniziativa deve essere vista come un’attività da gestire per generare profitto a medio e lungo termine. Sulle opportunità di crescita di questa pratica sportiva vi è la rinomanza dei campionati e dei personaggi che ruotano intorno a tali eventi. Talvolta, si punta ad elevare la notorietà di un campo anche con i nomi dei progettisti e soci.
In definitiva, un circolo da golf deve garantire un mix di offerta in grado di equilibrare il rapporto qualità/servizio/prezzo. A fronte di tali opportunità, le minacce o le debolezze che caratterizzano ancora il settore del golf sono il posizionamento della pratica come sport d’élite, lo scarso livello di imprenditività, l’ancora basso livello di promozione pubblicitaria e, in alcune aree, l’inadeguatezza dell’offerta alle potenzialità della domanda. Un altro fattore strutturale che blocca lo sviluppo del settore è la lentezza dei tempi e dei costi di progettazione e realizzazione. In media, i tempi di realizzazione di un campo da golf variano fra i 4 e i 5 anni. Sono inoltre elevati i costi di gestione e manutenzione delle strutture e la bassa marginalità generata dai ricavi. Hanno un certo rilievo le condizioni del sistema dell’offerta, talvolta troppo frastagliato sul territorio. In alcuni casi, i campi da golf non pubblicano cartine o percorsi per reperire e raggiungere le strutture. E questo la dice lunga sul cammino che il settore del golf deve intraprendere per trasformarsi in un’attività imprenditoriale.

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