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Gestire il contenzioso pretestuoso

Ogni problema dovrebbe essere risolto durante il soggiorno

Ogni problema dovrebbe essere risolto durante il soggiorno

Di Emanuele Simonini, 30 Luglio 2010

Mi si passi una pedestre metafora che purtroppo rispecchia abbastanza fedelmente la realtà: capita sempre più spesso di trovarsi tra le mani atti di citazione scritti con i piedi. La ragione di questo decadimento nella qualità degli scritti di certi avversari che ci troviamo a dover affrontare è presto detta: nel contenzioso riguardante il nostro settore abbiamo, infatti, notato un fenomeno che purtroppo non si può più qualificare come singolare, quello del «viaggiatore fotografo pretestuoso».
Per talento, o adeguatamente istruito da amici, parenti avvocati o da alcune sedicenti associazioni di consumatori, il «viaggiatore fotografo pretestuoso», dotato di macchinetta fotografica e videocamera digitale (ma basta anche un semplice telefonino), si aggira per le strutture, documentando gli angoli più reconditi del complesso, per poi reclamare, spesso pretestuosamente e con l’obiettivo di recuperare una parte della somma versata per il soggiorno o addirittura guadagnarci, un indennizzo per provocato danno da vacanza rovinata.
Il fenomeno è reso ancor più evidente dall’emergere di siti aperti da sedicenti studi legali, specializzati nel recupero delle spese sostenute e millantanti la possibilità di facili risarcimenti. La promessa, in questi casi, è spesso la stessa: il recupero di quanto pagato, senza sostenere spese legali. Ci è stato addirittura riferito di agenzie che vendono pacchetti turistici comprensivi di servizio legale, per un’offerta che al consumatore suona più o meno così: «Compra la vacanza e il servizio di assistenza legale: recupererai senz’altro qualcosa». Decisamente si sente odor di bruciato; per non dire di… truffa?
Ma che cosa possono fare gli albergatori e gli operatori turistici per contrastare questa brutta tendenza, che comunque può provocare fastidi e perdite di tempo inutili? Prima di tutto occorre essere assolutamente sicuri di quello che si vende, coscienti che è sempre possibile avere qualche pecca e che ogni eventuale problema dovrebbe essere risolto, compatibilmente con le possibilità umane, in loco, direttamente durante il soggiorno.
Poi, forse, suggerirei una piccola provocazione: perché non comportarsi come i colleghi spagnoli ed esporre un «hoja de reclamaciones», cioè un «foglio dei reclami», su cui il cliente possa scrivere ogni volta abbia qualcosa da ridire? In questo modo, chiunque volesse in seguito protestare, sarebbe costretto a dimostrare di aver già segnalato effettivamente il problema in loco. E non gli basterebbe più riportare quella generica segnalazione fatta a quel signore alto e moro della reception, poi ribadita in una lettera raccomandata, mandata solo a soggiorno ultimato, in cui si chiede l’indennizzo per danni vagamente individuati e documentati in foto o in riprese effettuate con le strumentazioni sopra indicate, ormai nelle mani di tutti.
Un altro consiglio pratico (e speriamo utile) è quello di avere a disposizione, o di essere sempre in grado di dotarsi, dei mezzi di controprova: testimoni effettivamente informati dei fatti, planimetrie, foto e filmati con tanto di data e ora, in modo da documentare sempre l’accettazione della sistemazione nello stato di fatto in cui il cliente l’ha effettivamente trovata.
C’è, infatti, di che essere preoccupati dal fenomeno, in diffusione a velocità sempre più elevata: ci sono clienti che vanno in vacanza, sembrano tranquillissimi, non si lamentano di nulla e a volte fanno anche i complimenti al personale al termine del soggiorno. Salvo poi far pervenire la temuta raccomandata con richiesta di risarcimento danni (ovviamente sempre anche morali) o, nei peggiori dei casi, con la notifica diretta dell’atto di citazione innanzi al giudice di pace. Il tutto con le note conseguenze del caso.

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Emanuele Simonini è Consulente Gesticlaim

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