Non piacciono agli albergatori le novità sulle concessioni balneari approvate nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. Dopo anni di richiami da parte dell’Unione Europea per la mancata messa a gara, tentativi di riforma e rinvii, il Governo ha deciso per un ulteriore proroga delle attuali concessioni fino a settembre 2027, con l’obbligo di messa a gara entro giungo dello stesso anno, stabilendo anche le norme per gli indennizzi ai vecchi concessionari e l’obbligo di assunzione dei lavoratori impiegati. Un piano che ha sollevato le critiche di concessionari e associazioni dei consumatori, ma anche degli albergatori.
Perché gli albergatori dicono no alla riforma
Il punto sono le caratteristiche particolari degli stabilimenti balneari collegati alle strutture ricettive che – sottolineano Federalberghi e Faita Federcamping – “reclamano un’attenzione specifica. La concessione – spiegano gli albergatori – costituisce infatti parte essenziale e determinante dell’offerta erogata da quelle imprese turistico-ricettive che mettono a disposizione degli ospiti in un unico pacchetto i servizi ricettivi e la spiaggia attrezzata. L’integrazione è tale che gli ospiti non utilizzerebbero i servizi ricettivi se non fossero disponibili anche i servizi di spiaggia. Pertanto, se tali imprese venissero private della concessione subirebbero una mutilazione doppia, che non potrebbe essere compensata dall’assegnazione di una nuova area in altra posizione, magari distante dalla struttura ricettiva”.
È a fronte di queste specificità che – rilevano gli albergatori – “l’estensione fino al settembre 2027 della validità delle attuali concessioni demaniali, pur essendo apprezzabile poiché apre una finestra temporale utilizzabile per ricercare le soluzioni più opportune, non è di per sé sufficiente a risolvere i problemi sul tappeto”.
Da qui la richiesta degli albergatori perché, in fase di passaggio parlamentare, la riforma preveda delle “misure ad hoc per le strutture turistico ricettive, come già fatto dal legislatore greco, nel pieno rispetto del diritto dell’Unione Europea”.
Comments are closed