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Airbnb, al Fisco 576 mln: accordo sulla cedolare secca

Dopo il maxi sequestro preventivo dello scorso novembre, il colosso degli affitti brevi e l'Agenzia delle Entrate hanno trovato un accordo sul mancato versamento delle cedolare secca tra il 2017 e il 2021

Dopo il maxi sequestro preventivo dello scorso novembre, il colosso degli affitti brevi e l'Agenzia delle Ent

Di Job in Tourism, 13 Dicembre 2023

Accordo trovato: Airbnb verserà all’Agenzia delle Entrate 576 milioni di euro in relazione alla ritenuta sui redditi degli host non professionali derivanti da locazioni brevi (la cosiddetta “cedolare secca”) in relazione agli anni fiscali dal 2017 al 2021.

Nello specifico, 353 milioni saranno versati per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni amministrative per le violazioni commesse e 49 milioni di interessi. L’importo è stato determinato in seguito alla ricostruzione della base imponibile su cui la società avrebbe dovuto applicare la ritenuta del 21%, come previsto dalla legge.

L’accordo

A poco più di un mese dalla notizia del maxi sequestro preventivo di oltre 779 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza sulla base di un’indagine della Procura di Milano relativa proprio al mancato versamento della cedolare secca, è arrivato dunque l’accordo, rispetto al quale – fa sapere Airbnb – la società “non cercherà di recuperare dagli host le ritenute fiscali per questo periodo. L’Italia è un mercato importante per Airbnb. L’accordo di oggi – sottolinea la piattaforma – significa che possiamo concentrarci nella continuazione della nostra collaborazione con le autorità italiane in materia di tasse, regole per le locazioni brevi e turismo sostenibile, a vantaggio degli host e degli ospiti. Stiamo anche proseguendo il confronto costruttivo con le autorità per quanto riguarda il periodo 2022-2023″.

Qualche dato italiano

Nel comunicare la notizia dell’accordo con il Fisco, Airbnb ha diffuso qualche dato sulla propria attività in Italia: “Ci sono migliaia di host in Italia. Oltre tre quarti di loro – scrive Airbnb in una nota – hanno solamente un annuncio; l’host tipico ha guadagnato l’anno scorso poco più di 3.500 euro. Circa due terzi (59%) ha dichiarato che i proventi realizzati ospitando consente loro di arrivare a fine mese. Il 15% afferma di lavorare nella sanità, l’educazione o la pubblica amministrazione. La gran parte degli host su Airbnb in Italia sono persone comuni che si affidano alla piattaforma per integrare il proprio reddito familiare. Auspichiamo – conclude la piattaforma – che l’accordo con l’Agenzia delle Entrate e le recenti novità normative possano fare chiarezza sulle regole riguardo gli affitti brevi per gli anni a venire”.

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