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La sfida del Grand Hotel et de Milan, rinnovarsi senza perdere l’essenza storica

Tradizione e discrezione è ciò che cercano gli ospiti, oggi come ieri, ma il gm Andrea Piantanida racconta anche i nuovi investimenti sulla guest experience

Tradizione e discrezione è ciò che cercano gli ospiti, oggi come ieri, ma il gm Andrea Piantanida racconta

Di Mariangela Traficante, 23 Novembre 2021

Più che (solo) uno storico hotel di lusso, il Grand Hotel et de Milan è un simbolo meneghino. Tutti lo associano a Giuseppe Verdi, che qui visse gli ultimi venti anni della sua vita, e tutti ricordano il famoso aneddoto ormai entrato nella leggenda secondo cui la strada venne ricoperta di paglia per non disturbare il maestro molto malato al passaggio delle carrozze. Ma nel corso della sua lunga storia – è stato inaugurato nel 1863 – sono tante le personalità e le storie passate di qui, ed ancora oggi è un indirizzo prediletto dalle celebrità di cultura, spettacolo, moda, e business, specie da quelle in cerca di discrezione. Al tempo stesso però un hotel di questo genere, ospitato in un antico palazzo nobiliare nel cuore della città, deve sapersi rinnovare per essere al passo con i tempi, senza perdere la propria identità, come ha fatto da pochi mesi riaprendo le proprie porte. Il rinnovamento affidato a Dimore Studio di Milano ha regalato ai diversi ambienti un’aria contemporanea mantenendone però l’allure, con un intervento che si è focalizzato sui tessuti, tappeti, colori e decori. Le camere rinnovate sono state divise in cinque categorie secondo la tonalità cromatica alla quale appartengono: rosso amarena, senape, melanzana, carta da zucchero e cacao. In ogni camera si inserisce poi il proprio arredo, stile e riferimento epocale.
Nel progetto si è lavorato per far mantenere agli oggetti la preziosa patina conquistata con il passare degli anni ridando vita al tempo stesso ai tanti pezzi d’epoca e riferimenti storici che sono la ricchezza del Grand Hotel et de Milan. Una sfida difficile di cui abbiamo parlato con il general manager Andrea Piantanida.

Domanda. Quali sono stati gli interventi più importanti e quali i punti chiave del rinnovamento?
Risposta. “L’intervento più importante è stato il rinnovo delle facciate, per riportare alla luce lo splendore del colore originale e valorizzare ulteriormente gli elementi come capitelli, fregi, finestre e balconi grazie a un’illuminazione rinnovata. Abbiamo approfittato della chiusura per riportare lo splendore storico della struttura. Già nel 2019 avevamo affidato un primo intervento a Dimore Studio per rinnovare gli interior e gli arredi delle aree pubbliche e del Gerry’s Bar, ora ci siamo concentrati sulle moquette, che erano comunque prestigiose ma abbiamo deciso di sostituire il color verdone con passatoia di color cipria scuro.
Diciamo che gli interventi hanno riguardato anche i sistemi di sicurezza e di elettricità, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente il comfort dei nostri ospiti anche nelle camere”.

D. Sono previsti ulteriori lavori?
R. “Non si tratta di un processo arrivato alla fine, continua infatti il nostro desiderio di rinnovare e abbiamo in preventivo altri interventi, concentrati soprattutto sulla qualità del sonno e sulla tecnologia in merito alla guest experience. Sarà questa la nostra road map dei prossimi anni, abbiamo bisogno di poter proporre un’offerta che sia al passo con i tempi e con i nuovi competitor che arrivano. Quando viaggia, l’ospite di lusso vuole avere gli stessi comfort che a casa, sia sul fronte del benessere, e qui entra in gioco garantire un’ottima qualità del sonno, sia della connettività, per esempio permettendogli di utilizzare tutti i propri device proprio come nella vita di tutti i giorni ”.

D. Come lavora un hotel di lusso con una storia importante come la vostra per conservare questa eredità storica e valorizzarla, rimanendo al tempo stesso al passo con i tempi e con la concorrenza delle nuove aperture contemporanee del lusso?
R. “Non li definirei propriamente competitor. È vero, per esempio, che nel raggio di un km qui intorno si contano sette hotel a 5 stelle lusso, ma sono tutti ‘moderni’ rispetto a noi, che con la nostra storicità riusciamo più facilmente a rimanere attuali. Siamo come il vino, miglioriamo con gli anni. Le nuove aperture avranno certamente la forza del loro brand, noi però abbiamo quella della nostra storia, possiamo dire di avere dalla nostra parte 150 anni di tempo, è quello che ci contraddistingue. Rispondiamo dunque con la nostra identità. Ad oggi il Grand Hotel et de Milan è l’unico che preserva la sua storicità che ne è parte integrante ed è anche quello che apprezzano gli ospiti. Innovarsi dunque non può significare passare a un design moderno, quanto piuttosto lavorare sul servizio che offriamo ai clienti, con tutti i comfort richiesti oggi. In fondo questa è la vera sfida che porta avanti anche la proprietà, mantenere questo aspetto storico facendo al tempo stesso vivere la struttura”.

D. Da Giuseppe Verdi in poi, le camere del Grand Hotel et de Milan hanno ospitato grandi personaggi dell’arte, della storia e della letteratura. E oggi che identikit si può fare dei vostri ospiti?
R. “In tempi passati per le personalità vivere in hotel era in voga. Maria Callas abitò qui tre anni prima che la sua casa milanese venisse completata, senza dimenticare ovviamente il maestro Verdi. Da tre generazioni, la gestione dell’hotel si tramanda alla famiglia Bertazzoni, che lo conduce con grande passione anche per la storia e la ricerca bibliografica. Ancora oggi ci scelgono tanti personaggi, della politica, dello spettacolo, dell’arte, nonostante per esempio l’assenza di una spa o di alcuni servizi tipici di un hotel contemporaneo. Ma da noi, oltre che l’essenza storica, trovano il servizio confidenziale, la discrezione, si sentono protetti e quasi in famiglia. Non solo soggiorni, riceviamo moltissime richieste anche come location di eventi, shooting, riprese cinematografiche”.

D. La struttura ha fatto di recente ingresso nel club di Autentico Hotels, quali saranno i principali vantaggi di questa partnership e quali i punti chiave?
R. “Abbiamo deciso di intraprendere questo percorso con la società che si occupa di vendite, per lavorare a quattro mani con un’azienda specialista allo sviluppo di un recovery plan post covid. La pandemia ha cambiato molte cose, i sistemi di prenotazione, i referenti, abbiamo dunque deciso di affidarci a un top player che conosce molto bene il mercato per aiutarci a costruire nuovi rapporti, consolidare quelli esistenti e ‘portare’ l’hotel dove ancora non è conosciuto. Storicamente in città la clientela viene soprattutto da Stati Uniti, Uk, Medio Oriente, Russia, ora in questo periodo storico le carte si rimescolano, si assiste a uno slittamento verso i mercati di prossimità come Austria, Germania, Est Europa, Svizzera, investiamo per consolidarci su questi, che forse in passato non abbiamo coltivato appieno, come su quelli storici”.

La struttura
Inaugurato nel 1863, il Grand Hotel et de Milan conserva il fascino di un’antica “casa” milanese pur rinnovandosi al passo con i tempi. Le camere conservano il mobilio ed i dettagli d’epoca, così come i pavimenti in parquet e i marmi italiani che decorano le sale da bagno. Conta settantadue camere e ventitré tra suite e junior suite, fino ad arrivare alla presidential suite. Il passaggio degli ospiti illustri nel corso del tempo è testimoniato dalle suite dedicate, ognuna con una serie di oggetti, foto, documenti e altro riconducibili al personaggio. Giuseppe Verdi per la suite presidenziale, l’appartamento dove visse, ma anche Gabriele D’Annunzio, Maria Callas, Giorgio Strehler, Rudolf Nureyev per citarne alcuni.
La proposta Food and Beverage è affidata a Gerry’s Bar, recentemente rivisitato negli arredi, Ristorante e Bar Caruso, conviviale e aperto alla città con il suo “jardin d’hiver” e nella nuova versione Caruso Fuori, in cui si pranza sui tavoli allestiti all’interno di una veranda e anche direttamente in Piazzetta Croce Rossa. Infine, il Ristorante Don Carlos, che rende omaggio al Maestro Giuseppe Verdi che soggiornò al Grand Hotel et de Milan per oltre vent’anni. In una cornice ricreata da quadri, bozzetti e scenografie provenienti dal museo del Teatro alla Scala, il Don Carlos propone una cucina italiana, al lume degli antichi candelabri d’argento. La direzione esecutiva è affidata allo chef Mauro Moia. Le meeting room sono tre, Verdi, Puccini e Giordano.

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