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La storia delle gemelle canadesi

Avere la consapevolezza di poter reagire ti permette di essere più paziente con i clienti

Avere la consapevolezza di poter reagire ti permette di essere più paziente con i clienti

Di Claudio Nobbio, 12 Febbraio 2015

L’albergo non è soltanto camere, letti, docce, water, ma molte altre cose. Tanto che farne un elenco completo è quasi impossibile. Prima di tutto, però, ci sono le relazioni col personale: la collaborazione dello staff è alla base di ogni buon risultato. Bisogna saper delegare e avere il coraggio di farlo. E si deve avere anche la pazienza di dare ai collaboratori la possibilità di commettere tre volte lo stesso errore, prima di “ucciderli”. Poi, certo, cosa ci si deve aspettare da uno che fa tre volte lo stesso sbaglio? Anche Gesù si arrabbiò quando per tre volte fu tradito dallo stesso fratello apostolo.
Un’abitudine, che io avevo da direttore, era quella di dare al personale, una sola volta durante l’intera stagione, la possibilità di scegliere un cliente particolarmente «no» e di reagire alle sue richieste come avessero creduto più opportuno. Prima, però, si sarebbe dovuto fare un vero e proprio processo, in modo che tutto lo staff fosse completamente d’accordo. E questo perché se è vero che l’ospite è sacro, che ha sempre ragione, che è il motivo di sopravvivenza di un hotel… è altrettanto vero che bisogna pur sempre salvaguardare la dignità dell’individuo: a tutto c’è un limite, insomma. Non solo: avere la consapevolezza di poter reagire, ti permette normalmente di essere più paziente; ti consente di sorridere fino al limite estremo. Dopodiché, valutate le ragioni e i torti, puoi guardare in faccia l’ospite con lo sguardo serio: «Questa volta la ragione sta dalla nostra parte, caro cliente».
E ora una storia vera tratta dalle mie esperienze personali: nella Venezia di qualche annetto fa, la città, e tutti gli hotel, erano al gran completo a causa di un congresso che si teneva in quei giorni. La notte, due gemelle canadesi di 80 anni andavano su e giù dalla loro camera alla hall per avere un’altra stanza. Dicevano di sentire odore di gas. In realtà c’era stato qualche problema con le fosse biologiche e cattivi odori si erano insinuati dappertutto, soprattutto nella loro stanza. In tutta Venezia e anche nei dintorni non si trovava però un’altra sistemazione per le due gemelle. Per cui dovevano avere pazienza.
Ma pazienza loro proprio non ne avevano: alle 3 di notte scesero nuovamente nella hall con una coperta ognuna e si sedettero su due poltrone di fronte alla portineria, guardando fisso il portiere, il bagagista, il direttore e i clienti che entravano o uscivano, malgrado l’ora avanzata. Un gran brutto spettacolo. «Per favore, ritornate nella vostra camera».
Chiedemmo pure la collaborazione di un cliente inglese per convincerle. Anche lui confermò che non si trattava di gas: dormissero tranquille. Addirittura le accompagnò, insieme a me, nella loro camera per solidarietà e testimonianza. Restarono pochi attimi e poi furono di nuovo nella hall: due fantasmi dell’inferno con facce patibolari. Ogni tanto dicevano: «Gas! Gas!».
Fino a quando il portiere di notte, ormai ai limiti della pazienza rispose: «No Gas: shit! Do you understand? No gas: shit! Merda, merda, capito?». E poi anche quella notte passò, come migliaia di altre notti, di veglia o di sonno, sotto tetti sui quali era esposta un’insegna luminosa con la scritta Hotel. Anche quella volta, la piccola riunione con tutti i collaboratori presenti, per stabilire se le due sorelle fossero state o meno quel cliente eccezionale da mettere al proprio posto, portò a un risultato negativo: furono assolte. E non mi risulta che la regola di giustizia sia mai stata applicata. Però ogni tanto qualche processo ai clienti cattivi fu fatto: a loro insaputa naturalmente.

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