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Il caso di Caselle in Pittari

Di Antonio Caneva, 25 Marzo 2011

L’Itb di Berlino è la più grande fiera turistica a livello globale (ne parleremo prossimamente) e muove un interesse planetario nei suoi numerosi padiglioni. Particolarmente interessante è la sala nove, dove sono presenti le più importanti compagnie turistico-alberghiere mondiali, in una vetrina senza simili al mondo.
L’Italia, da sempre, è nel padiglione 1,2 ed è principalmente rappresentata dall’Enit con un grande stand all’interno del quale si posizionano le regioni e, nel loro ambito, le singole imprese-località che desiderano essere presenti.
Leggendo il catalogo della manifestazione mi sono fermato, incuriosito: Caselle in Pittari aveva uno stand suo, fuori dall’Enit. Riconosco la mia ignoranza, ma di questa località non avevo mai sentito parlare. Per constatare di persona, ho fatto il giro del salone sino a che, in prossimità di un accesso, in un grande stand angolare, faceva bella mostra Caselle in Pittari. Non potevo esimermi da approfondire la cosa: in una manifestazione in cui sono presenti le più importanti realtà turistiche del mondo, trovare, in autonomia, un paesino di poche anime mi sembrava abbastanza atipico. Ho saputo poi che la località, abbarbicata nell’entroterra del golfo di Policastro, è costituita da una zona che si sta scoprendo una vocazione turistica e che, attualmente, tra i due alberghetti e i due agriturismo presenti, non supera la disponibilità di cento posti letto; considerando anche le case che affittano camere, le dimensioni restano comunque modeste.
Le gentili persone che, con passione, presidiavano lo spazio, mi hanno raccontato la storia della zona la quale, pur essendo in Campania, ha un’origine lucana. Mi hanno illustrato le specificità turistiche che un depliant sintetizza: «Un borgo di origini medievali dove il paesaggio rurale e la natura si impongono, suggerendo attraversamenti che invitano a riappropriarsi di piccole oasi di pace, a ridosso delle vicine località costiere».
Prima dell’Itb questa località aveva già partecipato con un proprio stand alla Bit di Milano e gli stessi organizzatori riconoscono che i costi sono stati significativi (stand, viaggi, soggiorni, materiali); è apprezzabile la passione per la propria realtà ma, a livello generale, ha senso tutto ciò?
In periodi di scarse disponibilità economiche (da dove provengono le risorse?), località come Caselle in Pittari, che in una manifestazione come l’Itb hanno scarsa o nulla possibilità di incidere, non sarebbe più logico inserirle in un progetto di comunicazione coordinata e allargata? Sì, l’autonomia ha senso, ma lo spreco è un’altra cosa. E mi scusino gli amici di Caselle in Pittari.

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