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L’avventura ha inizio in un’orrida gola circondata da pareti rocciose, fra le quali si avvistano i rottami di una carrozza rovesciata. La scenografia suggerisce l’inquietudine dei viaggiatori che attraversavano le Alpi prima del Novecento: spostarsi, a quell’epoca, era tutto tranne che un piacere. Il modellino di una stazione di posta, ricco di dettagli realistici, mostra tuttavia che già allora esistevano infrastrutture attrezzatissime, capaci di offrire tutto ciò di cui poteva aver bisogno chi si avventurava sulle strade di montagna. Comincia in questo modo il percorso del Touriseum, il museo provinciale del turismo, ricavato all’interno delle mura di Castel Trautsmandorff a Merano: un luogo davvero particolare, che tra ironia, interattività e spunti riflessivi, ma senza mai sfociare nella pedanteria, racconta la storia dell’industria dei viaggi e dell’ospitalità in questo angolo delle Alpi.
«La nostra esposizione è dedicata al mondo dei viaggi in Alto Adige. Tuttavia il suo messaggio è spesso universale, in grado di travalicare il semplice ambito locale. Sostituendo i paesaggi ritratti, molte parti della mostra potrebbero essere tranquillamente trasferite in qualsiasi distretto turistico italiano», racconta il direttore Paul Rösch.
Ma quali sono le motivazioni e gli obiettivi di un’esposizione permanente tanto insolita? «L’idea nacque 15 anni fa: voleva essere una riflessione sul turismo e sulle conseguenze che tale industria ha avuto per noi altoatesini, sia direttamente sia indirettamente. Cercavamo di trovare un modo per parlarne dal punto di vista non solo economico, ma anche sociale e culturale. Il viaggio, infatti, apre le menti e consente alle persone di incontrarsi e confrontarsi: una sorta di rivoluzione silenziosa, che qui da noi ha progressivamente coinvolto anche le valli più remote. È proprio grazie al turismo, per esempio, che in Alto Adige è migliorata la convivenza tra italiani, tedeschi e ladini».
Un progetto originale che merita sicuramente una visita da parte di chi, con il turismo, ha a che fare tutti i giorni. Proviamo perciò a raccontarne i contenuti con alcune veloci istantanee, scattate qua e là tra le sale del museo. Proseguendo lungo l’itinerario espositivo si giunge, per esempio, al primo momento apicale dell’industria turistica altoatesina: alle soglie del ventesimo secolo la regione diventa meta privilegiata di molti turisti europei. Theodor Christomannos fa allora costruire l’hotel Karersee (Lago di Carezza) risplendente nella sua lussuosa illuminazione elettrica. Il Touriseum lo ricorda, esponendone un modello dettagliato: una sorta di grande casa di bambole che riproduce gli interni della struttura, con l’arredamento delle camere, l’ascensore elettrico e il suo impressionante organico di 200 dipendenti. Un altro salto, temporale e fisico tra gli spazi del museo, ci porta quindi al secondo dopoguerra, quando i turisti italiani, seguiti presto da quelli tedeschi, iniziano a tornare in Alto Adige. Siamo negli anni 1950: incoraggiati dalla diffusione dell’automobile, non più vincolati dalla presenza delle linee ferroviarie, molti viaggiatori provano a raggiungere anche le località più remote. I contadini del luogo, fiutando il potenziale, cominciano così a offrire posti letto all’interno delle proprie abitazioni, dando in questo modo il via a quel proliferare di attività ricettive a conduzione familiare tanto tipiche dell’Alto Adige contemporaneo. E il museo racconta questi primi approcci al mercato turistico più attuale con una stube originale allestita nello stile di quegli anni.
«Venire da noi, per chi abita in queste regioni», prosegue Rösch, «vuol dire spesso capire le proprie origini. Per molti, la vocazione turistica è infatti nata così: grazie all’iniziativa dei propri nonni che da contadini si sono trasformati in imprenditori dell’ospitalità. Allora, certo, l’approccio era quasi amatoriale, ma gli altoatesini di oggi sono fieri della strada compiuta e della qualità raggiunta dalle loro strutture, ancora adesso quasi tutte in mano a gente del posto». Una serie di modellini illustra visivamente la trasformazione, attraverso i decenni, di una piccola casa contadina, prima in una modesta pensione e poi via via in un grande albergo e in un resort super lusso. Alla fine degli anni 1970 giunge però la consapevolezza che territorio e abitanti non sono in grado di reggere uno sviluppo così incontrollato; cominciano a girare voci critiche riguardo agli eccessi dell’economia turistica e si impone un ripensamento dell’offerta in termini meno quantitativi e più qualitativi: una serie di interviste video realizzate dal regista Karl Prossiner dà così voce ai protagonisti dell’industria turistica, sia dal lato dell’offerta sia da quello della domanda. «Il Touriseum, in effetti», riprende Rösch, «non è una semplice celebrazione acritica del mondo dei viaggi. Siamo consapevoli delle conseguenze negative che l’industria del turismo può apportare a un territorio, soprattutto in termini di impatto ambientale. E anche di questo parliamo perciò nelle nostre sale».
Come sottolineato all’inizio, il museo è però fatto anche di tanta ironia consapevole. Lo dimostra, per esempio, il gioco dell’Alto Adige: su una piattaforma di legno intagliato, rappresentante il paesaggio locale, una pallina-turista attraversa dei percorsi canalizzati. A indirizzarla, una serie di leve che attivano, ciascuna, una differente reazione meccanica: parodie ed esagerazioni della realtà, ma al tempo stesso simbolo delle dinamiche di trasformazione del paesaggio dovute allo sviluppo del turismo. «La componente ironica, quella più divertente, è fondamentale per attirare un pubblico più vasto possibile. Ma è anche utile a riflettere e a comprendere meglio la realtà. Oggi, insieme agli orti botanici dei Giardini di Sissi in cui il nostro museo è inserito, contiamo circa 300 mila visitatori all’anno», conclude Rösch. «Naturalmente la gran parte di questi è rappresentata da turisti in viaggio per l’Alto Adige. Ma noi sviluppiamo anche un’intensa programmazione rivolta al pubblico locale, fatta, tra l’altro, di iniziative per le scuole e per gli istituti alberghieri, di incontri sui più svariati temi dell’industria dei viaggi e dell’ospitalità, nonché di mostre speciali su argomenti specifici come l’attuale “Sie wünschen? Desidera?”, dedicata alla figura del cameriere».
Il museo
Realizzato dallo studio Tacus & Didoné e dal Gruppe Gut Graphics di Bolzano, con il coordinamento di Paul Rösch e il contributo redazionale di Josef Rohrer, il Touriseum di Castel Trautsmandorff, a Merano, è il primo museo dell’arco alpino dedicato esclusivamente al turismo, declinato in tutti i suoi vari aspetti e visto sia dal punto di vista della popolazione locale sia da quello dei vacanzieri. Inserito nel contesto dell’orto botanico dei Giardini di Sissi, esso intende mostrare come il turismo è nato nel Tirolo e come ha trasformato il territorio e i suoi abitanti. Il museo si articola in un’esposizione permanente, arricchita da elementi scenografici distribuita su una ventina di sale al pianoterra e al primo piano, in una mostra sul soggiorno meranese dell’imperatrice Elisabetta d’Austria nelle stanze da lei abitate e in una raccolta di studi aperta al pubblico, nonché in esposizioni temporanee ospitate in un edificio annesso. Ma all’interno si trovano anche il gioco dell’Alto Adige (flipper di legno sul tema del turismo), vari punti multimediali (con filmati, notizie relative al museo e statistiche), uno spazio riservato ai bambini e una torretta delle vignette turistiche.
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