Code di candidati e candidate, di età anche molto diverse tra loro, come non se ne vedevano da tempo. Persone arrivate di buon mattino in treno anche dalla Puglia, dalla Basilicata, dalla Campania. L’edizione fiorentina della nostra job fair TFP Summit – Turismo Formazione Professioni, si è tenuta martedì 4 novembre e ha registrato un record di affluenza, con oltre mille iscritti ai colloqui di lavoro delle 30 aziende del settore hospitality di alta gamma presenti. Il recruiting è andato avanti a ritmo sostenuto per tutta la giornata, un candidato via l’altro, un curriculum dopo l’altro.
E, allora, ci siamo chiesti: cosa è successo? Il turismo ha di colpo superato tutte le difficoltà che dal post Covid hanno reso la ricerca di personale particolarmente complessa? I giovani, contrariamente a quanto si va raccontando ormai da tempo, sono tornati in massa a voler lavorare in hotel, resort e ristoranti? Non esattamente.
Un problema strutturale
Che il settore si trovi ancora a fronteggiare una situazione complessa dal punto di vista dell’attraction, della retention e del turnover del personale lo confermano tutte le statistiche nazionali. L’ultimo Bollettino del Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha confermato che il turismo rimane il principale motore occupazionale del Paese per numero di ingressi nel mondo del lavoro. Eppure, nonostante le numerose opportunità aperte, i candidati non sono abbastanza. Un problema che il turismo condivide con tutti gli altri settori economici: quasi la metà delle aziende italiane (il 46,8%) segnala difficoltà di reperimento, soprattutto per mancanza di candidati. È un problema ormai sempre più strutturale al quale, dicono i demografi, dovremo abituarci: oltre alle dinamiche proprie dei singoli settori (ad esempio i salari spesso inadeguati nel turismo), col passare del tempo peserà sempre di più il calo demografico. I lavoratori saranno, cioè, sempre meno e bisognerà trovare delle soluzioni.
Senza però andare troppo avanti con lo sguardo, come si spiegano allora le code a eventi come la nostra job fair e anche il cauto ottimismo dei recruiters dell’ospitalità e del turismo che, per la prima volta da molto tempo, sono apparsi più fiduciosi e meno preoccupati per i ruoli da riempire in vista delle prossime stagioni?
Recruiting e politiche HR
La risposta che abbiamo trovato confrontandoci con loro è che il mercato del lavoro turistico ha forse definitivamente assorbito lo shock pendemico entrando in una “nuova normalità” nella quale a fare le differenza sono le modalità del recruiting e una politica delle risorse umane consapevole della necessità di adattarsi a un mondo che non è più quello di prima.
Come racconteremo nel dettaglio con le voci proprio degli HR del settore nel prossimo numero del nostro magazine digitale in uscita il 20 novembre, le aziende alberghiere più lungimiranti hanno capito che fare confronti con il “prima” non ha più senso e si stanno muovendo di conseguenza: nuova organizzazione del lavoro, maggior bilanciamento tra vita privata e professionale, strumenti innovativi al servizio del benessere, stipendi adeguati, tanta formazione e un nuovo racconto di ciò che il lavoro in hotel può offrire sia in termini di carriera che di soddisfazione personale. Chi ha iniziato a muoversi in questa direzione per tempo inizia ora a raccoglierne i frutti e racconta di processi di selezione di successo.
E poi ci sono le modalità del recruiting. Puntare su canali verticali e fiere dedicate, muoversi in anticipo rispetto all’avvio delle stagioni turistiche, presidiare piazze nelle quali incontrare bacini interessanti di candidati risulta fondamentale. “Ormai non sono più le aziende a scegliere i candidati, ma il contrario”, concordano i selezionatori. Ecco perché riuscire a incontrarli nel posto giusto, al momento giusto, con le modalità giuste aiuta a intercettare i migliori che, seppure in calo costante, sul mercato ancora ci sono, come dimostrano le file di qualche giorno fa a TFP Summit Firenze.


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