La crisi c’è. È arrivata prepotentemente sulle scene mondiali, ma non si può dire che sia stata una sorpresa. Già all’inizio del 2007 molti economisti avevano annunciato una crisi uguale, forse, solo a quella del 1929: una crisi che sta mettendo in seria difficoltà la superpotenza americana e, con essa, l’Europa e l’Asia.
Nessuno gongola, se non i soliti (noti) speculatori. E in uno scenario ancora incerto e fosco viene da chiedersi, per gli addetti al settore, quale sarà il futuro del turismo: che ruolo giocheranno la ricettività alberghiera e la ristorazione nei prossimi mesi, ma soprattutto nei prossimi anni?
Le statistiche di luglio ci dicono che in alcune località balneari la presenza è scesa del 20%, ma bisogna anche tener presente che il clima non proprio estivo non ha certo giocato a favore dei villeggianti. Agosto, pur essendo da bollino nero per le autostrade, non ha poi creato i blocchi apocalittici degli anni scorsi. Eppure il turismo tiene e può ancora diventare la carta jolly dell’Italia; può diventare quel punto di forza capace di fagocitare la crisi.
Bisogna evitare, però, di ricorrere al classico binomio, mai vincente, «Si abbassano i prezzi, si abbassa la qualità». Una tentazione, questa, che non ripaga albergatori e ristoratori nel tempo. Ma che rischia, anzi, di declassarli. Quello che occorrerebbe, al momento, è semmai calmierare le tariffe, scordandoci per un po’ di tempo i periodi di alta stagione; non battere, in altre parole, il chiodo su quel leit motiv tanto caro a chi lavorava in albergo fino a ieri: «È alta stagione; è alto il prezzo». Proprio durante questi periodi bisognerebbe, invece, contenere i prezzi e proporre pacchetti in grado di invogliare tutte le persone, anche quelle che non possono spendere molto, a fare le valigie e a correre verso i luoghi di villeggiatura.
E poi, a costo di ripetermi fino alla nausea, serve la qualità. Una qualità che vuol dire prodotti di livello nelle camere d’albergo, nonché gusto e raffinatezza nelle sale colazioni e nei ristoranti. Può sembrare un controsenso, ma spendere qualcosa in più nella qualità è un’assicurazione per il futuro. Per comprendere bene questo concetto mi servo di un semplice esempio: se dopo una visita medica il dottore vi dicesse che siete debilitati e dovete nutrirvi bene e fare una vita sana, voi che fareste? Comprereste carne, frutta e verdura di qualità, spendendo qualcosa di più del solito. Ecco: basta considerare l’investimento nella qualità come una cura per guarire dalla crisi.
Eppoi, non da ultimo, serve pure un sorriso sincero e un autentico spirito di accoglienza verso i nostri ospiti. Soprattutto in periodi neri come quello che stiamo attraversando, non ci si può permettere musi lunghi e sciatteria quando si accolgono degli ospiti: mai come ora sono infatti necessari spontaneità e un pizzico d’allegria. La crisi c’è, l’incertezza regna sovrana, ma la gente, sia che abbia molti soldi, sia che ne abbia pochi, ha voglia di evadere, di muoversi. E ciò proprio in virtù di un futuro tanto poco intellegibile. Adagiarsi ora vuol dire giocarsi la clientela degli anni a venire. Se la crisi bussa, diciamole che siamo al completo.
Quando bussa la crisi
Bisogna evitare il binomio bassi prezzi, bassa qualità
Di Massimiliano Sciò, 26 Agosto 2011
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