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Progettare l’hotel: la nuova frontiera del neurodesign

L'applicazione delle neuroscienze alla progettazione degli spazi apre a nuove possibilità e scenari anche per quanto riguarda gli alberghi e l'esperienza di soggiorno degli ospiti: ecco perché e qualche esempio concreto

L'applicazione delle neuroscienze alla progettazione degli spazi apre a nuove possibilità e scenari anche pe

Di Job in Tourism, 11 Ottobre 2024

Vi siete mai chiesti cosa guardano gli ospiti non appena entrano in una camera d’hotel? Se lo avete fatto e avete pensato, come risposta, al letto, alla doccia o al colore delle pareti, ecco avete sbagliato. La prima cosa ad attirare l’attenzione, in maniera più o meno consapevole, è la finestra: il nostro cervello rettiliano – quello primordiale che ci protegge facendo scattare le reazioni di attacco e fuga – istintivamente cerca e localizza, infatti, la possibile via di fuga in caso di pericolo. A dirlo sono le neuroscienze che, sempre più, vengono oggi applicate anche alla progettazione di interni, per migliorarne la fruizione: è la nuova frontiera del “neurodesign”.

Il neurodesign per la progettazione alberghiera

“Il neurodesign è una disciplina che stiamo iniziando a codificare ora e che ci permette di indagare cosa può migliorare un progetto architettonico o un prodotto a partire da quelle che sono le reazioni del nostro cervello a determinati stimoli“, ha spiegato nei giorni scorsi Luca Vivanti, esperto di neuromarketing e neurodesign e docente ai Politecnici di Milano e Torino, in occasione dell’Hospitality Day di Rimini. Le prospettive che il neurodesign può aprire sono molteplici, in considerazione di quella che è l’estrema complessità del cervello umano e del suo funzionamento in larga parte irrazionale, ma le cui reazioni possono oggi essere testate.

“L’architetto ha sempre cercato di prevedere, progettando uno spazio, come avrebbe reagito al suo interno chi poi lo avrebbe fruito. La rivoluzione che comporta l’applicazione delle neuroscienze all’architettura è, però, la possibilità di poter misurare in maniera scientifica queste reazioni adeguando di conseguenza la progettazione“, ha confermato anche Christian Catania, archietetto dello studio Lombardini22, che ha testato il neurodesign ad esempio nella progettazione degli spazi dello scorso Salone del Mobile di Milano.

Un esempio: la hall dell’hotel

Se si pensa agli spazi dell’albergo, oltre a quello della finestra, può essere utile anche un altro esempio, relativo a come ci si muove in uno spazio molto importante per l’esperienza di soggiorno come la hall. “Si è scoperto – ha raccontato Vivanti – che noi ci orientiamo nello spazio sempre da destra verso sinistra: è un meccanismo di abitudine che il nostro cervello adotta per farci risparmiare energia. Se lo sappiamo e dobbiamo progettare una hall tenendo conto del fatto che è in quel colpo d’occhio da destra verso sinistra che l’ospite, arrivato in uno spazio nuovo e sconosciuto, dovrà orientarsi, dovrò chiedermi che cosa voglio metterci in quello spazio e in che senso logico sarà più funzionale organizzarlo. Ciò anche in considerazione del fatto che, stando al banco della reception, l’ospite appena arrivato dà le spalle a uno spazio che non conosce e rispetto al quale può essere utile fare una riflessione su una progettazione che istintivamente aumenti il suo senso di sicurezza”.

Il vantaggio sull’investimento

Si tratta, come si può evincere da questi semplici esempi, di una prospettiva destinata a cambiare profondamente la progettazione architettonica e il suo impatto sull’esperienza di soggiorno, anche in considerazione delle molteplici varianti sensoriali che entrano in gioco: articolazione degli spazi, luci, colori, odori, suoni. “Progettare – ha evidenziato ancora Vivanti – è una cosa oggi completamente diversa rispetto al passato. Un aspetto da non sottovalutare collegato all’applicazione del neurodesign è la possibilità di testare in laboratorio la reazione del pubblico a determinati stimoli e al percorso spaziale progettato e di correggerlo di conseguenza assicurando che l’investimento che si sta facendo sia ‘sicuro’, capace di garantire cioè la migliore esperienza possibile rispetto agli obiettivi che ci si è dati”.

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