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Vincere puntando sull’immagine

Di Rossella Taffa, 24 Aprile 2009

In un periodo di difficoltà e cambiamenti radicali su tutti i mercati, una comunicazione di sistema è l’elemento che può veramente fare la differenza. Questo è quanto ha voluto trasmettere Nando Dalla Chiesa, docente di sociologia della criminalità organizzata presso la facoltà di scienze politiche dell’Università degli studi di Milano, nonché coordinatore per la promozione grandi eventi e progetti culturali del comune di Genova, durante il suo intervento in occasione della seconda convention nazionale di Federcongressi. Davanti alla folta platea di operatori presenti presso il centro congressi Magazzini del cotone del capoluogo ligure, Dalla Chiesa ha tenuto una lectio magistralis intitolata «Riflessioni sugli strumenti per una promozione efficace della destinazione», intesa a mostrare come le scelte coerenti, anche se radicali e difficili, siano le uniche a garantire il successo. Una considerazione, quest’ultima, che, seppur intesa dal docente dell’università milanese in riferimento alla destinazione città, può essere applicata, nelle proprie linee generali, a qualsiasi prodotto o servizio del turismo e di altri comparti.
«Credo che l’immagine sia il punto di partenza per operare in senso promozionale. È una materia molto delicata, che io sono solito accostare al concetto di prestigio», ha così spiegato Dalla Chiesa. «Una persona, infatti, si colloca nella società in base al potere, al reddito e alla notorietà (dimensioni facilmente difendibili e conquistabili), ma anche al prestigio, che al contrario delle precedenti è la sintesi della reputazione guadagnata in una vita. E tanto è lungo il periodo per meritarsi una buona reputazione, tanto è breve la fase in cui si può perderla».
Secondo Dalla Chiesa non basta cioè un grande evento, e neppure una successione di grandi eventi, per comunicare una città, mentre ne sono sufficienti pochissimi sbagliati per sfregiarla. Tre sono poi i livelli dell’immagine da prendere in considerazione. Il primo riguarda l’immagine come sintesi, che si traduce nella capacità di mettere insieme tra loro gli elementi costitutivi delle ricchezze di una città, offrendo in questo modo uno sguardo d’insieme della destinazione. Ma l’immagine, ecco il secondo livello, può svolgere anche una funzione di sublimazione della realtà, che viene così portata in una direzione precisa. E si esercita allora una distorsione di tipo positivo, perché in questo modo si punta a modificare quella che sarà in futuro l’immagine-sintesi della città stessa: avendo in mente in quale direzione procedere, si seleziona un gruppo di ambiti d’eccellenza e li si offre al pubblico. Il terzo livello, infine, è il più difficile e si riferisce all’immagine come anticipazione che fa da battistrada, che delinea l’identità in costruzione.
«Questa è per esempio la ragione per cui a Genova stiamo puntando sulle produzioni televisive e sulla moda», ha proseguito Dalla Chiesa. «Vogliamo sottrarre il nostro territorio a cliché consolidati, che lo vogliono ancorato ad alcune funzioni e quasi geneticamente precluso ad altre attività economiche e culturali». Ma per farlo bisogna sapere operare contemporaneamente su tutti e tre i livelli, in quanto un evento di promozione viene valorizzato dall’immagine della città, ma anche l’immagine della città, a sua volta, acquisisce prestigio in relazione agli eventi che ha ospitato: una corrispondenza biunivoca molto complessa da gestire. «La responsabilità allora deve assumersela chi è stato investito della gestione della città, che, in base alla propria percezione dei talenti e degli spazi su cui puntare, deve poi elaborare un’idea polivalente delle attività su cui muoversi», ha concluso Dalla Chiesa. «Di quest’idea occorrerà poi trovare un baricentro e non perderlo più, resistendo a ogni tipo di pressione. Si può scegliere, infine, se puntare sull’immediato, con scelte di tipo consumistico, o se spingere con fatica la città su posizioni di rilievo che possano marcarne la storia. Opzione difficile, quest’ultima, che però consente di impostare con maggior durevolezza l’avvenire della città».

La case-history genovese

La coerenza quale base del successo di una strategia di valorizzazione della propria immagine. È questo il cuore dell’intervento di Nando Dalla Chiesa, che tuttavia ha anche precisato come la coerenza non significhi muoversi sulla stessa tipologia d’eventi, bensì voglia dire rimanere all’interno di un unico obiettivo. «Se il sindaco mi dice che vuole rendere una città giovane», ha raccontato Dalla Chiesa, «è evidente che non posso cambiarne la composizione anagrafica. Posso però cominciare a promuovere eventi che posizionino la città in quella direzione. Proprio nella città della Lanterna, per esempio, abbiamo creato un marchio importante: Genova città dei diritti. I diritti, infatti, sono temi molto cari a tutti i giovani, anche a quelli che non partecipano all’attività politica. Dunque una città che punta sui diritti attrae i giovani. Ma non basta: la stessa città può diventare il luogo in cui i talenti artistici hanno modo di farsi conoscere. La rassegna Antichi cortili giovani talenti valorizza così la storia cittadina e fa emergere i talenti delle accademie e dei conservatori. Grazie a essa, nei prossimi mesi, verranno qui giovani scrittori, artisti, musicisti, pubblicitari». Per Dalla Chiesa è importante, in altre parole, non continuare a rivendicare la classica identità genovese, quella del pesto, del porto e di Fabrizio De André, per intenderci, ma, pur conservando questi elementi, affiancarli ad altri, in un’evoluzione di concetti, linguaggi, icone e servizi.
«Condizione indispensabile per tutto questo è però la compattezza del sistema. Il nostro Capodanno 2009 è stato uno dei migliori d’Italia, perché ha fatto coincidere l’apertura del museo dedicato a De André con l’ultimo concerto di Jovanotti, che non suonerà più sino al 2010. Eppure per puro gusto di polemica (il concerto era a Porto antico e non nel centro storico), i commercianti hanno sparato a zero sui giornali contro il Capodanno genovese. Sono rimasto molto colpito dall’incapacità di sfruttare quest’evento. Quella sera diversi ragazzi al Porto antico dicevano che sembrava di essere a Barcellona. È importante allora saper cambiare il modello di comunicazione con i cittadini, utilizzando tutti i moderni canali informativi per parlare con loro direttamente, perché sono convinto che lo strumento indispensabile per vendere una città, come accade per i libri o per i prodotti musicali, sia proprio il tam tam comunicativo». È facile, in altre parole, dire di comunicare; molto più difficile è saperlo fare, individuando e usando gli strumenti giusti.

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