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Viaggiando sulla A14

Di Antonio Caneva, 27 Luglio 2020

Viaggiando sulla A14 viene naturale chiedersi cosa negli anni (non) abbiano fatto le istituzioni, la politica, i tecnici per rendere le autostrade talmente insicure da obbligare a interventi tali da rendere il traffico un caos.
Ma un’altra domanda spontanea è cosa abbia indotto, dopo mesi di chiusura forzata del Paese (e quindi in assenza di traffico), a richiedere improvvisamente verifiche su innumerevoli manufatti con il naturale tracollo delle tratte interessate.
Ho avuto l’infelice idea di passare una settimana a Vasto, in Abruzzo. Vasto è un paese molto bello che dall’alto domina le spiagge di sabbia chiara e soffice, dove l’accoglienza è calda e il cibo, che rispecchia l’economia della zona ricca di prodotti agricoli e pesce, molto buono. Allora perché un’idea infelice? Sono partito in macchina da Milano alle 10 per arrivare a Vasto dopo le 20; un viaggio snervante per le continue interruzioni dovute a cantieri che si sono susseguiti uno dopo l’altro, senza soluzione di continuità.
Questo non avviene solo sull’Adriatico; la Liguria, oltre alla disavventura del ponte Morandi, vive in un costante stato di difficoltà con il traffico sulle autostrade che definirlo difficoltoso sembra un eufemismo. Certo, le volte delle gallerie che cadono sono peggio delle code, ma di nuovo, dove erano in tutti gli ultimi anni i responsabili sia a livello politico sia tecnico? Le autostrade sono viste come mucche da spremere, le conseguenze però vengono pagate dalla popolazione e dalle imprese. Il turismo, nella propria fragilità, è il primo a soffrirne e, come me che solo all’idea di mettermi in macchina in quelle località viene l’orticaria, molti rinunceranno a frequentarle.
E allora viene naturale una considerazione: chi fa impresa in quelle zone che oltre a tutte le difficoltà proprie del nostro Paese deve anche convivere con i problemi della mobilità, non è un imprenditore, è un martire.
Intanto buon agosto a tutti; il prossimo giornale sarà il 3 settembre.

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