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Viaggi d’affari, è l’ora del business travel consultant

Anche nel business travel non è più solo questione di codici, gds e tariffe: in un contesto che ha reso il biglietto aereo una commodity, ecco chi sono gli “angeli custodi” delle trasferte aziendali, tra flessibilità e tocco umano

Anche nel business travel non è più solo questione di codici, gds e tariffe: in un contesto che ha reso il

Di Silvia De Bernardin, 27 Marzo 2023

La pandemia ha ridisegnato il modo di viaggiare, non solamente quando lo si fa per piacere. Anche il comparto del business travel ha visto negli ultimi anni modificarsi profondamente molte delle proprie dinamiche e ridefinire professionalità e competenze. Come quella del business travel consultant che, da addetto booking specializzato in codici IATA e tariffe, si è trasformato oggi in un vero e proprio assistente personale al viaggio. Un nuovo “angelo custode” delle trasferte aziendali ad elevata professionalità, al quale sono richieste competenze tecniche specialistiche, un certo grado di flessibilità organizzativa e il giusto “tocco umano”, in un comparto che rimane ad alta componente tecnologica. Ce ne descrive il profilo in questa intervista dall’ultimo numero del magazine di “Job in Toursim”, che trovate qui – insieme alle ultime tendenze in fatto di viaggi d’affari – Gabriele Querelante, Direttore Risorse Umane della travel management company Cisalpina Tours. 

Oggi lo chiamiamo business travel consultant: chi è, di fatto, questa figura alla quale è in capo l’organizzazione dei viaggi aziendali?

In origine era l’addetto booking, una figura prettamente tecnica, vicina quasi a quella del programmatore informatico, che lavorava sui gds e usava codici criptati per accedere ai sistemi di prenotazione di compagnie aeree e alberghiere, con alle spalle una lunga formazione in aula e sul campo, fatta molto anche di relazioni personali. Una professionalità delicata sulla quale, dal 2000 in poi, tutte le aziende del settore hanno investito per formare nuove risorse. Negli anni, alla parte tecnica si è aggiunta quella informatica relativa all’uso dei self booking tools, sistemi strutturati di prenotazione che forniamo alle aziende e che permettono di blindare una parte dei processi. Ma già in epoca pre-Covid quella che era la priorità dal punto di vista informatico è diventata qualcosa di scontato: dato per assodato l’impiego di sistemi tecnologi all’altezza di quanto richiesto dal mercato, a fare la differenza oggi è la tipologia di servizio che viene offerta. Di fatto, quello che prima era quasi un operatore informatico oggi è diventato un addetto al servizio clienti. 

Non più il prodotto, ma il servizio, dunque.

La biglietteria, ormai, è una commodity. È chiaro che, quando si parla di viaggi aziendali, ci sono parametri come il saving cost e il rispetto delle tariffe medie, che rimangono fondamentali. Ma oggi il cliente valuta se accedere o meno ai nostri servizi su altri elementi, come l’assistenza h 24 sette giorni su sette. Il business travel consultant è un po’ l’angelo custode della trasferta, colui che ha ben presente tutto il viaggio e le esigenze del cliente e che può intervenire rapidamente in caso di bisogno.

Come ha influito la pandemia su tutto questo?

Ha agito rendendo meno sicuro il viaggio. Le variabili sono aumentare e il cliente è più tranquillo se sa che, mentre è via, può alzare il telefono e trovare dall’altra parte qualcuno pronto a risolvere eventuali problemi. E questo vale anche sul turismo leisure. Stiamo riscontrando un forte ritorno in agenzia di viaggio dovuto al fatto che viaggiare è diventato e viene percepito come più incerto: avere una persona fisica, in carne e ossa, con la quale confrontarsi, dà maggiore tranquillità. Di conseguenza, è cambiata la tipologia di operatore: ieri era uno che selezionava codici aerei e tariffe, oggi è un assistente personale al viaggio. Ed è chiaro che per garantire questo tipo di servizio servono organizzazioni complesse: questo spiega anche il perché della concentrazione delle agenzie di viaggio nei grandi network.

Che sia di piacere o per affari è come se si fosse riscoperta l’importanza del “tocco umano”, anche nell’organizzazione dei viaggi aziendali?

Viaggiare è sempre stato complicato. A un certo punto, abbiamo vissuto l’esplosione del web che ha fatto sembrare tutto semplice. Con la pandemia abbiamo sbattuto il naso contro la reale complessità di muoversi. Oggi le persone un po’ hanno preso coscienza, un po’ si sono impaurite e stanno tornando a richiedere una relazione umana che dia loro tranquillità quando si spostano. Per il business travel questa è oggi sempre più una priorità. 

Quali caratteristiche professionali servono per rispondere a questo bisogno?

Sapere le lingue, essere in grado di avere una buona relazione con il cliente e la tempestività nel rispondere perché questo è diventato il banchmark principale sul quale si valuta la qualità del servizio. 

Un servizio, diceva, ormai h 24.

È un processo iniziato un paio di anni fa, quello di avere clienti che richiedessero una presenza costante, giorno e notte: da emergenza è diventata, ormai, una questione strutturale. Con i nostri collaboratori abbiamo cercato insieme un sistema organizzativo per farvi fronte. 

E come è cambiato, invece, il rapporto con i fornitori, in modo particolare con gli alberghi?

Il rapporto con i fornitori alberghieri si distingue in due tipologie, da una parte si lavora con le grandi catene alberghiere con le quali si definiscono accordi diretti o con le quali si utilizzano agreements che i nostri clienti realizzano per proprio conto. Con questi operatori l’attività è sempre B2B e le tariffe sono caricate sui tools di prenotazione. Dall’altra, abbiamo piccoli e medi alberghi, soprattutto italiani, gestiti in modo famigliare, con i quali è sempre più difficile lavorare secondo criteri “business” perché, ad esempio, non accettano carte di credito, chiedono pagamenti diretti e faticano a collaborare con le agenzie di viaggi, anche se di grandi dimensioni.

Alcuni ambiti della filiera turistica, come la ricettività e la ristorazione, stanno patendo la mancanza di personale. È un problema che riguarda anche chi organizza e distribuisce i viaggi?

Questo è un settore particolare, che storicamente è sempre stato in mano a gruppi familiari e che oggi sta andando verso un’organizzazione manageriale di tipo più complesso. Ma certamente è un ambito dalle marginalità molto basse, nel quale gli stipendi non riescono a essere troppo alti e che quindi non ha grande appeal dal punto di vista retributivo, pur essendo interessante e vivace. Cisalpina Tours, per esempio, per ovviare a questo si è strutturata per andare a cercare occasioni di business all’estero, dove ci sono marginalità maggiori, sempre mantenendo il suo cuore italiano. Per farlo, servono collaboratori che sappiano le lingue e con una disponibilità a un lavoro flessibile. Trovarli non è sempre facilissimo. 

Su quali elementi fate leva allora?

Sponsorizziamo molto il part time, per esempio: quasi un terzo delle nostre persone è a orario ridotto. Abbiamo lo smart working sulle fasce orario di lavoro più disagiate, dopo le 20 e nel fine settimana e nei festivi. E stiamo lavorando su altri progetti, nell’ottica di una riduzione o rimodulazione dell’orario di lavoro – stiamo facendo delle valutazioni sulla settimana corta. Ma l’appeal di questo lavoro ha che fare anche con la comunicazione.

In che senso?

Va riconosciuto il valore della conoscenza del mondo dei viaggi che, oltre a essere interessante, è anche professionalmente molto valida, e rivendibile successivamente nel mercato del lavoro. Per anni il mondo del business travel è stato una nicchia sconosciuta e in parte è ancora così. Usare la terminologia giusta, come business travel consultant, serve a ridare dignità a una figura che ha una professionalità molto alta. Senza considerare che questo è un settore dal quale è possibile prevedere quelle che saranno le tendenze aziendali prossime future. 

Ce ne dica un paio.

Al momento, vediamo una richiesta sul leisure molto alta, anche superiore al 2019, sulla quale agisce come discriminante essenziale in fatto di disponibilità di spesa delle famiglie, e quindi di scelta della vacanza, il tema del tasso dei mutui. Per quanto riguarda il business travel, è in forte crescita: le aziende che hanno superato la pandemia stanno lavorando per recuperare il tempo perduto e per coprire il gap di quelle che non ce l’hanno fatta. Si è ridotto il numero – è quindi è calata la biglietteria – ma il valore delle trasferte oggi è più alto: ci si sposta meno, ma si fanno viaggi più complessi.

Per approfondire: Business travel consultant, una figura sempre più richiesta 

Cisalpina Tours è la business unit che opera come travel management company del Gruppo Bluvacanze. Al momento conta 800 aziende clienti che assiste nell’organizzazione dei propri viaggi di lavoro guadagnando un osservatorio privilegiato sulle dinamiche del business travel: “Con la ripresa dei viaggi d’affari, soprattutto da parte delle grandi aziende che hanno la priorità di recuperare il tempo perduto, le attività di gestione delle trasferte sono ripartite con una fortissima accelerazione”, analizza Querelante. Tanto che, per far fronte alla richiesta, anche Cisalpina sta lavorando a un ampliamento del proprio organico, con oltre un centinaio di posizioni aperte in queste settimane tra le sedi di Milano, Roma, Torino e Napoli. “Puntiamo a selezionare soprattutto giovani talenti, che portano con sé – spiega il responsabile HR – il naturale ricambio generazionale e con esso una maggiore predisposizione a una digitalizzazione evoluta e a un’adeguata competenza linguistica per supportare la crescita sui mercati internazionali”. La figura è, appunto, quella del business travel consultant, un ruolo di consulente e problem solver in grado di operare su avanzate tecnologie di prenotazione secondo i linguaggi dei sistemi informatici di compagnie aeree, alberghiere, ferroviarie, navali e autonoleggi. Una professionalità complessa, che necessita di un lungo percorso di formazione: “Storicamente Cisalpina ha un reparto formazione molto strutturato. Per creare un business travel consultant, pronto e completo, ci vogliono un paio di anni di lavoro. Per questo, apriamo a delle selezioni di candidati molto precise. Primo step – conclude l’HR manager – l’aula di training di un mese alla quale partecipano tutti i candidati, fondamentale a capire, come prima cosa, se è un lavoro che può piacere e verso il quale si ha un reale interesse”.

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