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Vacanze scolastiche, perché rivederle aiuterebbe il turismo

Una riflessione sui tempi intorno ai quali è modellata la nostra vita sociale e su come una loro revisione potrebbe essere d'aiuto anche a risolverere alcuni nodi strutturali del turismo

Una riflessione sui tempi intorno ai quali è modellata la nostra vita sociale e su come una loro revisione p

Di Silvia De Bernardin, 20 Aprile 2023

Chi ha figli in età scolare lo sa bene: queste sono le settimane nelle quali scatta la “corsa”. A che cosa? Ad accaparrarsi un posto in un campo estivo – comunale, parrocchiale, privato – nel quale far passare ai bambini la loro lunga estate di tre mesi e più, al netto della manciata di giorni riservata alle vacanze di famiglia (che coincidono con le ferie dei genitori). Perché ne parliamo qui? Perché è una questione che, anche se non si direbbe, ha molto a che fare anche con il sistema turistico e il mondo dei viaggi e delle vacanze.

I tempi della società

Il calendario scolastico, che impone tre lunghi mesi continuativi di vacanza agli studenti, è un lascito antico e segue il cosiddetto “ciclo del grano”. Ovvero, anche se siamo nel 2023, la scuola si ferma ancora per tutta l’estate come quando bambini e ragazzi davano una mano nei campi nella raccolta del grano, in un Paese allora a vocazione strettamente agricola. Ma i tempi e le modalità che regolano la vita sociale e della comunità – non serve dirlo – sono molto cambiati ed è il motivo per il quale la maggior parte dei Paesi europei ha oggi calendari scolastici articolati diversamente, con una pausa estiva ridotta e più interruzioni programmate durante l’anno.

Cosa c’entra questo con il turismo – al netto dei vantaggi in termini di apprendimento per gli studenti, che arrivano di solito stremati alla fine dell’anno, e di organizzazione per le famiglie? Se pensiamo ai leitmotiv che stanno caratterizzando il dibattito turistico di queste settimane, la risposta ce l’abbiamo sotto gli occhi. Mentre molte destinazioni si dichiarano in difficoltà a gestire la concentrazione eccessiva dei flussi in determinati momenti dell’anno, viene infatti da chiedersi: come andrebbero le cose se la pianificazione turistica potesse contare su un’organizzazione diversa dei tempi della società, con vacanze scolastiche e ferie lavorative meno concentrate e più scaglionate e diluite nel corso di tutto l’anno? Un adeguamento dei calendari collettivi ai tempi e agli stili di vita effettivi delle persone quanto potrebbe aiutare anche destinazioni e operatori turistici in fatto di destagionalizzazione e lotta all’overtourism? Sono questioni di cui si dibatte da tempo, ma rispetto alle quali la ripresa sostenuta dei flussi turistici dopo la pandemia, le nuove modalità di viaggio che sembrano premiare destinazioni minori e meno affollate e l’incidenza dei cambiamenti climatici anche sul modo di fare turismo, dovrebbero spingere a una riflessione concreta.

Una questione economica

C’è, poi, un altro aspetto. Tra genitori si scherza – neanche poi tanto, a dire il vero – sul costo dei famosi campi estivi la cui spesa, soprattutto per chi ha più figli, va a pesare notevolmente sul bilancio estivo delle famiglie. Di fatto, si dice, è come mettere in conto un’altra vacanza. Con il risultato che, per la vacanza vera, si dovrà poi spendere necessariamente di meno. Ed è così che la chiusura prolungata delle scuole rischia di incidere, non poco, sui budget a disposizione per le vacanze. Non propriamente una buona notizia in tempi nei quali già inflazione e rincari energetici agiscono come fattori di limitazione ai consumi.

La visiona allargata

È solamente un esempio – questo dei calendari scolastici – che evidenzia come la risoluzione dei problemi del mondo del turismo non possa fare a meno, oggi, di una visione allargata: in uno scenario economico e sociale nel quale sempre più fattori diversi risultano interconnessi, nuove modalità di programmazione turistica passano anche da mondi apparentemente lontani, come quello della battaglia delle famiglie che chiedono di rivedere, finalmente, i tempi della scuola.

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