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Un’impresa pionieristica

Di Massimiliano Sarti, 16 Gennaio 2009

Tra i protagonisti del Giardino di Costanza c’è anche, naturalmente, l’imprenditore che per primo ha creduto nelle potenzialità della Sicilia occidentale e che ha saputo dare il via al progetto di costruzione di una struttura 5 stelle, al centro di una zona allora ancora caratterizzata dall’assenza di un’offerta ricettiva dedicata al segmento del lusso. Si tratta di Giovanni Savalle, presidente del consiglio di amministrazione di Società Mediterranea, parte del gruppo Sicily house: la proprietà della struttura che quattro anni fa ha deciso di affidare la gestione dell’albergo al brand internazionale Kempinski. Con lui abbiamo parlato dei motivi alla base della scelta imprenditoriale, delle prospettive future dell’area e delle ragioni che lo hanno convinto ad associarsi alla catena Kempinski.

Domanda. Quando nacque l’idea di costruire il Giardino di Costanza?
Risposta. Una decina di anni fa. Allora svolgevo la mia attività come consulente e venni incaricato di individuare la location più adatta allo sviluppo di una struttura 5 stelle lusso in Sicilia. Poi il caso volle che alcuni protagonisti di quella fase iniziale dell’avventura Giardino di Costanza decidessero di non proseguire nell’impresa e allora io, convinto della fattibilità del progetto, assunsi direttamente la carica di presidente e portai avanti quella che in quel tempo era ancora solamente un’idea ancora in corso di definizione.
D. Su quali fattori si basavano le sue convinzioni in merito alle potenzialità di sviluppo della Sicilia occidentale?
R. Prima di tutto sulla certezza che l’area rappresentasse una destinazione di assoluta eccellenza per le sue caratteristiche paesaggistiche, climatiche e storico-culturali. Naturalmente, però, tale suggestione iniziale fu poi confermata e corroborata da un business plan approfondito, per la cui realizzazione utilizzammo i servizi di diverse società di consulenza. I risultati di tali indagini dimostrarono come l’area dell’intera Sicilia occidentale non solo mancasse completamente di un’offerta ricettiva dedicata al segmento del lusso, ma anche come la zona presentasse le potenzialità di un mercato particolarmente appetibile.
D. Quanto appetibile, in termini concreti?
R. Secondo i nostri calcoli di quel tempo, l’area aveva tutte le carte in regola per ospitare una decina di resort 5 stelle lusso mixed use, dotati pure di campo da golf, centro congressi e spa per un investimento complessivo di circa 1,5 miliardi di euro: in altre parole, di 150 milioni di euro a struttura. E gli sviluppi più recenti sembrano proprio darci ragione.
D. A cosa si riferisce, in particolare?
R. All’ormai molto nota prossima apertura del Verdura golf & spa resort da parte del gruppo Rocco Forte, nei pressi di Sciacca, e al recentissimo accordo prenatalizio, siglato da Sol Melià, per un’altra struttura da realizzarsi in una location non molto distante dalla prima.
D. Voi però, con l’apertura del Giardino di Costanza, potete a buon titolo essere considerati i pionieri dell’area. Quali sono i vantaggi a essere i primi soggetti di un nuovo mercato?
R. A dire la verità, non moltissimi. A parte la soddisfazione di provare che le proprie idee erano giuste. Certo, tra qualche tempo, quando le potenzialità della destinazione saranno ulteriormente sviluppate, noi ci potremo fregiare del privilegio di essere stati i primi a credere nella Sicilia occidentale. E questo, sicuramente, è un fattore in grado di apportare benefici sensibili alle nostre strategie di comunicazione e alla nostra visibilità in Italia e nei mercati internazionali.
D. Come mai, tra tutti i brand internazionali a cui avreste potuto rivolgervi, avete scelto di affidare la gestione del Giardino di Costanza proprio al gruppo Kempinski?
R. Perché è una catena che crede fermamente nello sviluppo dei nuovi mercati. Kempinski, per esempio, è stato il primo brand dedicato al segmento lusso a decidere di elaborare un piano di espansione in Cina e ora è la catena 5 stelle più diffusa nel paese dell’ex Celeste impero. Anche le strategie italiane del gruppo possono essere considerate paradigmatiche del suo modo d’intendere il business: Kempinski non ha deciso di entrare nel nostro paese attraverso le tradizionali porte d’ingresso utilizzate da molte altre catene internazionali. Non ha, in altre parole, scelto né Milano, né Roma, ma Mazara del Vallo e poi il Pragelato village, situato in Piemonte, nei pressi del Sestriere. Inoltre ritenevamo che il brand Kempinski fosse in grado di posizionare la nostra struttura nel segmento di mercato più adatto alle caratteristiche del Giardino di Costanza.
D. E dopo quattro anni di rapporto?
R. Abbiamo ancora decisamente un’ottima intesa: tanto è vero che è già in fase di studio avanzato la realizzazione di un altro Kempinski, in Val di Noto, mentre i nostri progetti prevedono ulteriori sviluppi anche qui al Giardino di Costanza con la realizzazione, tra l’altro, di un campo da golf da 18 più 9 buche.
D. Con il brand Kempinski avete deciso di stilare un contratto di management. Su quali basi è fondato tale accordo?
R. Su un estremo equilibrio di controlli e competenze. Sono, infatti, assolutamente convinto che questa forma di contratto, ancora relativamente poco diffusa in Italia, possa funzionare in maniera reciprocamente redditizia solo a patto di riuscire a costituire un rapporto armonico tra gestione e proprietà. Certo, noi ci siamo riservati il diritto di accedere a tutti i documenti relativi al Giardino di Costanza. Ma questa è una forma di controllo doverosa, mentre tutto quello che concerne le strategie di gestione lo abbiamo devoluto direttamente a Kempinski.
D. Tra gli esperti di real estate è sempre acceso il dibattito sui diversi metodi di valutazione di un immobile. Secondo lei, come si può giudicare il valore di una struttura alberghiera? Dalla sua metratura? Dalla redditività dell’impresa ricettiva? Oppure da una combinazione di entrambi i fattori?
R. Sicuramente tramite una misura basata sul giusto equilibrio tra tutti gli elementi costitutivi di un albergo, compreso il suo valore in quanto immobile. Nel caso dei 5 stelle lusso ritengo, però, che il peso maggiore lo assuma sicuramente la redditività.

Chi è Giovanni Savalle

Imprenditore dalla vocazione poliedrica, Savalle ha maturato numerose e importanti esperienze professionali, in qualità di amministratore o di consulente presso aziende operanti in diversi settori: dall’agroalimentare alle costruzioni, dalle ceramiche all’abbigliamento, dalle automobili ai servizi e al turismo.
Dal 1990, in particolare, è stato coordinatore per quattro anni di una struttura provinciale, facente capo a tre imprenditori siciliani e formata da cinque bar, tre ristoranti e un albergo a Selinunte. Dal 1997 al 1999 è stato invece consulente del gruppo Hopps di Marsala, nonché di Rais travel, del tour operator Land di Palermo e dell’agenzia Selinus di Castelvetrano. Nello stesso periodo si è anche occupato di consulenze alberghiere, soprattutto nell’ambito dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane. Nel 1998 ha poi avviato con successo, in collaborazione con il panificio fratelli Angela, il progetto Lu pani nivuru di Castelvetrano, oggi presidio Slow food. È stato pure consulente finanziario della Sicil immobiliare, che ha realizzato oltre 1.500 appartamenti nella Sicilia occidentale e un villaggio turistico nell’isola di Favignana. Dal 1999 è infine impegnato nel progetto imprenditoriale di Società Mediterranea, riguardante proprio il Giardino di Costanza.

Identikit del contratto di management

In questa tipologia di contratto, la proprietà affida la gestione operativa dell’hotel a un soggetto terzo, normalmente una catena alberghiera, a fronte di management fee calcolate su parametri misurabili e contrattualizzati. In questo modo l’operatore, che nomina, tra l’altro, il direttore della struttura, si assume la responsabilità operativa della gestione, percependo, in cambio, una remunerazione basata, in parte, sul valore della produzione nonché sui ricavi di gestione, la cosiddetta base fee, e in parte sul margine operativo lordo, quindi sulla struttura dei costi, chiamata invece incentive fee. La proprietà rimane al contempo titolare dell’azienda alberghiera, percependo l’intero margine della gestione, al netto naturalmente delle fee. Secondo i più recenti dati elaborati dalla società di consulenza Cushman & Wakefield, in particolare, si tratterebbe di una formula contrattuale dal crescente successo: in Europa i primi 20 marchi alberghieri per numero di camere operano ormai quasi esclusivamente attraverso il modello del management contract o del franchising. Tale tendenza risulta, inoltre, ancora più marcata per i marchi del settore luxury.

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