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Una storia che viene da lontano

Tra Pretty woman e amore per i viaggi, il racconto di una carriera alla vecchia maniera

Tra Pretty woman e amore per i viaggi, il racconto di una carriera alla vecchia maniera

Di Massimiliano Sarti, 5 Dicembre 2013

«Nei momenti difficili, mi metto a rileggere il mio curriculum. Mi fa sentire meglio: mi dico, se sono stato capace di fare tutto ciò, riuscirò a superare anche questo ostacolo». Nicola Terlizzi è oggi il general manager del Melià Milano ma, come spesso avviene nel mondo dell’hôtellerie, la sua è una storia che viene da lontano: da una grande passione per i viaggi e dalla voglia di conoscere lingue e culture differenti. «Io sono nato a Bari in una famiglia normale. Mio padre faceva il giornalista per La Gazzetta del Mezzogiorno ma ciò non bastava certo a darmi i mezzi per andare in giro per il mondo senza pensieri. L’unica possibilità era quindi quella di lavorare. E cosa c’è di meglio del turismo per viaggiare? Appena finite le medie, ho perciò scelto di iscrivermi all’alberghiero, anche contro il parere dei miei genitori, e ho cominciato fin da subito a fare esperienze d’estate. All’epoca avevo uno zio che era un barman famoso in Inghilterra. Io andavo da lui ad aiutarlo. Fu una grande fortuna. Qualche anno più tardi, subito dopo il militare, feci anche l’esperienza delle crociere: mi imbarcai come cameriere sulla vera Love boat, quella della serie televisiva per intenderci, e passai un’intera estate ai Caraibi».

Domanda. Un’esperienza da film…
Risposta. Per la verità, delle atmosfere da Love boat mi ricordo ben poco. Non avevo il tempo di respirarle: c’era troppo da lavorare. Basti pensare che i ristoranti, sulle navi di quasi 30 anni fa, non erano così capienti come quelli di adesso. Ogni giorno, così, ci toccava fare due turni di servizio per ogni pasto.
D. Come è scattato allora l’amore per l’ospitalità?
R. Con il tempo. E anche con l’ispirazione. Rimasi affascinato, in particolare, dal personaggio del direttore d’albergo in Pretty woman: una persona sensibile che con tatto, professionalità ed empatia riesce a risolvere ogni problema.
D. Qual è stato quindi il vero momento di svolta della sua carriera?
R. Come spesso accade nelle vita, tutto è nato da una situazione difficile. Lavoravo come portiere di notte in un hotel di Bari, mentre facevo l’università. Ero anche fidanzato e meditavo di sistemarmi definitivamente nella mia città natale. Una sera, forse ero troppo stanco, mi addormentai di schianto sul lavoro. La mattina seguente non riuscì a svegliarmi in tempo per aprire le porte e ricevetti subito una lettera di contestazione da parte della direzione. Era un atto dovuto: nulla di compromettente, insomma. Ma fu la scintilla della conflagrazione: mollai fidanzata, università, impiego, e mi trasferii per la sesta volta nella mia vita a Londra. Fu lì che svoltai per davvero. Un classico per molti di noi…
D. In che senso?
R. Nel senso che quasi tutti, in questo mestiere, prima o poi siamo passati da Londra. È una città che ti offre davvero tantissime opportunità. In un attimo, per esempio, io mi ritrovai all’interno di una grande compagnia alberghiera come Hilton e la mia vita professionale cambiò per sempre, consentendomi di arrivare dove sono oggi.
D. C’è qualche decisione del passato che rimpiange di non aver preso o che, se potesse, non farebbe più?
R. Forse quella di abbandonare l’università. Non si può diventare manager senza una formazione adeguata. Io ho dovuto perciò integrarla frequentando con costanza corsi e seminari ad hoc. Ma è più difficile e ci vuole più tempo.
D. Il suo, in effetti, è un percorso alla vecchia maniera: dalla gavetta alla direzione, salendo scalino dopo scalino tutti i gradini della professione. È una strada oggi ancora possibile?
R. Credo proprio di sì. Noi lavoriamo in un settore in cui i rapporti con le persone sono fondamentali, sia con gli ospiti, sia con i collaboratori. E le competenze relazionali si possono acquisire solo sul campo. Poi, certo, ci vuole anche un po’ di fortuna e la capacità di cogliere al volo le occasioni.
D. Tutto qui?
R. Ovviamente no. Come ho già detto, bisogna comunque studiare. E poi servono tanta umiltà, buon senso, perseveranza e pazienza.
D. Qual è la cosa che deve maggiormente alla sua esperienza?
R. Credo la capacità di gestire il personale di ogni provenienza. Oggi gli ambienti di lavoro sono sempre più multiculturali. Conoscere e comprendere perciò le esigenze di tutti è un elemento vitale per creare quell’armonia necessaria a generare un buon servizio. A ogni festività, di qualsiasi religione, io per esempio ho l’abitudine di recarmi personalmente a fare gli auguri a tutto il nostro organico. Non solo: anche la mensa per i dipendenti è organizzata in modo da rispettare le credenze di ognuno dei nostri collaboratori. E lo stesso discorso, naturalmente, vale anche per gli ospiti. In fondo, si tratta pur sempre di clienti: esterni o interni che siano.
D. A proposito di clienti, lei ha lavorato per le più svariate tipologie di strutture: dai resort leisure ai classici hotel business di città; dai brand midscale tipo Holiday Inn a quelli lusso come Melià. Quanto è difficile, ogni volta, indossare una casacca diversa?
R. In realtà è solo una questione di volontà. Quando ci si sposta, si sa già a cosa si va incontro. Bisogna solo prepararsi mentalmente al passaggio. Per il resto, quello che conta è sempre e solo lo studio e l’attenzione alle persone. Certo, il leisure è forse un ambiente più difficile degli altri, perché i resort si trovano spesso in luoghi un po’ isolati, dove è complicato trovare materie prime e risorse umane. Ma nel business molte volte ti giochi tutto in otto ore, senza avere il tempo materiale per recuperare nemmeno il più banale degli errori.
D. Per concludere, cosa pensa di fare “da grande”?
R. Ho un piccolo sogno nel cassetto: aprire insieme a mia moglie un bed & brakfast di una ventina di camere in riva al lago. Se ciò non dovesse essere possibile ho però già pronto un piano B.
D. Una vera pianificazione manageriale… Quale?
R. Dirigere un bel resort in Medio Oriente o in Asia, con campo da golf annesso. Magari proprio con il gruppo Melià, che in questo periodo sta proprio puntando a svilupparsi in queste aree.

Chi è Nicola Terlizzi

Diplomatosi presso l’istituto alberghiero Armando Perotti di Bari, con un master presso l’Ecole hôtelière di Losanna, Nicola Terlizzi inizia il proprio percorso professionale già da ragazzo, mentre frequenta le scuole superiori. Lavora infatti in varie strutture italiane e internazionali, anche di gruppi importanti come Hilton, Société du Louvre, InterContinental o Dorchester Collection. La sua prima direzione risale al 1997, al Sindbad Beach Resort di Hurghada. Negli anni successivi è quindi vicedirettore al Sol Club Falco Resort di Palma di Maiorca e al Melià Pharaoh Resort di Hurghada. Nel 2001 torna in Italia alla guida del Tryp Verona Hotel & Convention Center, per poi diventare general manager del Melià Olbia Hotel & Convention Center e quindi dell’Holiday Inn Verona. Prima di assumere la direzione del Melià Milano nel 2011, è infine ancora una volta general manager del Tryp Verona.

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