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Un tocco di italianità nel piatto

È importante anche tenere d'occhio la temperatura di cottura

È importante anche tenere d'occhio la temperatura di cottura

Di Alessandro Circiello, 22 Aprile 2011

Alessandro. Non può esistere una cucina italiana senza olio: aggiunto alla fine, a crudo, dona in particolare un tocco di sapore e di italianità a ogni piatto. E poi l’utilizzo dell’olio è antichissimo: pensa che i popoli antichi, tra cui gli Egiziani, i Greci e i Romani, se ne servivano non solo come condimento ma anche per le sue virtù terapeutiche. E l’olio era un premio ambìto dai grandi guerrieri.
Ettore. Non bisogna inoltre dimenticare che, se il vino è fatto dall’uomo, l’olio è quasi esclusivamente opera della natura: chi lo produce deve solo saperlo estrarre dalle olive nel momento di maturazione più adatto, per poi riporlo in recipienti dove conservarlo nelle condizioni migliori, per conferirgli l’aroma delicato, garantito dalle temperature miti delle terre vicine al mare o ai laghi, oppure l’accento deciso e fruttato delle aree interne più aspre e fredde.
A. Noi chef, d’altro canto, abbiamo l’arduo compito di capire quale sia l’olio migliore da usare per ogni portata: un abbinamento che non si può assolutamente sbagliare.
E. Certo. Un accostamento errato può compromettere il risultato delle ricette; al contrario, un appaiamento particolarmente riuscito esalta l’equilibrio e il sapore dei piatti.
A. È importante che ogni cuoco approfondisca la propria cultura a questo riguardo. Sembra una questione banale, ma non lo è affatto. Forse non si dà ancora all’olio l’importanza che dovrebbe avere. Ma è una materia prima che presenta una vasta varietà di sapori e di profumi. Per esempio l’olio dolce, morbido, di profumo sottile, è l’ideale per le fritture e i soffritti di pesce, nonché per condire l’insalata e le verdure all’agro. Quello mediamente fruttato, rotondo, fragrante, più forte, è bene invece abbinarlo con la carne cruda o con il pomodoro, nonché con le fritture e i soffritti di pesce di lago o fiume e con le carni bianche, i legumi e le zuppe di pesce. L’olio molto fruttato, penetrante, che pizzica in gola, è infine il più adatto per condire i bolliti di manzo, i brasati e le carni rosse alla griglia.
E. Cercare di esaltare il gusto e il sapore di un piatto non è però sempre facile.
A. Sì, ma è un dovere per gli chef. Anche se poi ognuno di noi sceglie l’abbinamento olio-pietanza seguendo anche il proprio gusto e la propria fantasia personale.
E. L’olio, insomma, si presta a diversi tipi di ricette e cotture: si può utilizzare in molti modi per regalare altrettanti sapori e gusti differenti al palato. È necessario e importante, quindi, tenere d’occhio anche le temperature a cui lo si cuoce?
A. Assolutamente sì, perché superata una certa soglia di calore si possono persino formare delle sostanze tossiche. Le tabelle dell’Istituto superiore di sanità individuano, in particolare, dei precisi punti di fumo: i livelli a cui, cioè, si forma l’acroleina, una sostanza tossica per il fegato e irritante per la mucosa gastrica. Per gli oli di semi il limite è posto a quota 190 gradi, mentre per l’olio d’oliva extravergine la soglia sale a 220 gradi. Controllare le temperature con apposite sonde non è però fondamentale solo per monitorare il punto di fumo, ma anche perché friggere con olio a temperature eccessivamente basse fa sì che il cibo incorpori quantità di grasso in eccesso, oltre a generare, naturalmente, risultati finali poco gradevoli al palato. Nei ristoranti con non tantissimi coperti, per esempio, è meglio friggere servendosi di una padella e cambiando spesso l’olio, piuttosto che utilizzare grandi friggitrici, riutilizzando troppe volte la materia prima.

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