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Un ottimista che ama le sfide

La fine di una crisi assomiglia all'inizio della primavera

La fine di una crisi assomiglia all'inizio della primavera

Di Massimiliano Sarti, 8 Ottobre 2010

Associarsi e fare networking. È questo il futuro dell’offerta ricettiva italiana secondo Michele Guglielmo: «Il ruolo delle grandi catene è sempre più importante nell’industria dell’ospitalità. Non solo il brand è sinonimo di sicurezza per la maggior parte dei turisti internazionali, ma le potenzialità promozionali di iniziative come i club di fidelizzazione, che consentono agli ospiti di accumulare punti da spendere poi in notti gratis presso strutture della stessa catena, non sono replicabili dagli alberghi indipendenti. Esistono però altre opportunità: come i consorzi territoriali, per esempio, che sono in grado di moltiplicare la forza commerciale dei singoli hotel oltre la semplice somma dei rispettivi mercati di riferimento».
Nato e cresciuto a Sorrento, Guglielmo basa la propria idea di evoluzione futura dell’ospitalità italiana su un’esperienza alberghiera lunga quasi mezzo secolo. Da tre anni a questa parte, così, l’hotelier di origine campana ha deciso di mettere a frutto la propria conoscenza del settore, offrendo la propria competenza in qualità di consulente esterno. Anche se la sua passione per l’ospitalità è rimasta quella degli inizi. «Essere consulente significa vedere le medesime cose da un punto di vista differente», riprende Guglielmo. «I problemi, in fondo, sono sempre gli stessi; solo la prospettiva da cui li si osserva è diversa: come consulente non occorre, in particolare, prendere necessariamente una decisione immediata per evitare di compromettere l’operatività quotidiana. Si può analizzare la questione con maggiore profondità, magari servendosi pure di ricerche esterne e confrontandosi con altre persone. Si diventa quasi degli studiosi della materia, con grande soddisfazione per chi, come me, ama questo mestiere nel profondo. Ma è bello anche poter girare l’Italia, confrontandosi con tante situazioni differenti, e vedere le proprie soluzioni essere accettate e implementate con successo».
Certo, fare il consulente significa anche rinunciare a qualcuno degli aspetti più interessanti della vita da direttore: «Quello di cui sento maggiore nostalgia», racconta Guglielmo, «è il rapporto con il personale. E poi la possibilità di confrontarsi con gli obiettivi di medio-lungo termine, di veder cioè crescere la propria struttura nel tempo. Inoltre io amo il gusto della sfida: mi è mancata, perciò, anche la possibilità di affrontare operativamente la recente crisi. Per una persona che è passata attraverso episodi complicati, come il colera a Napoli, la guerra dei Sei Giorni e la crisi petrolifera degli anni ’70, sarebbe stata un’altra situazione con cui mettere alla prova le proprie capacità».
Ha un modo tutto suo di vedere i momenti difficili Guglielmo. Una prospettiva che non si può ridurre semplicemente all’ormai abusato ritornello dell’ideogramma cinese corrispondente al nostro termine crisi: un concetto traducibile nel doppio significato di pericolo e di opportunità. In Guglielmo, che non a caso è di origini campane, è l’ottimismo a dominare una scena illuminata dalla calda luce del sole primaverile: «Il bello della nostra attività è che la fine di un periodo complicato assomiglia al termine dell’inverno: il tempo migliora, le persone sono stanche di stare chiuse in casa a ripararsi dalla pioggia e ai primi raggi di sole escono per andare al mare a godersi un po’ di luce e di calore».
Nonostante i tratti romantici della sua visione personale dei periodi di crisi, Guglielmo rimane però pur sempre un professionista consapevole della responsabilità dei propri incarichi: «Quando ci si presenta in veste di consulente occorre procedere con molta cautela. Essere sì sicuri delle proprie competenze, ma senza far pesare la propria esperienza sugli altri. Se si ha a che fare con un nuovo progetto, per esempio, non si possono imporre semplicemente le proprie idee ad architetti e ingegneri. L’approccio migliore è quello di instaurare un dialogo, un rapporto di collaborazione reciproca che possa condurre l’impresa all’obiettivo finale: realizzare una struttura capace al contempo di rispondere alle esigenze dei propri ospiti e di mantenere il segno più in bottom line. Nei casi di ristrutturazione, poi, le cose sono ancora più complicate, perché spesso ci si trova a dover cambiare brutte abitudini cristallizzatesi nel tempo. Anche qui il segreto è quello di procedere con cautela, tramite il dialogo e il confronto. In queste situazioni, infatti, c’è sempre chi si sente minacciato nel proprio ruolo e non c’è nulla di peggio che generare ansietà e timori in chi deve avere la serenità e la tranquillità necessarie a vendere ospitalità».
E poi, a volte, si tratta davvero di piccoli accorgimenti, che solo la peculiarità del mercato ricettivo italiano, spesso caratterizzato dalla presenza di imprenditori non direttamente provenienti dal settore alberghiero, impedisce di adottare fin dall’inizio. «Sono casi, questi, in cui il ruolo del consulente è forse ancora più importante», conclude Guglielmo. «Mi viene in mente, per esempio, un episodio recente relativo a un resort che si ritrovava con molte camere vuote nel weekend. Uno sguardo al sito mi è bastato per capire il problema: gli orari di check-in del sabato e del check-out della domenica non erano compatibili con le esigenze della clientela del fine settimana. Così è bastato semplicemente ampliare i termini per far aumentare subito le presenze».

La sua storia
«Ho la fortuna di essere nato e cresciuto a Sorrento, dove le persone hanno l’ospitalità nel sangue. Qui gli hotelier vantano quasi tutti una tradizione alberghiera lunga generazioni, sono ancora molte le persone che amano questo mestiere, il turnover è bassissimo e gli ospiti instaurano veri rapporti di amicizia non solo con i direttori ma anche con molti dipendenti degli alberghi dove soggiornano. Ci sono cameriere che ancora oggi passano la propria vita lavorativa allo stesso piano e molti sono i clienti che chiedono esplicitamente di soggiornare nelle camere curate dalla propria governante preferita. Io stesso, a maggio dell’anno prossimo, sarò in Belgio a presenziare alle nozze d’oro di una coppia che per 34 anni è venuta in uno degli hotel che ho guidato durante la mia carriera». È lo stesso Michele Guglielmo a raccontare con orgoglio le origini e la fonte primaria della propria lunga esperienza nell’hôtellerie. Direttore fin dal 1972, l’attuale presidente della società di consulenza Mghi ha gestito diverse strutture in Italia e all’estero, curando, tra l’altro, la preapertura del Sorrento Palace e il suo ingresso nella catena InterContinental, per poi dedicarsi nel 1994 allo start-up del primo Holiday Inn italiano a Castel Volturno, in provincia di Caserta. Dopo aver diretto il Grand Hotel Vesuvio di Napoli, tornato al Sorrento Palace, ne ha curato la nuova affiliazione alla catena Hilton prima di fondare, nel 2007, la Mghi, con cui ha tra l’altro recentemente gestito lo start-up del nuovo Hilton Garden Inn di Mestre.

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