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Tutti i colori dell’inclusività

Dalla formazione alle politiche di welfare per i collaboratori fino alla guest experience: quando l’hotel può dirsi veramente inclusivo

Dalla formazione alle politiche di welfare per i collaboratori fino alla guest experience: quando l’hotel p

Di Silvia De Bernardin, 31 Ottobre 2022

Una parola, mille sfaccettature. Quando si parla di inclusività in albergo, il pensiero corre subito all’ospite e all’approccio migliore per farlo sentire a proprio agio, sempre. Un aspetto certamente fondamentale, eppure l’adozione di una politica aziendale capace di promuovere la coesistenza e la valorizzazione delle differenze, lontano da stereotipi, pregiudizi e discriminazioni, non è questione che riguarda solamente la guest experience. Molto ha a che fare anche con la gestione del personale. Mentre a Milano è in corso in questi giorni la più importante convention internazionale dedicata al turismo LGBTQ+, ne abbiamo parlato con Alessio Virgili, presidente di AITGL (Associazione Italiana Turismo Gay e Lesbian) e CEO del gruppo turistico integrato Sonders&Beach, specializzato sul segmento.

Domanda. Quanto sono inclusivi oggi gli hotel italiani?
Risposta. Rispetto a quando siamo partiti con Sonders&Beach nel 2007 le cose sono molto cambiate, allora si faceva fatica a parlare di questo segmento turistico. Ricordo quando alle fiere di settore gli alberghi si dicevano interessati al nostro prodotto, ma ci chiedevano di mandare i turisti in bassa stagione “per non disturbare le famiglie”. Oggi il mercato è completamento diverso, c’è interesse e curiosità. Nel mondo alberghiero non ci sono vere e proprie forme di discriminazione, piuttosto delle disattenzioni dovute per lo più a mancanza di conoscenza, ma che possono provocare situazioni spiacevoli. Problemi di discriminazione vera e propria li abbiamo visti, negli ultimi anni, più nell’extra-alberghiero, dove manca una certa professionalità.

D. Una questione di formazione, dunque?
R. Sì, c’è sicuramente una mancanza di formazione sulle tematiche del cosiddetto diversity & inclusion management, che riguarda in primis la poca attenzione verso i lavoratori della struttura. Si fa ancora poca formazione per cercare di semplificare la vita lavorativa di un dipendente LGBTQ+, facendolo sentire tranquillo di essere sé stesso e anche di fare coming out, se lo desidera. Poi, c’è tutta la parte che riguarda l’accoglienza dell’ospite. Un esempio? Non restare in imbarazzo davanti a una coppia gay che chiede una camera matrimoniale. Sono piccole cose, che possono sembrare banalità ma non lo sono: in quel momento il cliente sta vivendo la sua vacanza (magari l’unica dell’anno), spesso non vive in maniera dichiarata la sua sessualità e quando arriva in albergo non vuole sentirsi a disagio. È importante partire da qui.

D. Manca quello che lei definisce un approccio “gay-friendly maturo”: cosa significa?
R. Un approccio maturo significa cominciare a vivere la gay-friendliness non soltanto sulla carta o come azione di marketing, ma come vera e propria scelta aziendale. Significa adottare politiche di equità e inclusione, a partire da quelle che riguardano lo staff. Ad esempio, estendendo diritti di welfare alle coppie LGBTQ+ anche quando non espressamente previste dalla legge, come nel caso dei congedi parentali per le famiglie arcobaleno, o introducendo percorsi inclusivi in fase di colloquio di lavoro. Pensiamo alla comunità transgender, che soffre moltissimo sia nella ricerca del lavoro sia quando si trova a fruire un servizio turistico lì dove si presenta con un documento che non rispecchia quello che è l’aspetto fisico. Insomma, fare scelte davvero inclusive a tutti i livelli non solamente perché possono portare business ma perché tutti, dal proprietario dell’albergo ai singoli collaboratori, siano convinti e consapevoli di portare avanti un approccio completamente diverso. È qualcosa che già accade negli hotel delle grandi catene, ma anche le piccole strutture dovrebbero investire su questi aspetti.

D. Come Sonders&Beach avete creato un protocollo apposito.
R. Sì, nel 2020 abbiamo messo a punto il protocollo QueerVadis, poi validato dall’Ente di Certificazione Internazionale RINA, che permette di valutare quanto le aziende del turismo siano attente e preparate in fatto di inclusività e di aiutarle poi, attraverso un percorso di formazione ad hoc, a creare strumenti e policy per implementare il proprio diversity & inclusion management sia verso l’esterno che verso i dipendenti.

D. Facciamo qualche esempio pratico: tre azioni che possono essere messe in campo facilmente in hotel per fare un concreto passo avanti.
R. La prima cosa da fare, se si decide di aprirsi e iniziare a comunicare al mondo LGBTQ+, è la formazione: conoscere meglio le abitudini di viaggio di questa comunità e cosa si aspetta in una struttura ricettiva è fondamentale per poterla approcciare al meglio. Il secondo aspetto è la coerenza: se una struttura si dichiara gay friendly, il cliente deve capire che realmente è tale, già nel momento in cui atterra sul sito dell’hotel. Oltre alla classica bandierina arcobaleno, per esempio, può essere utile affiancare nella comunicazione immagini che rappresentano non solo la famiglia eterosessuale, ma anche la coppia LGBTQ+. La terza cosa è essere coerenti verso i propri collaboratori: è importante comunicare loro in maniera chiara, attraverso una newsletter o incontri dedicati, che l’azienda è aperta, che si può essere tranquillamente se stessi dando la possibilità, a chi vuole, di fare coming out. È in questo modo che si creano le basi perché poi tutto il team segua quella che è una linea aziendale condivisa e nota a tutti.

Il turismo arcobaleno protagonista a Milano
Si sta svolgendo a Milano la 38°Global Convention IGLTA, il principale appuntamento mondiale dedicato al turismo LGBTQ+. Promosso da AITGL in collaborazione con ENIT e Comune di Milano, con il supporto del Consolato USA, della European Travel Commission e di molte aziende italiane del turismo e del made in Italy, la manifestazione vede riuniti questa settimana nel capoluogo lombardo oltre 450 operatori del settore, provenienti da 80 diversi Paesi del mondo, tra catene alberghiere, tour operator, compagnie aeree, destinazioni turistiche, agenti di viaggio e buyer che hanno investito sul segmento turistico LGBTQ+. “Si tratta di un passo avanti importantissimo per l’Italia, che – spiega Alessio Virgili, presidente del Comitato Promotore IGLTA 2022 – dà così un messaggio a livello internazionale evidenziando come l’industria turistica italiana sia pronta ad accogliere questo segmento”. Una tre giorni dedicata alla scoperta della città di Milano, ma anche a momenti di scambio, networking e incontri b2b che puntano allo sviluppo di nuovi business e partnership a livello internazionale. Durante la manifestazione sono stati assegnati anche i premi QPrize by Quiiky Magazine rivolti alle aziende turistiche che si sono contraddistinte per il supporto ai temi della sostenibilità e dell’inclusione sociale, con particolare attenzione alla comunità LGBTQ+. Per l’hôtellerie il premio è andato a Best Western Group.

I numeri del turismo LGBTQ+
Quello LGBTQ+ è un segmento dalle grandi potenzialità per il mercato turistico. Pre-pandemia, infatti, il volume d’affari che muoveva era stimato a livello globale intorno ai 218 miliardi di dollari (75 miliardi di euro per l’Europa). In Italia, tra arrivi dall’estero e italiani che viaggiano in casa, si parla di 2,7 miliardi di euro, per un totale di oltre 4 milioni di consumatori. Numeri importanti soprattutto se si considera che i turisti LGBTQ+ viaggiano tendenzialmente 4/5 volte più frequentemente di altri, con una media di 10 notti in hotel rispetto alle 5 notti di altre tipologie di turisti, e risultano avere mediamente una capacità di spesa maggiore, confermandosi dunque un target molto interessante anche in un’ottica di destagionalizzazione.

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