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Turismo enogastronomico: tutti i trend

Dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano i risultati di un comparto con molte potenzialità ancora da esprimere

Dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano i risultati di un comparto con molte potenzialità ancora d

Di Giorgio Bini, 27 Giugno 2022

L’enogastronomia si conferma uno dei driver principali del turismo incoming italiano. Ma ora che i turisti stranieri iniziano a tornare in Italia dopo lo stop causato dalla pandemia, quali sono i trend dei quali è bene tenere conto per rimodulare l’offerta e sfruttare così a pieno questo fattore non solo altamente attrattivo, ma anche capace di orientare i flussi verso i centri minori e sostenere la destagionalizzazione? L’ultima edizione del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano, firmato da Roberta Garibaldi per l’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico pubblicato nelle scorse settimane, ha fatto il punto su 10 aspetti di un turismo che – si legge nel Report – nonostante le difficoltà degli ultimi due anni, si è rivelato “resiliente, attraente e sempre più bio” e che rappresenta ancora “un potenziale inespresso per molti territori”. Ecco quali sono.

1. Local is the new global
L’Italia ha confermato la sua leadership in Europa per prodotti certificati (814 a novembre 2021, 315 agroalimentari e 526 vinicoli), con tre nuovi prodotti IG nel 2021. Questo patrimonio esercita una forte capacità attrattiva sul turista enogastronomico e le aziende hanno posto sempre più l’attenzione sull’importanza dell’offerta locale, consapevoli che la valorizzazione di materie prime locali di qualità e produzioni di origine rappresentano una formula per arrivare al successo.

2. La crescita del bio
In Italia è aumentata costantemente la superficie destinata ad agricoltura biologica, con un tasso di crescita complessivo del +109% nel periodo 2010-19 per la vite e del +95% nel 2010-2018 per l’olivo. L’orientamento al biologico e, più in generale, alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica dimostrata dalle aziende del settore, rappresenta un valore aggiunto in ottica turistica, favorita dalla sensibilità dei viaggiatori verso questi temi.

3. Il vino come catalizzatore di prenotazioni
Il trono del turismo enogastronomico è occupato stabilmente dal vino. Il comparto ha superato la prova della pandemia, evidenziando nel biennio una crescita del 2% nel numero di aziende con coltivazione di uva e confermandosi come catalizzatore nelle prenotazioni online delle esperienze. Nel 2021, le proposte a tema enogastronomico più vendute nelle Regioni italiane (in primis Toscana e Piemonte) sono quelle a tema vino: il 6% delle prenotazioni effettuate sul portale Tripadvisor con destinazione Italia ha riguardato degustazioni e tour in cantina.

4. Le potenzialità dei birrifici come destinazione turistica
Il 2020 era stato l’anno nero per i birrifici artigianali italiani, con la perdita nei 12 mesi di 85 unità produttive (discesa da 841 a 756 tra micro-birrifici e brew pub), causata principalmente dal blocco dell’HoReca. E se nel 2021, in particolare nel primo semestre, è continuata la migrazione dei consumi dal fuori casa al contesto domestico, la crisi ha stimolato una riflessione sul possibile connubio tra turismo e birra, già sperimentato con successo in nazioni quali Germania, Belgio e Stati Uniti: si tratta di un binomio con grandi potenzialità.

5. Aprire le strade a bici ed escursionisti
Un elemento importante dell’offerta italiana è costituito dalle Strade del vino e dei sapori presenti sul territorio nazionale. Nate come elemento di richiamo “a quattro ruote”, questi percorsi hanno enormi potenzialità di crescita con la nuova mobilità sostenibile, realizzabile attraverso investimenti pubblici per la creazione di piste ciclabili e sentieri che portano il turista enogastronomico a scoprire, camminando o pedalando, gli angoli e le realtà più affascinanti del territorio, utilizzando mappe digitali con relativi punti di interesse, tra cui cantine, malghe, fattorie e luoghi di ristoro e pernottamento.

6. Svolta digital per i musei del gusto
Sono ben 129 i Musei del Gusto in Italia, che in quest’ambito è leader in Europa davanti a Spagna (107) e Francia (88), ma soffre al tempo stesso per l’assenza di un museo di rilevanza nazionale, in grado di diventare elemento di richiamo per l’incoming estero. I recenti annunci di musei nazionali del gusto potranno colmare questo gap. I poli museali legati ai prodotti tipici, se riconfigurati come spazi poli-funzionali che possono favorire la scoperta del territorio, diventano punti di interesse e strumento di informazione per il visitatore, sempre più orientato verso un’offerta che metta in rete le “ricchezze” di un territorio. Esistono, tuttavia, diversi limiti alla fruizione e alla valorizzazione di questi asset. Il Rapporto evidenzia un forte gap digitale: solo 36 musei su 129 hanno un proprio sito web e la visita virtuale – strumento efficace per attrarre la successiva visita “in presenza” – è quasi sempre assente o inefficace.

7. Corsa al patrimonio Unesco
Alla fine del 2021, la “cerca e cavatura del tartufo in Italia” è entrata a far parte del Patrimonio UNESCO. Dal riconoscimento della Dieta Mediterranea nel 2013, l’elenco è andato ampliandosi e consta oggi di 2 beni materiali e 4 immateriali legati all’enogastronomia, oltre che 3 città creative. Si tratta di un primato recente e favorito dagli sforzi profusi a livello nazionale e regionale nel sostenere le candidature, che nel frattempo si sono moltiplicate (Cucina italiana e Caffè espresso sono due tra le più autorevoli, la seconda purtroppo rimandata). Ottenere il riconoscimento UNESCO, per un territorio, comporta riconoscibilità e un forte richiamo turistico, ma anche la consapevolezza della tutela di quello che, a tutti gli effetti, si presenta come un patrimonio di interesse sociale.

8. Una ristorazione in difficoltà, ma eclettica e vivace
In Italia, a fine del 2021, erano oltre 339mila le imprese di ristorazione attive, di cui il 58% era rappresentato da ristoranti e attività di ristorazione mobile. Il saldo negativo tra nuove imprese e cessazioni e il calo del fatturato indica che la crisi non è ancora passata, ma la crescita del numero di aziende (+1%) e la creazione di format innovativi e ibridi – con home delivery, degustazioni digitali e video-ricette con gli chef, temporary restaurant negli alberghi, ghost kitchen, “Food as a Service” (modello che unisce i servizi di ristorazione con i supermercati) e cene in presenza – indica il dinamismo di un settore alla ricerca di una più variegata dimensione.

9. Agriturismo, il luogo del benessere
La capacità di unire il benessere psico-fisico e il gusto, aggiungendovi l’amenità dei luoghi rurali, ha dato impulso al comparto agrituristico. È cresciuto il numero di aziende (+2% nel biennio 2019-20), in particolare quelle che offrono proposte di degustazione (+8%) e di altre attività, soprattutto all’aria aperta (+10%). Nonostante il crollo delle presenze straniere, il rapporto tra clienti italiani e stranieri, che nel 2019 era di 11 a 10, è sceso a 23 a 10 nel 2020.

10. La capacità di valorizzazione delle grandi regioni del centro-sud
Le “mappe di competitività” elaborate nel Rapporto fanno emergere un’Italia a differenti velocità. Puglia, Campania e Sicilia sanno valorizzare le risorse enogastronomiche del territorio a fronte di un ambiente socioeconomico tendenzialmente meno favorevole rispetto alle grandi Regioni produttive dell’Italia centro-settentrionale (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio). Qui le performance sono positive, ma in linea con le attese. Situazione differente nelle altre Regioni, che hanno basso numero di aziende nei settori considerati, necessitando a seconda dei contesti di “stimoli” settoriali e/o di più ampio respiro.

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