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Turismo e ragazzi, quattro chiacchiere a scuola

In una scuola superiore milanese abbiamo incontrato un gruppo di studenti tra i 15 e i 18 anni per discutere delle "professioni del turismo": ecco alcune idee sulle quali, parlando con loro, ci siamo trovati a riflettere noi

In una scuola superiore milanese abbiamo incontrato un gruppo di studenti tra i 15 e i 18 anni per discutere

Di Silvia De Bernardin, 23 Febbraio 2024

Nei giorni scorsi siamo stati invitati a tenere un incontro in una scuola superiore di Milano, un istituto che assomma un liceo linguistico e un indirizzo tecnico-economico: nei due giorni della cogestione organizzata dagli studenti, ci hanno chiesto di andare a parlare con loro delle “professioni del turismo”. Così, per due ore ci siamo trovati a chiacchierare con poco meno di una trentina di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 18 anni, membri di quella Gen Z di cui tanto si parla anche nel mondo del turismo – i viaggiatori-clienti del prossimo futuro e, insieme, i nuovi “talenti” dei quali, tra pochissimo, le aziende andranno in cerca.

È stata un’esperienza molto interessante e stimolante: di questi ragazzi o dei loro amici poco più grandi, spesso rappresentanti “senza voglia” – di studiare, di lavorare, di impegnarsi – sappiamo in realtà troppo poco (se non ce li abbiamo in casa). Invece, anche se un po’ timidamente, in quelle due ore ci hanno fatto tante domande, sul mondo del turismo, su quello della comunicazione, e non solo. Ecco, allora, alcune idee sulle quali, parlando con loro, ci siamo trovati a riflettere noi.

Due punti ancora fermi (o quasi)

Nonostante gli sconvolgimenti vissuti dal turismo negli ultimi anni, ci sono ancora alcuni punti fermi per il settore. Il primo è relativo al fatto che quelle del turismo sono ancora professioni che permettono di fare una cosa che, una volta, era molto ambita. Ovvero, viaggiare. Girare il mondo. Fare esperienze all’estero e poi (forse) tornare a casa. Il paradosso è che, adesso che il mondo si mostra decisamente più piccolo rispetto a quanto potesse risultare qualche decennio fa, proprio sulla propensione alla mobilità le aziende del settore che cercano personale trovano non poche difficoltà: i ragazzi sono molto meno disposti a spostarsi rispetto al passato. Prima ancora: abbiamo provato a fare un piccolo (relativo) sondaggio tra le ragazze e i ragazzi con i quale abbiamo avuto il piacere di chiacchierare e, alla domanda: “A chi piacerebbe lavorare nel turismo?”, ad alzare la mano sono state solamente in due.

Il secondo punto riguarda le competenze. Gli studenti – molti provenienti dall’indirizzo linguistico – ci hanno chiesto quali siano secondo noi le lingue da sapere per lavorare in questo settore. Abbiamo risposto loro riportando quello che a noi dicono le aziende del turismo: l’inglese è considerato un requisito dato ormai per assodato, al quale va affiancata la conoscenza di almeno un’altra lingua straniera, ad esempio il tedesco, pensando a come sono composti i flussi incoming nel nostro Paese. Ma, certamente, a voler essere lungimiranti, un’infarinatura di cinese e di arabo non guasterebbe. Al di là delle lingue in sé, però, il punto è un altro: scorrendo le inserzioni di lavoro – anche quelle pubblicate in occasione dei nostri TFP Summit – quelle linguistiche sono oggi le uniche competenze davvero richieste dal settore, soprattutto dagli operatori che lavorano sul target di alta gamma. Se il mismatch di competenze tecniche le aziende tendono a darlo, ormai, in qualche modo per assodato e sono disposte a riempire il gap facendo formazione, dalle competenze linguistiche non si scappa.

Ci vorrebbe una scuola

Delle due mani che si sono alzate di coloro che vorrebbero lavorare nel turismo, una era di una ragazza che l’anno prossimo andrà a studiare alla scuola alberghiera di Losanna. Vorrebbe lavorare nell’ospitalità a livello gestionale, anche se la sua passione è la pasticceria. “Certo, la Svizzera non sarebbe stata proprio la mia prima scelta, ma quella è una delle scuole migliori”, ci ha detto. “Sarebbe stato bello averla qui”. Quante volte, ci siamo domandati ascoltandola, abbiamo sentito che sì, è davvero il momento che l’Italia si doti di una scuola di alta formazione per le professioni alberghiere e del turismo? Chissà, se e quando mai ce l’avremo.

Tecnologia, ovvero…

Coi ragazzi abbiamo parlato anche di tecnologia e intelligenza artificiale: il mondo del lavoro nel quale entreranno loro da qui a pochi anni sarà fortemente plasmato dall’uso che si farà dall’AI generativa. Ma forse – ci siamo resi conto mentre ne discutevamo – abbiamo sbagliato il punto di partenza. A volte diamo per scontato che le generazioni native digitali abbiano dimestichezza, appunto, con il digitale nel suo complesso, ma spesso la loro è sopratutto una competenza social, che è una cosa un po’ diversa o, quantomeno, parziale della questione. E, a proposito di competenze e formazione delle nuove leve, anche di questo bisognerà tenere conto in termini di competitività del sistema.

Sostenibile, ma come?

Di loro si dice che sia la generazione sensibile più di ogni altra alle questioni ambientali. Ci hanno chiesto: “Ma come si fa considerando quanto consuma, inquina e spreca (per esempio cibo) il settore del turismo?”. Già, come si fa? La domanda è più che lecita, e ce la facciamo spesso anche noi che il turismo lo raccontiamo tutti i giorni. Ai ragazzi abbiamo detto che si fa giocando sull’equilibrio tra domanda e offerta: più i viaggiatori-clienti diventano sensibili, più con la loro domanda di viaggi possono spingere destinazioni, prodotti e aziende a proporre forme di turismo meno impattanti e più sostenibili sul piano ambientale e sociale. Si fa anche con l’impegno delle aziende serie che, adottando buone pratiche concrete, possono a loro volta incoraggiare il circolo virtuoso della consapevolezza tra chi viaggia. Al di là anche delle buone intenzioni o delle mosse di greenwashing, in fondo, valgono le regole del mercato: se la domanda si stabilizzerà genuinamente su modi altri di viaggiare perché lo vorranno loro, i viaggiatori di domani, chi il turismo lo organizza e lo fa non potrà che prenderne atto e adeguarsi.

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